Fabio Stassi “Bebelplatz. La notte dei libri bruciati”, recensione di Salvina Pizzuoli

Ho terminato di leggere il saggio-racconto di Stassi Bebelplatz che mi ha piacevolmente colpito tanto da inserirlo nel novero dei libri da me più graditi e apprezzati in questo primo scorcio del 2025, quelli un po’ speciali che regalano quel godimento che apre “le finestre della mente” e sa appagare nel piacere di scoprire di essere vicini, di aver afferrato le domande, quelle “migliori”  che la letteratura sa comporre.

Mi è parso riduttivo quindi proporne una semplice presentazione, magari sintetizzandone  la materia e i soggetti, a questo proposito posso servirmi, come spesso faccio, di riportare parte della sinossi, in questo caso di quanto nel Risvolto, ma il testo mi pare meriti che mi soffermi sulle mie impressioni e su quanto mi abbia attirato e incuriosito in termini di riflessioni e di chiavi di lettura che Stassi offre a piene mani nel corso della trattazione che si articola in cinque sezioni più una prefazione, appendice e note.

E partiamo dal Risvolto in cui si legge

[…]Durante un tour negli istituti di cultura italiani da Amburgo a Monaco, Fabio Stassi attraversa le piazze delle Bücherverbrennungen, i roghi di libri, e risale a ritmo incalzante la memoria del fuoco e delle censure, dei primi bonbardaenti aerei sui civili, del saccheggio di librerie e biblioteche. Studia mappe e resoconti, si interroga sul ruolo della cultura e sulla cecità della guerra, indaga l’istinto di sopraffazione degli esseri umani.
Alla fine compone un piccolo atlante della letteratura «dannosa e indesiderata» e rintraccia cinque scrittori italiani destinati alle fiamme dai nazisti: Pietro Aretino, il cantore della libertà rinascimentale; Giuseppe Antonio Borgese, cittadino del mondo e inguaribile utopista; Emilio Salgari, antimperialista amato in Sudamerica; Ignazio Silone, antitascista radicale, e Maria Volpi, unica donna della lista, disinibita narratrice del piacere e dell’indipendenza femminile.(da Sellerio)

L’argomento e il percorso sono quindi chiari e si articola in notizie, notazioni, documentazioni su scrittori ed opere, citazioni, riflessioni, storia e storie, digressioni, per rispondere alle domande che indagano il ruolo della cultura e della letteratura: ho scoperto ad esempio, oltre agli italiani le cui opere Stassi indica tra quelle candidate al rogo e perché, alcuni racconti di De Roberto (La Paura) o Golia di Borgese, ho percorso con estrema partecipazione la sezione ampia e coinvolgente dedicata a Ignazio Silone come uomo e come scrittore, scrittori ed autori di cui ho letto, ma dei quali non conoscevo perfettamente gli avvenimenti e la storia delle vite che li avevano ispirati. Una lettura coinvolgente e aggiungerei “stuzzicante” che mi ha spinto a leggere La Paura e concordare con Stassi che, come racconto breve, è davvero perfetto nella sua stesura e per le simbologia che utilizza per inviare il proprio messaggio sulla guerra e sull’orrore e l’assurdo che in essa sono insiti.
Un viaggio dicevo nella letteratura e la ricerca di una risposta sul suo valore e significato a partire dai roghi, cui in appendice è dedicata una carrellata storica, e dalle citazioni da Goebbels: L’uomo tedesco del futuro non sarà più un uomo fatto di libri, ma un uomo di carattere ((Berlino 10 maggio 1933), solo per iniziare dalla prima, ma tutto il testo ne abbonda.
Un saggio da leggere per riflettere e anche approfondire autori italiani spesso conosciuti solo nominalmente ma dei quali sono passate sotto silenzio decisioni, posizioni, opere che avrebbero al contrario meritato una lettura attenta.

Qualche spigolatura tra le pagine piene di “orecchie”, quelle che uso per sottolineare passi che mi pare necessario rileggere e su cui tornare:

-All’inizio, la lista doveva avere una funzione di inibizione al prestito. Il primo elenco di «letteratura dannosa e indesiderata» inviato al corpo studentesco il 26 aprile è quello della «Schöne Literatur», la «bella letteratura». Il tono di Herrmann è naturalmente sprezzante: l’espressione, in passato, era stata tradotta anche come «letteratura amena». «Amena» era un aggettivo amato da Leonardo Sciascia, ora capivo meglio perché. Ameno, per Sciascia, forse anche in ricordo della storica «Biblioteca amena» dell’editore Treves, voleva dire intelligente e leggero, e intelligentemente dilettevole, estraneo all’enfasi dell’impegno, dello zelo, dell’ordine, agli antipodi cioè di ogni fanatismo. Gli autori sono disposti in ordine alfabetico e vanno da una recente antologia di poeti alla Z di Stefan Zweig. Questo elenco fu ricevuto dalla sede principale della Deutsche Studentenschaft il 2 maggio con una lettera di accompagnamento da parte di Herrmann: «Il presente elenco nomina tutti i libri e tutti gli autori che possono essere rimossi nell’epurazione delle biblioteche pubbliche

-La biblioteca di Don Chisciotte La stanza dei libri del signore Alonso Quijiano l’ho sempre immaginata non molto grande, quasi segreta alla casa. Una sorta di cella monastica o di cappella privata, dove ritirarsi in silenzio – la lettura non è del resto una forma laica di preghiera? La illumina, alla sera, la debole luce che entra da una finestrella verticale, nell’atrio, e una candela stearica. Un tavolaccio di legno, una sedia, le pareti rivestite di scaffali. Fuori, il mulinare della polvere nelle strade bianche, e il paesaggio di una campagna agra. È lì dentro che a furia di leggere romanzi Alonso Quijiano perse il senno e si trasformò in un uomo fatto di libri e senza carattere, l’opposto dell’ideale proposto da Goebbels per il futuro della Germania? Un uomo talmente senza carattere da assumere comicamente l’indole e la personalità degli eroi cavallereschi di cui era così avido di conoscere le imprese.

-L’arte è il contrario della disintegrazione […] la ragione propria dell’arte, la sua giustificazione, il solo suo motivo di presenza e sopravvivenza, o, se si preferisce, la sua funzione, è appunto questa: di impedire la disintegrazione della coscienza umana, nel suo quotidiano, e logorante, e alienante uso col mondo; di restituirle di continuo, nella confusione irreale, e frammentaria, e usata, dei rapporti esterni, l’integrità del reale, o in una parola, la realtà». Impedire la disintegrazione della coscienza umana e restituire l’integrità del reale, non sono altro che queste, per Elsa Morante, le ragioni della scrittura. […]Difatti, nella laida invasione dell’irrealtà, l’arte che viene a rendere la realtà può rappresentare quasi la sola speranza del mondo». Chi meglio di noi, pensai, cittadini digitali di questo nuovo millennio, conosce «la laida invasione dell’irrealtà»?

-Ma la disintegrazione è un sistema, e ha i suoi funzionari, segretari, parassiti, cortigiani: i sicari di cui parlava anche Antonio Tabucchi. E «dentro il sistema non possono esistere scrittori, nel senso vero del termine; però c’è una quantità di persone che scrivono, e stampano libri, e si potranno distinguere chiamandoli genericamente scriventi». Anche su questo la Morante aveva avuto ragione. Accanto ai letterati, che hanno a cuore soltanto la letteratura, si erano moltiplicati, anno dopo anno, grazie all’inarrestabile meccanismo di disintegrazione messo in atto dall’editoria contemporanea, gli scriventi. Gli scriventi di questo tipo, tuttavia, non sono «consapevoli di servire il sistema». Le loro opere hanno «uno squallore sinistro, e talvolta ebete», ma loro ne danno la responsabilità all’epoca atomica nella quale scrivono, quando invece «il fenomeno avviene proprio all’inverso». Sono complici funesti e involontari, e costituiscono la maggioranza. Ma insieme a loro ci sono pure gli scriventi coscienti, quelli che recitano «cinicamente una commedia interessata», «a volte per totale, e veramente alienato, conformismo, a volte per cortigianeria». Li potremmo chiamare i nipotini del dottor Pangloss che nel Candido di Voltaire sosteneva di abitare nel migliore dei mondi possibili.

E chiudo perché convinta che in un libro ciascuno trova quel che cerca o che sa trovare o vuole: perciò a ciascun lettore il proprio spazio di lettura  e le proprie deduzioni, e Bebelplatz è sicuramente un testo che non delude e merita di essere letto.

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