Ferragosto, una festa antica… e buona lettura con tuttatoscanalibri!

Il mese di agosto in un mosaico romano, nome in onore dell’imperatore Augusto che in quel mese
aveva ottenuto il primo consolato.

Ferragosto conserva nell’etimo i motivi di un periodo di riposo dal lavoro istituito nel 18 a.C. dall’imperatore Augusto, meglio conosciuto come Ottaviano primo imperatore romano, dal 27 a.C. al 14 d.C.  Il termine deriva appunto da feriae Augusti che iniziavano il primo giorno di agosto e istituite in aggiunta ad altre festività dello stesso mese, come i Vinalia rustica, del 19 agosto, dedicate alla protezione dell’uva che stava maturando,  i Nemoralia dedicate a Diana che si svolgevano dal 13 al 15, tutte legate in modo da determinare un periodo sufficientemente lungo di riposo per i lavoratori dei campi che avevano lavorato durante la stagione estiva. Le dure fatiche legate alla raccolta dei cereali avevano infatti raggiunto il culmine e andavano a terminare, in attesa della vendemmia e della raccolta delle olive. Una festa pagana quindi o meglio un riconoscimento al sacrosanto riposo di chi si era affaccendato nei duri lavori dei campi. Una festa antica legata alle fatiche estive e alle sue divinità e che è rimasta nell’immaginario collettivo proprio con le sue caratteristiche di momento di riposo e di svago anche se ha perso le sue connotazioni legate alle attività agricole restando comunque ben separata dalla festa dell’Assunzione nonostante l’avvento del cristianesimo ne avesse trasportato la ricorrenza al 15 agosto assimilandola alla festa religiosa.

buon ferragosto a tutti!

e buona lettura da tuttatoscanalibri:

Walter Landini “Gli squali del Pacifico americano. Scienza mito leggenda”, Topffer Edizioni

Sulle tracce dell’enigmatico  ‘vaso de los tiburones’

Prefazione di David Bellatalla

il volume contiene immagini, illustrazioni e schede dettagliate 

Töpffer Edizioni

Squali, predatori dei mari per antonomasia la cui origine si perde nel tempo profondo del pianeta. Da incarnazione del potere e della forza vitale a vittime sacrificali delle voglie, delle fobie e delle debolezze degli uomini. 

Al di fuori dei rigidi schemi della sistematica biologica, con la comparsa dell’uomo il loro ruolo ed il loro posto in natura divenne il prodotto del vissuto, del percepito, dell’immaginato e delle credenze di un popolo e in un mondo di popoli, poterono contare su di un mondo di vite diverse. Non esiste un modo univoco per definirli, anche se ne abbiamo inventati molti per temerli o per odiarli.
Il libro non vuole ribaltare il paradigma del predatore marino massimo, ma ripercorre il suo rapporto con le antiche comunità amerindie della costa pacifica, attraverso le ricerche sul campo, le storie, i miti, leggende, i manufatti e le iconografie. L’autore, un paleontologo con una passione per la storia, ripercorre un’avventura scientifica e umana durata trent’anni. 
Tutto ha inizio con la scoperta di un manufatto raffigurante uno squalo bianco, un predatore che oggi è raro in quelle acque. Questo ritrovamento innesca una serie di domande sul ruolo dello squalo nell’immaginario collettivo dei nativi, portando l’autore a scoprire come questo animale fosse venerato, temuto e, in alcuni casi, addirittura divinizzato. 
Attraverso un’analisi approfondita di reperti archeologici, miti e leggende, il libro rivela come il rapporto tra uomo e squalo variasse significativamente tra le diverse comunità amerindie. Nelle regioni più remote, come la Baja California e il Cile, il rapporto era improntato all’indifferenza. Nelle civiltà più evolute, invece, lo squalo assumeva un ruolo centrale nella vita quotidiana, nella religione e nelle manifestazioni artistiche. 
Il libro non si limita a esplorare il rapporto tra uomo e squalo, ma intreccia diverse narrazioni che spaziano dalle avventure dei pirati che solcavano quelle coste, alle leggende di giganti che terrorizzavano le antiche popolazioni. Un viaggio ricco di sorprese, alla scoperta di un mondo perduto in cui il confine tra uomo e natura era sottile e il mistero avvolgeva ogni aspetto della vita.”

Nato a Portovenere (La Spezia) nel 1946, il professor Walter Landini è stato curatore del Museo di Geologia e Paleontologia dal 1974 al 1981. È stato professore associato dal 1983 al 2001, anno in cui è stato chiamato dall’Università di Pisa come professore ordinario di Paleontologia. Nella sua carriera ha contribuito in maniera determinante allo sviluppo delle Scienze della Terra. Ha prodotto oltre 150 pubblicazioni su riviste nazionali e internazionali. Dal 2004 al 2012 ha diretto il Centro interdipartimentale Museo di Storia naturale dell’Università di Pisa. Come responsabile scientifico della Rete museale italiana “Pangea”, da lui istituita nel 2004, ha realizzato spedizioni paleontologiche nel deserto del Gobi, nel Sahara Occidentale e nel cono Sudamericano. Dal 2001 è responsabile editoriale della “Palaeontographia Italica”, una delle più antiche riviste di paleontologia a livello europeo ed è vice presidente della Società Toscana di Scienze Naturali.

Valeria Parrella e Massimo Osanna “Classici sovversivi. Mito e tragedia per la vita quotidiana”, presentazione

[…]Per permettere all’antico di parlare con il nostro quotidiano, Massimo Osanna, direttore generale dei Musei italiani, per ognuno dei soggetti trattati illustra la storia e la fortuna (o sfortuna) iconografica, inquadra le fonti storiche, i ritrovamenti archeologici, tra ceramiche decorate e bassorilievi, statue e pitture, ricostruzioni topografiche e riferimenti all’arte classica. In queste pagine troverete Antigone, Eros, Narciso, Euridice e Orfeo, Tiresia, Apollo e Re Mida, le Troiane: Valeria Parrella ricostruisce così i nostri rapporti con l’amore e con la morte, con il femminile e con la guerra, con il lutto e la violenza. Miti classici per eccellenza, resi sovversivi da una rilettura brillante e avvincente, a cura di una voce tra le più amate della nostra narrativa, capace di far interagire queste figure con autori di oggi, con canzoni, con tutto ciò che arricchisce e abita le nostre vite.(da Rizzoli Libri)

Dall’Introduzione

Scrive Valeria Parrella:

[…] la loro sovversione è essere ancora così presenti e ci costringono a una chiamata che è fisica, reale, attiva. I classici, se sono tali, non tramontano mai. Semplicemente, stanno da qualche parte, e noi dobbiamo cercarli.
Questo libro è un libro che li cerca e, a volte, li trova. Offre un metodo per stanarli, e per affidarsi. È un esercizio molto fruttuoso, vitale: cosa significa rileggere qualcosa scritto duemila anni fa? Credo che abbia un senso profondo e cioè : non sentirsi poerduti di fronte alla vita”

Scrive Massimo Osanna:

“I classici, più di ogni altra cosa, richiamano in noi la possibilità di tendere un filo di arianna attraverso il labirinto del tempo. Continuiamo a leggerli e a occuparci del passato che non è passato”

Un’interessante carrellata tra scritti e iconografia, miti classici per eccellenza che diventano “sovversivi” interagendo con il mondo attuale, con le nostre attualità.

Gli autori

Valeria Parrella vive a Napoli. È laureata in Lettere Classiche. Ha scritto per l’editore minimum fax Mosca più balena (2003) e Per grazia ricevuta (2005); per Einaudi Lo spazio bianco (2008), Lettera di dimissioni (2011) e Tempo di imparare. Almarina è stato finalista al Premio Strega del 2019. Scrive su Il manifesto

Massimo Osanna è professore ordinario di Archeologia classica all’Università di Napoli Federico II. Ha insegnato nell’Università della Basilicata, a Matera, dove ha diretto la Scuola di Specializzazione in Beni Archeologici; è stato visiting professor in prestigiosi atenei europei e ha promosso scavi e ricerche in Italia meridionale, Grecia, Francia. Dal 2014 al 2015 ha diretto la Soprintendenza Speciale di Pompei; dal 2016 è direttore generale del Parco Archeologico, riconfermato per un altro mandato nel 2019.

Della stessa autrice su tuttatoscanalibri

“Quel tipo di donna”

Almarina

Macrina Marilena Maffei “La danza delle streghe. Cunti e credenze dell’arcipelago eoliano”, Armando Editore



in libreria dal 24 ottobre

Armando Editore

In un’epoca di incantamento del mondo, dove gli scogli parlano, le creature sognate escono dai sogni ed entrano nella realtà, e le serpi compaiono con i capelli pettinati a treccia, a crocchia, a tuppo, si rivela che gli spiriti ritornano fra gli uomini in forma zoomorfa. Un immaginario in cui il fantastico, il meraviglioso e l’onirico s’intrecciano dando vita a emozionanti narrazioni dove anche la presenza delle streghe è marcata. Esibendo la loro arcaica nudità, le streghe in volo si palesano agli uomini. Il loro tratto più inquietante lo mostrano trasformandosi in nuvole e in vento per inseguire sul mare i naviganti o anche rubando le barche ai pescatori. 

Oggi, alla sua terza edizione, il libro torna arricchito dalla suggestiva storia di una pescatrice. Una pescatrice dai lunghi capelli morta in un naufragio oppure, come alcuni raccontano, per l’agire malefico delle streghe. Racconti e credenze narrati, per la prima volta nella storia dell’arcipelago, dalla voce dei suoi abitanti durante un’etnografia che ha preso l’avvio oltre quarant’anni fa, sullo sfondo di una maestosa natura vulcanica. Il volume presenta gli esiti di una ricerca, di lunghissima durata, condotta nell’arcipelago eoliano a iniziare dagli anni Ottanta e ricostruisce, attraverso storie e credenze di tradizione orale, i tratti fondamentali di una cultura inscritta in un’infuocata natura tellurica. 

L’autrice documenta aspetti della cultura insulare che non erano mai stati indagati, riuscendo anche a fare emergere dal mondo stregonesco dove erano celate le storie vere delle donne che esercitavano il mestiere della pesca.

MACRINA MARILENA MAFFEI, antropologa del mare e fiabologa, ha raccolto i repertori narrativi orali di vaste aree dell’Italia centro-meridionale e delle isole conservati in gran parte nell’Archivio Etnico Linguistico Musicale dell’Istituto Centrale per i Beni Sonori e Audiovisivi e nell’Archivio Sonoro dell’Istituto Centrale per il Patrimonio Immateriale del Ministero della Cultura. Progettista del primo Museo del Mare Demo etnoantropologico del Lazio, con sede a Gaeta.

Emanuela Bianchi “L’ultima strega. Una storia vera dalla Calabria del XVIII secolo”, Oligo Editore

IN UN INTRECCIO DI INGANNI, SUPERSTIZIONE E PREGIUDIZI, LA STORIA VERA DELL’ULTIMA DONNA PROCESSATA PER STREGONERIA NELL’ITALIA DEL SUD

Prefazione di Roberto Alessandrini

Oligo editore

Calabria, seconda metà del Settecento. Cecilia Faragò è accusata di essere una strega e di aver provocato la morte del parroco. A vessarla due preti che vogliono impossessarsi dei suoi beni. Vedova e analfabeta, si affida a un giovane avvocato che porterà il suo caso fino alla corte di Napoli e riuscirà a smascherare gli impostori, dando l’occasione a re Ferdinando di abolire per sempre il reato di stregoneria. Emanuela Bianchi ha il merito di aver fatto uscire dall’oblio una storia dimenticata, oggi al centro di una rievocazione annuale a Soveria Simeri, raccontata nella sua opera teatrale LaMagara (Premio della critica Gaiaitalia 2014) e oggi in questo nuovo libro.

Dalla prefazione di R. Alessandrini:

«Questo breve racconto ha una lunga storia, che merita di essere riassunta, almeno per sommi capi. Una madre regala alla figlia il libro di uno studioso di storia locale. Il testo ricostruisce una vicenda realmente avvenuta in Calabria nella seconda metà del Settecento, quella di una donna – Cecilia Faragò – che rimane vedova, non intende risposarsi e che, pur essendo analfabeta, ritiene di far valere i propri diritti fino al grado supremo di giudizio, la Gran Corte della Vicaria di Napoli.  Accusata ingiustamente di essere una strega e di avere provocato con una fattucchieria la morte di un parroco, vessata da due avidi preti che reclamano con l’inganno i suoi averi, affida la propria difesa a un giovanissimo avvocato ventenne, che con una formidabile arringa, degna della migliore retorica del secolo dei Lumi, smaschera gli impostori e restituisce alla donna il suo diritto.  Re Ferdinando IV, nel 1770, coglie l’occasione per abolire il reato penale di magia dai suoi territori. Cecilia Faragò sarà così l’ultima donna nel Sud d’Italia a essere accusata, e assolta, da calunnie costruite sulla superstizione e sul pregiudizio. Confinata per oltre due secoli in un ambito prevalentemente locale, la storia dell’“ultima strega”, sempre in virtù di quel libro regalato da una madre a una figlia, diventa un testo teatrale. Perché la figlia è antropologa e attrice e, nella vicenda narrata, intravvede qualcosa che va riportato alla luce e arricchito di nuovi significati. Inizia così una ricerca sul campo, un’indagine serrata nel piccolo paese calabrese che ha fatto da scenario alla storia»

EMANUELA BIANCHI, antropologa e attrice catanzarese, ha studiato all’Università di Roma La Sapienza. Allieva di Paolo Vignolo (Ecole des hautes études en sciences sociales di Parigi) e della coreografa Marta Ruìz (Adra Danza, Colombia), nel 2004 ha costituito la compagnia teatrale “Confine incerto”, che si occupa di di teatro ludico-sensoriale, teatro antropologico e teatro interattivo in spazi non convenzionali.

Anonimo “La storia di Apollonio re di Tiro”

Traduzione e note a cura di Alessandro Ferrini, con testo originale allegato

EDIDA Edizioni

La Storia di Apollonio re di Tiro fu composta presumibilmente fra la fine del II secolo e l’inizio del III secolo d.C. ed è il terzo romanzo latino giunto fino a noi dopo i ben più celebri Satyricon di Petronio e Metamorfosi di Apuleio, sicuramente un genere più popolare, una narrazione in prosa come qualcuno lo ha definito, rispetto ai primi due (dalla Premessa)

Perché tradurre e proporre la lettura di una fiaba antica?

Come tutte le fiabe, ascoltate o lette nei tempi diversi in cui giungono fino a noi, anche questa, la cui confezione si perde in un “c’era una volta”, acquista un nuovo significato, si attualizza forse proprio perché in fondo, “dentro” l’uomo non è poi così dissimile dai suoi primordi. Il messaggio che arriva dalla lettura è positivo e ancora universale: la vita, il mestiere di vivere, pone ai suoi protagonisti molte peripezie per “mare” e per “terra”, addolora, fa soffrire ma, se l’animo resta generoso e profondamente legato a valori immortali, l’amicizia la collaborazione l’altruismo l’amore per tutti gli esseri, quella vita saprà ripagarti con la stessa moneta.

Il mare è qui elemento duplice e simbolico, è distanza, allontanamento ma anche palestra di nuove esperienze ardue ma anche di conoscenze sperimentate; gli indovinelli sono le scelte a cui ciascuno è chiamato, spesso difficili e oscure; un viaggio verso l’agnizione finale, il bel compimento, meritato, nel dolore e nella sofferenza, nelle vicissitudini perigliose come il mare e oscure come gli indovinelli sibillini su cui si misura la conoscenza, l’intelligenza, la cultura in genere e l’animo di ciascuno. Un racconto semplice, così come la lingua utilizzata, un latino vicino, comprensibile per il messaggio e per la morale che contiene e che può arrivare a tutti; un raccontato standard che ricorda lo svolgimento che permea le fiabe, ma il cui messaggio, proprio per questo, arriva diritto a chi lo legge e a chi lo ascolta e “molce il cuore”. Attuale quindi per i lettori dell’era nostra, quella della tecnologia, dei viaggi interstellari, del mondo degli dei provenienti da altri mondi, categorie superiori ma che probabilmente non possono sottrarsi anch’essi al proprio “destino”.

Dei diversi, lontani dagli uomini, quasi spettatori, non come gli dei greci, trasposizione immortale dell’essere umano e della sua umanità, difetti compresi. Sì, una fiaba bella che ha ancora molto da dire o che comunque ci regala una grande speranza, quella che ciascun uomo attende, quel premio di cui narrano le scritture o le religioni, quella che è figlia e madre di tante scelte di vita su questo Pianeta che gira e si muove in una delle tante Galassie dell’Universo. ( dalla Premessa)

La Quarta di copertina