Giorgio Ghiotti “Due paradisi”, Vallecchi

Collana: Vallecchi Poesia diretta da Isabella Leardini

Vallecchi

Dal 19 dicembre 2025

Come un ventaglio di bellissima fattura, pagi­na dopo pagina Giorgio Ghiotti apre piccoli universi di fronte agli occhi del lettore. Due paradisi è un bestiario della mente popolato di creature reali e simboliche, vive o appuntate a una teca, «inchiodate per sempre al loro volo»; presenze animali e umane, tutte segnate dalla medesima mortale perfezione colta in un atti­mo di intravista eternità.

I due regni attraversati in questo libro sono spazi liminari: terrazzi, cantine, vialetti, e sono regni del tempo che tornano a coincidere, la giovinezza e le sue città, l’infanzia e i luoghi in lei trasfigurati, le vite altrui come eredità rima­ste nelle stanze, età riflesse in un presente che a se stesso non fa sconti. Questa voce, che in appena trent’anni ha già un’opera solida e varia tra poesia e narrativa, nei versi risplende di una dimensione sempre dupli­ce, fanciullesca e dura, limpida e intransigente, classica ma quotidiana.
Giorgio Ghiotti è forse l’ultimo custode di un mondo novecentesco a cui appartiene ancora interamente, per cantabi­lità e forma mentis. Innato, ma coltivato nella fe­deltà alla letteratura, possiede il dono raro della sprezzatura, in cui la naturalezza è anche distan­za. Io per metà già fossile – si definisce – provvi­soriamente nel mezzo di una scena, di straforo. È da questa vicinanza incrinata di nostalgia che la vita potenziale può essere guardata, esige di esse­re detta con esattezza e passione, a patto di non essere del tutto toccata, come un’ala di farfalla o di falena. Nella sua partitura gioiosa ed esatta, è davvero come il volo o il canto degli uccelli questa poesia, una forma inevitabile di armonia. «Sono creature fatte di solo canto / se preferiscono mo­strarsi al loro meglio / cioè senza mostrarsi – farsi nuda voce».

Giorgio Ghiotti (Roma, 1994) è poeta e scrittore. In poesia ha esordito con Estinzio­ne dell’uomo bambino, cui sono seguiti, tra gli altri, La via semplice (Premio Prestigia­como), Ipotesi del vero (Premio Notari) e I perduti amori. Tra i suoi romanzi più recenti, Casa che eri L’avvenire

Elena Mearini “Eri neve e ti sei sciolta”, Re Nudo Milano

 Al mio cane Maya,
lei che era l’altra parte di me.
Quella migliore

Questo libro non è solo l’epitaffio sgomento di una perdita; esso ci rivela una stupefacente, incomunicabile e terribile uguaglianza tra noi e le bestie, tra chi apparentemente comanda e chi obbedisce. Cambiando il punto di vista, l’autrice smaschera la fragilità di ogni progresso, di ogni civiltà, di ogni cultura e della natura stessa così come la concepiamo: la fragilità di ognuno di noi, di ogni cosa al mondo.

Prefazione di Lello Voce

Illustrazione di copertina di Laura Carabba

Collana RHYME/Poesia

Re Nudo Milano

Il volume sarà disponibile sul sito dell’editore RE NUDO www.renudo.org a partire dal 25 novembre, con arrivo nelle librerie previsto per il marzo 2026. Questo scarto temporale è dovuto al desiderio dell’autrice di pubblicare l’opera entro l’anno della scomparsa della sua cagnolina Maya, una richiesta che l’editore ha accolto con grande sensibilità e disponibilità.

In Eri neve e ti sei sciolta, Elena Mearini ci conduce in un viaggio poetico e intimo attraverso il dolore della perdita e la ricerca di un senso nell’assenza. Al centro di questa narrazione struggente c’è Maya, la cagnolina amata, compagna di vita e specchio dell’anima dell’autrice. La perdita di Maya diventa il punto di partenza per una riflessione universale sull’amore incondizionato, sulla memoria e sulla fragilità dell’esistenza. Con una scrittura delicata e ricca di immagini evocative, l’autrice esplora il confine tra l’umano e l’animale, tra chi resta e chi se ne va, tra il visibile e l’invisibile. Ogni pagina è un dialogo con il vuoto, un tentativo di tradurre il silenzio in parole e di dare forma a ciò che è sfuggente e impalpabile. Eri neve e ti sei sciolta è un’opera che invita a riflettere sulla condizione umana, sulla capacità di trasformare il dolore in poesia e sull’amore che sopravvive al tempo, rendendo eterno il ricordo di chi abbiamo amato.

-Di cani è piena la storia della poesia. Al punto che si potrebbe dire che il cane non è solo il miglior amico dell’uomo, ma che lo è soprattutto del poeta […] Nulla di strano, dunque che anche oggi si scrivano poesie sui cani, per i cani.  Ciò che colpisce in quest’ultima fatica di Elena Mearini è altro.  Direi qui, per iniziare a delimitare il campo, la sua capacità di fare del ricordo della sua cagnolina, Maya, il centro motore di una riflessione ben più ampia, al centro della quale sta il linguaggio e in cui la relazione con l’animale è la cartina al tornasole che porta alla luce la fragilità e l’impotenza della cultura umana di fronte all’infinita potenza e imperscrutabilità della natura (dalla prefazione di Lello Voce)

Elena Mearini (Milano, 1978) è autrice di narrativa e poesia. Da diversi anni insegna scrittura creativa e ha lavorato sui percorsi di scrittura autobiografica nelle carceri e in istituti di riabilitazione psichiatrica. È fondatrice, direttrice e docente della “Piccola Accademia di Poesia” di Milano. Ha pubblicato le raccolte poetiche Dilemma di una bottiglia (Forme Libere, 2013), Strategia dell’addio (LiberAria, 2017), Eri neve e ti sei sciolta (Re Nudo, 2025), e per le Marco Saya Edizioni Per Silenzio e voce (2014), Separazioni (2019), Aritmia (2021) e A molti giorni da ieri (2024). Ha inoltre pubblicato i romanzi 360º gradi di rabbia (Excelsior 1881, 2010) Undicesimo comandamento (Perdisa Pop, 2011), A testa in giù (Morellini, 2015), Bianca da morire (Cairo, 2016), È stato breve il nostro lungo viaggio (Cairo, 2017), Felice all’infinito (Perrone, 2018), I passi di mia madre (Morellini, 2021) e Corpo a corpo (Arkadia, 2023). Con alcuni dei suoi romanzi ha vinto, tra gli altri, il Premio Gaia Mancini, il Premio Università di Camerino ed è stata finalista al Premio Scerbanenco e candidata al Premio Campiello e per tre volte al Premio Strega. 

Maria Benedetta Cerro “Corrispondenze. Proposte di interazione e scrittura poetica”, Macabor Editore

Confronto e dialogo tra 21 autori.

Macabor

Stralci dalla Premessa e dalle sezioni Metodo e Appilicazione

“La presente proposta di interazione poetica ha avuto un inizio casuale, privo di una finalità divulgativa, che invece si è configurata in itinere. L’occasione è nata da alcune poesie ricevute da uno dei gio vani poeti frequentati negli ultimi anni, con i quali ho condiviso esperienze culturali, eventi, scambi poetici”. […]
“Un’ipotesi di lavoro è stata la riscrittura del testo dal proprio punto di vista, facendo appello a quel sentire ultra-profondo, remoto, inesplorato, richiamato alla luce dai versi analizzati. Ne sono derivate alcune esperienze esemplificative: due ‘a specchio’ (proposta-risposta), l’altra ad ‘incastro’, (ovvero a voci dialoganti)”.[…]
“Un ‘gioco di specchi’ che ha trovato applicazione nei testi di altri autori, che man mano si sono aggiunti (attraverso esplicita richiesta o autonoma proposta) con esiti diversi, in termini di invenzione poetica, a seconda delle affinità, delle difficoltà, della scintilla euristica. Gli autori che hanno accolto il confronto sono qui rappresentati in ordine casuale, come di volta in volta si sono succeduti”(di Maria Benedetta Cerro, Corrispondenze, dalla Premessa e dalle sezioni Metodo e Appilicazione )

La Quarta di copertina

Maria Benedetta Cerro è nata a Pontecorvo (1951) e risiede a Castrocielo (Frosinone).Ha pubblicato: Licenza di viaggio (Premio pubblicazione, Edizioni dei Dioscuri 1984); Ipotesi di vita (Premio pubblicazione “Carducci – Pietrasanta”, Lacaita 1987), nella terna dei finalisti al Premio Città di Penne; Nel sigillo della parola (Piovan 1991); Lettera a una pietra (Premio pubblicazione “Libero de Libero”, Confronto 1992); Il segno del gelo (Perosini 1997); Allegorie d’inverno (Manni 2003, nella terna dei finalisti al Premio Frascati “Antonio Seccareccia”); Regalità della luce (Sciascia 2009); La congiura degli opposti (LietoColle 2012), premio “Città di Arce”; Lo sguardo inverso (LietoColle 2018); La soglia e l’incontro (Edizioni Eva 2018).

“La passion predominante. Antologia della poesia erotica italiana”, Bibliotheka

TORNA IN LIBRERIA L’ANTOLOGIA DELLA POESIA EROTICA ITALIANA PUBBLICATA 40 ANNI FA DA
GUIDO ALMANSI E ROBERTO BARBOLINI

 Un percorso insolito e vastissimo che ci restituisce la ricchezza e il valore della produzione erotica nella letteratura italiana

A cura di Guido Almansi e Roberto Barbolini

Prefazione di Roberto Barbolini

Introduzione di Guido Almansi

Bibliotheka

Dal 14 novembre

«Il sesso è stata la cosa più divertente che ho fatto senza ridere», recita una vecchia battuta di Woody Allen. Ma forse un equipaggio di alieni piovuti sul nostro pianeta da qualche remota galassia per studiare i costumi sessuali degli umani una bella risata se la farebbe, davanti alle comiche posizioni, agli improbabili accrocchi, alle intricate piramidi umane suggerite dai manuali amatori e dalle fantasie che diventano liriche. Lo testimonia La passion predominante. Antologia della poesia erotica italiana che l’anglista Guido Almansi (1931-2001) e lo scrittore Roberto Barbolini pubblicarono da Longanesi nel 1986 e che torna in libreria, in parte rivista e con una nuova introduzione. 
Da Cielo d’Alcamo a Cesare Zavattini il libro suggerisce un percorso sulle tracce della lirica erotica italiana: le pastorelle di Marino e le favolose isole incantate di Tasso; i versi sconvenienti di un solitamente impettito Alfieri e le più note rime di Porta; i saporiti e irrispettosi canti di Belli.
 “Il sesso rimane una faccenda abbastanza misteriosa”, spiega Barbolini. “È il chiodo fisso che alimenta tanto la ‘passion predominante’ del Don Giovanni di Da Ponte-Mozart quanto il “pensiero dominante” del Poeta di Recanati, ma ridotto all’osso trova la sua sintesi forse più precisa nel cartesiano “coito ergo sum” di un freddurista implacabile come Marcello Marchesi, che da autentico umorista sapeva guardare gli umani (incluso sé stesso) come farebbero i marziani, e non poteva evitare di trovarli un po’ ridicoli”.

Guido Almansi (1931-2001), anglista, scrittore e traduttore, è stato docente di Letteratura inglese a Glasgow, Canterbury, Dublino e Norwich. Critico letterario del quotidiano la Repubblica e recensore teatrale di Panorama, si è occupato di temi poco frequentati come l’osceno, la parodia, l’erotismo, l’ironia e il sogno.

Roberto Barbolini ha lavorato con Giovanni Arpino al Giornale di Montanelli, è stato critico teatrale di Panorama e ha collaborato a QN-Quotidiano nazionaleTuttolibri e al Domenicale del Sole 24 ore. Con Bibliotheka ha pubblicato Il detective difettosoRitorno al futuro per il romanzo poliziesco (2024) e La strada fantasma (2025).

Dello stesso autore su tuttatoscanalibri

Roberto Barbolini “la strada fantasma”

Roberto Barbolini “il detective difettoso. Ritorno alfuturo per il romanzo poliziesco”

Alda Merini “Il mio labirinto di assurdo silenzio”, presentazione

Merini inedita: tre piccole e preziose raccolte emerse dagli archivi della casa editrice Manni

Introduzione di Giacomo Poretti e Daniela Cristofori

In questo libro compaiono tre piccole e preziose raccolte inedite di Alda Merini emerse dagli archivi della casa editrice, tutte risalenti al biennio 1988-1989, anni molto intensi sul piano personale e creativo per la poetessa: La piccola Spoon River, con ritratti di personaggi dei Navigli milanesi; Breviario sconsacrato, che ruota attorno al Centro psico-sociale frequentato dopo il manicomio, ai medici, ai pazienti, alla percezione che dal “di fuori” si ha della malattia mentale; I filibustieri della follia, con versi dedicati ad amici e amori; e altre poesie, anch’esse inedite, in cui protagonista indiscussa è la passione, declinata in varie sfumature ma sempre colore dominante dell’esistenza.(da Manni Editori)

Il ritrovamento nell’archivio della Casa Editrice lo svela nel suo articolo, apparso sul Corriere (25 ottobre 2025), Ida Bozzi che così scrive illustrando le nuove proposte editoriali della Manni ( Casa Editrice fondata a San Cesario di Lecce nel 1984 da Piero Manni (1944-2020) e dalla moglie Anna Grazia D’oria) che, rinnovando il progetto grafico, porta in libreria varie novità e riedizioni arricchite e aggiornate, come ha esplicitato a Ida Bozzi Agnese Manni, figlia di Piero, che insieme alla madre e alla famiglia continua l’opera del padre nella Casa editrice:

[…]Tra le prime uscite da ieri in libreria, due titoli di Alda Merini: innanzitutto, un’autobiografia in poesia e in prosa ormai classica, curata da Piero Manni nel 2005, Sono nata il ventuno a primavera. E poi una novità, un volumetto di inediti assoluti della poetessa, della quale Piero Manni era amico di lunga data, Il mio labirinto di assurdo silenzio, questo nuovo titolo (che mercoledì 29 ottobre sarà presentato a Milano, alla Libreria Pontremoli, ore 18) ha una storia particolare, spiega Agnese Manni: «Dopo che l’archivio e la Biblioteca di Anna Grazia D’oria e Piero Manni e della casa editrice Manni hanno ricevuto dal ministero della Cultura nel 2022 il riconoscimento di interesse storico, è iniziato un progetto (a cura di Università del Salento, Roma Tre e Lum di Bari) per creare un archivio fisico e digitale di tutto questo materiale: migliaia di carte, manifesti politici, locandine, testi, manoscritti…». E prosegue: «Così, tra le migliaia di carte, sono state ritrovate tre piccole ma organiche raccolte di versi di Alda Merini, del tutto inedite. Spesso Alda Merini scriveva a mio padre inviandogli poesie, pensieri, note: ricordo che sulle buste a volte Merini scriveva solo “Manni Lecce”, eppure le lettere, miracolosamente, arrivavano». Ora le tre raccolte inedite sono riunite nel libro, con un’introduzione di Giacomo Poretti e della moglie, la psicoanalista Daniela Cristofori”.

La Quarta di copertina

Lorenzo Foltran “Khalvat”, Graphe.it


Un viaggio poetico tra amore, spiritualità e memoria, alla ricerca di un intimo rifugio interiore

Collana Calligraphia

Graphe.it

Dal 26 ottobre in libreria

Khalvat è una parola in antico persiano che può voler dire “isolamento”, “rifugio”, ma anche “intimità”. Nella tradizione sufi indica il raccoglimento necessario alla contemplazione. Un termine evocativo e stratificato, perfetto per dare titolo alla nuova raccolta poetica di Lorenzo Foltran. Dopo Il tempo perso in aeroporto (Graphe.it, 2021), Lorenzo Foltran torna con un’opera intensa e strutturata in tre movimenti, che accompagna il lettore lungo un percorso di progressivo raccoglimento: dall’amore sacro e senza tempo, alla forza dei legami nel presente, fino al fluire incerto e personale della memoria.
Nella prima parte, la parola poetica si fa preghiera laica, evocando un amore immerso nel quotidiano ma proteso verso una dimensione spirituale, dove l’umano e il divino si toccano senza confondersi. La seconda sezione dà voce a un sentimento che resiste nel tempo, si misura con la materia, si rinnova nella fatica dell’esistere. Infine, nella terza parte, un naufrago in piscina galleggia tra ricordi e proiezioni, in un mondo liquido dove passato e futuro si sfiorano in una sospensione emotiva.
Con Khalvat, Foltran conferma la sua capacità di dare forma a un lirismo sobrio e profondo, che intreccia riferimenti culturali, tensione spirituale e sensibilità contemporanea

Lorenzo Foltran è nato a Roma e vive in Francia. Dopo gli studi in italianistica all’Università Roma Tre, ha conseguito un master in management dei beni culturali tra l’Università Ca’ Foscari di Venezia e l’École Supérieure de Commerce de Paris. Ha lavorato in Italia e Francia per festival e istituzioni culturali (tra cui la Casa delle Letterature, l’Institut français e la Fête de la Gastronomie). Ha pubblicato In tasca la paura di volare (Oèdipus, 2018) e poesie su riviste letterarie e quotidiani come La Repubblica. Vincitore del Concorso Nazionale Sinestetica nel 2019, ha già pubblicato con Graphe.it Il tempo perso in aeroporto (2021).

Rossana Ombres “Bestiario d’amore”, Graphe.it

Una danza tra fiaba e profezia, dove il sacro si mescola al grottesco e il mito diventa contemporaneo

Graphe.it

Postfazione di Andrea Breda Minello

Collana Le Mancuspie diretta da Antonio Bux

In libreria dal 26 settembre

Un poema visionario e fuori da ogni scuola, in cui Rossana Ombres intreccia mitomisticismo fiaba con una lingua modernissima. Popolato di angeli, démoni, liocorni e figure femminili arcane, questo teatro della Creazione, del Diluvio e dell’Apocalisse è al tempo stesso epico e picaresco, sacro e grottesco. Un’opera cult degli anni Settanta che torna oggi per restituire visibilità a una delle voci più originali del secondo Novecento.

Il libro, con cui la poeta piemontese vince il Viareggio nel 1974, è la penultima tappa di un progetto macrostrutturale, che giunge al suo culmine col poemetto drammatico dedicato al mito orfico. […]

Il lettore, che affronterà per la prima volta questo libro, che Porta definì «tra i più singolari» e conturbanti degli Anni Settanta, si troverà di fronte a un mondo immaginifico, ante antropico, bulimico e al contempo essenziale, primigenio, un mondo che sopravanza per paradosso, che ha bisogno di un’architettura post barocca, ipertrofica per denunciare la società antropofaga novecentesca e arrivare infine al mistero di Dio, all’origine del Tutto, poiché prima della Parola vi è il suono, derivato dallo pneuma, dallo Spirito, che ricreerà il mondo a partire da uno yod. In ebraico il soffio vitale, il respiro, è la ruah. (Dalla postfazione di Andrea Breda Minello)

ROSSANA OMBRES (Torino, 1931 – Livorno, 2009) è stata una poetessa, scrittrice e giornalista italiana. Dopo l’esordio poetico con Orizzonte anche tu (1956), si è imposta con raccolte come Bestiario d’amore (1974, Premio Viareggio), caratterizzate da un equilibrio tra sperimentazione e rielaborazione di tradizioni religiose ebraiche e cabalistiche. Dagli anni Settanta ha affiancato alla poesia la narrativa, pubblicando romanzi come Principessa Giacinta (1970), Serenata (1980) e Un dio coperto di rose (1993), apprezzati per la fusione tra immaginazione e rigore stilistico. Collaboratrice de La Stampa, ha sempre mostrato un forte legame con le sue radici piemontesi e calabresi. La sua opera, tradotta in diverse lingue, ha ricevuto numerosi riconoscimenti, tra cui il Premio Sila, il Selezione Campiello e il Grinzane Cavour.

“È ancora possibile la poesia.Poetry Nobel Lectures”, Vallecchi Firenze

Introduzione di Roberto Galaverni

Collana: Vallecchi Poesia diretta da Isabella Leardini

Traduzioni in collaborazione con Dipartimento di Lingue Letterature e Culture Moderne dell’Università di Bologna a cura di Andrea Ceccherelli

Disegni di Simone Cortello Scuola di Grafica d’Arte Accademia di Belle Arti di Venezia

Vallecchi – Firenze

Dal 12 settembre in libreria

A cinquantanni dal conferimento del Premio Nobel per la Letteratura a Eugenio Montale, vengono raccolte per la prima volta in un unico volume le Nobel Lectures dei grandi poeti insigniti del Premio dal 1975 ad oggi. 
I discorsi pronunciati dai vincitori del Nobel rappresentano un genere unico nel panorama della letteratura: gli autori premiati con il massimo riconoscimento mondiale sono chiamati a offrire in poche pagine una sintesi evocativa della propria poetica, ma soprattutto avvertono la responsabilità di concentrare, con onestà e precisione, la conoscenza maturata in una vita sul gesto e sul senso dello scrivere, sulla responsabilità politica e storica che esso porta con sé. I più grandi poeti della nostra epoca hanno lasciato al Premio parole che sapevano destinate a restare, in cui è racchiusa la loro visione come prezioso insegnamento, eredità concreta della loro poesia; ma nello stesso tempo parole che in una rara occasione del presente sarebbero state ascoltate, evidenti narrazioni di una storia di cui essi avevano il compito di essere limpidi testimoni.

Come scrive Roberto Galaverni nell’introduzione:

«in quello che si può considerare il più ristretto ed esclusivo dei generi letterari – il discorso del Nobel: non più di uno all’anno, e per quanto riguarda la poesia ancor meno – di regola l’argomentazione parte dal basso e da dentro: vicende private intrecciate con quelle pubbliche, la storia di una vocazione, il rapporto sempre misterioso e insondabile tra le vicissitudini personali e la creazione poetica, la natura della poesia. Questi discorsi sono tutti diversi, ma battono anche sugli stessi temi, finendo così per corrispondersi intimamente


E i temi sono relazione tra etica ed estetica, tra impegno verso la realtà e immaginazione poetica, rapporto tra io e noi, tra io e altro, tra individuo e specie, tra retaggio e innovazione, tra tradizione e talento individuale, la lingua della poesia, i processi creativi, la collocazione non solo fisica e storico-geografica, ma mentale e fantastica del poeta. Una simile corrispondenza di motivi non esclude in alcun modo la varietà di questi discorsi, che presentano molte sorprese, se non altro perché ogni autore affronta l’occasione a modo proprio.

«È ancora possibile la poesia? si era chiesto giusto cinquant’anni fa Eugenio Montale. Le poetesse e i poeti raccolti in questo volume ci hanno detto che sì, è ancora possibile. E lo hanno fatto chiedendosi non solo o tanto se la poesia sia ancora possibile, ma se sia possibile di per sé, in assoluto, nel suo confronto con la realtà della vita.»

I testi qui raccolti sono una risorsa inestimabile per i lettori delle maggiori voci della letteratura contemporanea, ma anche per chi cerca orientamento nel processo creativo; essenziali e profondi strumenti di conoscenza e riflessione.

Sofia Fiorini “Il passero bianco”, Collana: Vallecchi Poesia diretta da Isabella Leardini

Vallecchi Firenze

Dal 25 luglio in libreria

Chi entra in queste pagine deve stringere un patto: leggere dall’inizio alla fine. 
Il passero bianco è una fiaba iniziatica in versi, della mor­te che nasconde la vita quando la vita nasconde la morte, del loro congiungersi in un territorio limite, tra il giardino e il bosco, tra l’infanzia e la sua perdita desiderante e definitiva.

Un gran­de gioco di trasformazione include la morte apparente e il rischio dell’inganno sotto men­tite spoglie, ma tutto in questa fiaba è onirico e reale, gli animali messaggeri che prendono sarcastici la parola, le creature di mezzo che cacciano per altra fame, il corpo segreto di san­gue e ossa da nascondere. Qualcosa di crudele, incantato e tagliente lampeggia rapido, con sot­terranea ironia: nessuno è davvero innocente; i dialoghi oracolari e improvvisi celano sempre una sorpresa. 
Sofia Fiorini ha intrapreso una direzione originale e complessa, quella della narrazione lirica affidata alla struttura, alla te­nuta, a un lungo respiro che di pagina in pagina resta in equilibrio sulla storia.
«Hai il dono del passo» dice il gatto alla protagonista, lo stesso si potrebbe dire dell’autrice, che ha un passo lieve, acuminato, precisissimo; la poesia di So­fia Fiorini riesce sulla distanza del sentiero in salita, sulla pazienza della trama. Nel telaio si intrecciano le dita dei grandi lettori di simboli, Ralph Waldo Emerson, da lei tradotto, Cristina Campo, nume tutelare dei rovesciamenti che nel fiabesco annidano il destino, Emily Dickin­son madrina delle madrine, ma si fa avanti con distacco e decisione anche un’inattesa Patrizia Cavalli. Il passero bianco è il totem infero che sceglie la fanciulla, nel suo apprendistato ci saranno la caccia, l’innamoramento, il rito, tre segreti e un diverso finale.

Sofia Fiorini (Rimini, 1995) ha pubblicato in poesia La logica del merito (Interno Poesia, 2017 e 2023) e La perla di Minerva (La Noce d’O­ro, 2023, finalista al Premio Carducci, Premio Flaiano, Premio Prato). Ha tradotto l’antologia italiana delle poesie di Ralph Waldo Emerson Il cervello di fuoco (La Noce d’Oro, 2022).

Luciano Caldato “Il principe delle pozzanghere”, NeP Edizioni

Una raccolta di racconti sospesa tra reale e fantastico

“Il principe delle pozzanghere” è una raccolta di racconti firmata da Luciano Caldato, autore dalla voce originale e profonda, accostato per intensità narrativa al grande Franz Kafka.

Con una scrittura limpida e allo stesso tempo visionaria, Caldato accompagna il lettore in un viaggio tra umanità e immaginazione, dove ogni racconto diventa occasione per riflettere sul senso delle cose, sull’animo umano e sulla possibilità di riscatto e rinascita.

Venti storie, brevi ma dense, che lasciano spazio a una lettura che continua anche dopo la parola fine. Sono racconti che ci parlano di fragilità, di tenerezza, di creature a metà tra l’uomo e l’animale, e che fanno emergere – con sorprendente leggerezza – domande profonde sul nostro tempo e su ciò che ci rende umani.

Nel mondo evocato da “Il principe delle pozzanghere”, l’umiltà diventa grandezza, la semplicità è forma di bellezza, e anche l’essere più marginale può portarci a riconoscere la nostra parte più autentica. Il perdono, la compassione e la meraviglia emergono come temi centrali, raccontati con uno stile che unisce poesia e chiarezza.
Un libro che invita non solo a leggere, ma anche a riscrivere il senso delle storie e del vivere, lasciandoci aperti all’incontenibile che ci attraversa: come una lacrima, come il tempo che scorre, come… un principe nel regno delle pozzanghere.
Il volume fa parte della sezione Poietica della collana scientifica di NeP edizioni “Nuovi Orizzonti di Inconscio e Società”, diretta da Luciana La Stella, psicoanalista, psicoterapeuta e presidente di OPIFER (Organizzazione Psicoanalisti Italiani Federazione e Registro).
La collana nasce dalla sfida di recuperare l’intuizione dello psichiatra e psicoanalista Carlo Viganò, che ebbe l’idea di raccogliere all’interno di un ambizioso progetto editoriale testimonianze legate alla formazione e alla ricerca clinica in campo psicoanalitico, in particolare nell’orientamento dato da Jacques Lacan alla psicoanalisi freudiana.
Al suo interno, il reale della soggettività viene applicato alla vita contemporanea, non solo tramite studi prettamente scientifici ma anche attraverso saggi, romanzi, scritti poetici ed espressioni creative.

Luciano Caldato è nato a Treviso nel 1961. Ha pubblicato due raccolte di racconti: “La poesia della sabbia” (Edizioni del Leone, 2010) e “La battaglia delle noci sgusciate” (Europa Edizioni, 2017).