Chiara Montani “Il destino di Sofonisba”, presentazione

«Vedete, Sofonisba, se foste nata uomo, avrei fatto di tutto per avervi nella mia bottega… correndo anche il rischio che la vostra luce finisse per mettermi in ombra. Voi non avete realmente bisogno di me, né di nessun altro. Il dono che possedete è da sempre dentro di voi come una rara gemma, grezza ma già perfetta».

Chiara Montani dipinge l’esistenza straordinaria di Sofonisba Anguissola: un romanzo che, pennellata dopo pennellata, prende vita come un quadro davanti ai nostri occhi, rivelando la storia di un talento che ha sfidato il destino e trasformato la vita in arte».(da Neri Pozza)

Sofonisba Anguissola nasce a Cremona nel 1532 e, sfidando le restrizioni dell’epoca nei confronti delle aspirazioni femminili, si afferma artista anche fuori dal territorio natale: a Milano e nella Spagna degli Asburgo.
Un talento naturale che il padre Amilcare non volle ostacolare favorendone la formazione, anche se fuori dalle botteghe artigiane, e permettendo che la giovane fermasse sulla tela con la sua arte emozioni e i moti dell’anima di coloro che ritraeva. Se ogni affermazione di sé, sfidando le convenzioni, ha un prezzo, la giovane Sofonisba lo pagò rinunciando all’amore e sposando, in un matrimonio di convenienza, colui che Filippo II di Spagna le imporrà. Eppure sarà la sua stessa arte a esserle di sostegno, rifugio e resistenza.
In occasione dei quattrocento anni dalla morte, avvenuta nel novembre del 1625, Chiara Montani ne presenta il ‘destino’ di donna e di artista

Chiara Montani è nata a Milano. Dopo la laurea in Architettura ha lavorato nel mondo del design e della grafica. È specializzata in arteterapia e ama dedicarsi all’arte, soggetto principale anche delle sue opere letterarie. Con Garzanti ha pubblicato una trilogia (Il mistero della pittrice ribelle, La ritrattista, L’artista e il signore di Urbino) ed Enigma Tiziano. È autrice inoltre di Ciò che una donna può fare (UTET), storia dell’arte al femminile. I suoi libri sono tradotti in francese e in spagnolo. 

Maurizio Zaccaro “Bellissima dea.La storia di Clara Calamai”, Vallecchi

Dal successo travolgente di Ossessione all’ombra del silenzio: la parabola di un mito.

«Clara Calamai fu una vera e propria invenzione di Visconti. Credo non ci fosse allora nel cinema italiano una figura femminile che avesse la possibilità di diventare sullo schermo sesso e simbolo come fece Clara.»  Giuseppe De Santis

Prefazione di Emanuela Martini

Vallecchi

Dal 5 dicembre 2025

Clara Calamai è stata il primo scandalo del cinema italiano. Bellissima, sensuale, altera come una diva francese, nel 1942 osò ciò che nessuna attrice aveva mai fatto prima: apparire a seno nudo ne La cena delle beffe, sca­tenando lo scandalo e la fascinazione di un intero Paese sotto dittatura. Un anno dopo, con Ossessione di Luchino Viscon­ti, rinunciò agli abiti eleganti e al trucco, prestando il volto e il corpo a Giovanna, la bottegaia frustrata che inaugurò il ne­orealismo. Da quel momento divenne il simbolo di una generazione: l’immagine che i soldati italiani portavano al fronte nel portafogli, la donna proibita che incarnava il desiderio e il peccato. Ma Clara Calamai non fu solo la diva con­turbante degli anni Quaranta. Fu anche una donna inquieta, fragile, piena di pas­sioni e paure, che scelse a un certo punto di abbandonare le luci del set per insegui­re affetti e normalità. Un ritiro improvviso che la rese ancora più leggendaria, come una Greta Garbo italiana. Poi, quando sembrava ormai dimenticata, la chiamata inattesa: Dario Argento la volle in Profon­do rosso, restituendole una nuova, inquie­tante immortalità. Bellissima dea è il romanzo di una diva che bruciò di scandalo e desiderio, e che pagò con il silenzio e l’ombra il prezzo della sua unicità.

Scrive l’Autore nella Postfazione: 

Ci sono voluti più di due anni per completare questo libro ma devo dire che sono stati ben spesi, alternando la scrittura alla ricerca delle fonti, alla visione dei suoi innumerevoli film, almeno quelli che ancora si trovano (altri purtroppo sono considerati perduti come “L’adultera” – 1946 – di Duilio Coletti , “Pietro Micca” – 1938 – di Aldo Vergano, o difficilmente reperibili come “Amanti senza amore” – 1948 – di Gianni Franciolini) e soprattutto agli incontri con chi Clara Calamai l’ha conosciuta e frequentata per motivi familiari o professionali. Ora che questa straordinaria macchina del tempo si è fermata e il lavoro è compiuto posso dire che Clara mi mancherà parecchio. Restano queste pagine, è vero, resta la sua voce sottile nella mia memoria, il suo sguardo “orientale”, la sua eleganza “francese” e infine restano le sue parole, a volte allegre, altre velate da una malinconia insanabile: “L’ho sempre presa sbagliata questa vita mia. Ho sempre pensato che non si può essere felici, con il padre e la madre che devono morire, con tutti questi animali che devono essere uccisi, con tutto questo dolore che si vede nel mondo.”

Maurizio Zaccaro è regista e sceneggiatore. Fra i suoi film ricordiamo Dove comincia la notte (1991), David di Donatello come miglior regista esordiente, L’Articolo 2 (1993), premio Solinas per la sceneggiatura, Il carniere Un uomo perbene, Nour (2019). Dal 2000 a oggi ha diretto inoltre numerosi docu­mentari, sceneggiati e film per RaiUno e Mediaset, fra i quali Fernanda. Ha pubblicato Bleu (Maggioli, 2017), La scelta. L’amicizia, il cinema, gli anni con Ermanno Olmi (Vallecchi, 2020) e Sotto il sole. Racconti di uomini animali e ombre (Vallecchi, 2022).

Sergio Ferdinandi “Carlo I d’Angiò. Il sogno di un impero mediterraneo”, Graphe.it

In occasione della ricorrenza dei 2500 anni dalla fondazione dell’antica Neapolis nel 475 a.C., la collana I Condottieri contribuisce alle iniziative commemorative celebrando la figura storica di Carlo I d’Angiò che, a partire dal 1266, conferì a Napoli il ruolo di grande capitale mediterranea.

Collana I Condottieri

Graphe.it

Dal 26 ottobre in libreria


 Crociato, re, stratega: Carlo d’Angiò fece di Napoli una capitale e cambiò il destino del Mediterraneo

Figura chiave della storia medievale, Carlo I d’Angiò fu recrociato protagonista della politica mediterranea del XIII secolo. Dopo le vittorie su Manfredi e Corradino, trasformò Napoli in capitale del regno e sognò un impero mediterraneo, infranto però dai Vespri siciliani.
Questa biografia ne ricostruisce l’ascesa e l’eredità, in concomitanza con i 2500 anni dalla fondazione di Neapolis, a cui il Nostro conferì il ruolo di grande capitale mediterranea.

SERGIO FERDINANDI (Sedan 1963), archeologo e storico medievista, dirigente generale del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, ha ricoperto diversi incarichi governativi. Componente del Consiglio Superiore per i beni e le attività culturali e paesaggistici del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo, esperto della Commissione nazionale italiana UNESCO per le crociate e Bisanzio, è membro di diversi istituti di ricerca storica e archeologica internazionali fra i quali l’ISMEO-Associazione internazionale di studi sul Mediterraneo e l’Oriente e la Scuola Archeologica Italiana di Cartagine (SAIC). Docente e relatore in convegni nazionali e internazionali, è autore di numerosi saggi e contributi scientifici in particolare sull’Oriente Crociato. Con Graphe.it edizioni ha pubblicato Goffredo di Buglione. Il cavaliere perfetto (2020).

Olivier Guez “Mesopotamia”, presentazione

Traduzione di Milena Zemira Ciccimarra.

Dalla scoperta di giganteschi giacimenti di petrolio ai crudeli giochi di potere tra inglesi, francesi e tedeschi, dalle trattative sotto le tende beduine alle sabbie di Baghdad, dove il destino di migliaia di persone è ogni giorno appeso a un filo: Olivier Guez recupera dal deserto la vita di una donna straordinaria, per raccontare l’epopea travolgente di una terra mitica e maledetta, la terra di Abramo, la terra del diluvio e di Babele, dei sogni infranti di Alessandro Magno: la Mesopotamia.(da La nave di Teseo)

La donna straordinaria è Gertrude Bell, non facilmente incasellabile, così la giudica lo scrittore in una recente intervista (La Lettura 14 settembre, a cura di Stefano Montefiori), inglese e quasi sconosciuta nonostante il suo ruolo in terra di Mesopotamia.

Alla domanda: Ha compiuto molte ricerche? Olivier Guez ha risposto che ci sono voluti sei anni per scrivere questo libro, perché le letture rischiavano di non finire mai. E poi entrare nella testa d’una spia vittoriana ha richiesto un po’ di adattamento.
Ecco un’ altra delle caratteristiche che contraddistinguono il personaggio Bell, eclettica e nello stesso tempo conservatrice, avventuriera e nello stesso tempo diplomatica, spia in grado di parlare arabo e persiano, diventa alla fine della prima guerra mondiale la donna più potente dell’impero coloniale britannico, protagonista nella creazione del moderno stato dell’Iraq, contribuendo  a tracciarne i confini, eppure rimasta sconosciuta anche rispetto a Lawrence d’Arabia, al quale l’accomunavano varie caratteristiche, e divenuto famoso grazie al film che lo immortalò con Peter O’Toole del ’62; anche alla Bell è stato dedicato un film di Werner Herzog con Nicole Kidman (Queen of the Desert, 2015,), che non ebbe però alcun successo, lasciandone la storia sconosciuta ai più, nonostante i due fossero molto simili, avendo entrambi una visione romantica dell’esistenza, essendo molto conservatori, con la stessa passione per l’antichità, per l’archeologia, ed entrambi spie.

Un’intervista interessante quella di Montefiori perché permette di cogliere le caratteristiche principali della protagonista e nello stesso tempo del romanzo che sa condurre non solo alla scoperta della Bell ma anche inquadrare storicamente e in modo puntuale un territorio travagliato e senza pace.

“Olivier Guez porta il lettore nel Medio Oriente di inizio Novecento, quando una regione più o meno dimenticata, per secoli, dagli occidentali si ritrova all’improvviso, a causa del petrolio, al centro delle mire degli imperi rivali. Mesopotamia è un grande e ambizioso romanzo, appassionante perché non si riduce all’aspetto geopolitico. Il grande gioco delle potenze, con gli inevitabili rimandi alle vicende di oggi, viene percorso con fedeltà storica e allo stesso tempo minuzia psicologica perché Guez si è calato nell’anima di Gertrude Bell, la donna inglese, finora semisconosciuta, che ha disegnato la mappa delle terre tra il Tigri e l’Eufrate”.

Alessandro Barbero “San Francesco”, presentazione

Chi era Francesco d’Assisi? Alessandro Barbero ci porta dentro le tante versioni della vita del santo arrivate fino a noi. Con il rigore dello storico e il gusto del narratore, porta alla luce la storia complessa, stratificata e, a tratti, contraddittoria di Francesco, il santo che tutti crediamo di conoscere. (Editori Laterza)

Dall’ Introduzione:

“L’unico punto su cui regna un accordo indiscusso, è che tutte le fonti che raccontano la vita di san Francesco sono gravate da una pesante ipoteca interpretativa: ogni autore ha costruito una sua immagine del santo, influenzata non soltanto dalle informazioni di cui disponeva, ma dalle sue convinzioni su chi doveva essere stato il fondatore dell’Ordine dei minori.
Questo non significa che sia diventato impossibile, o illegittimo, sforzarsi oggi di capire chi fu veramente l’uomo Francesco d’Assisi: analizzare le sue biografie medievali come testimonianze di un punto di vista soggettivo, se non di un’ideologia, non significa che si debba sospendere la ricerca sul Francesco “storico”.[…]
Ma in questo libro, che si rivolge al lettore non specialista, non voglio presentare anch’io un mio Francesco, e certamente non mi illudo di essermi avvicinato più di altri a stanare il vero Francesco. Chi legge troverà invece nei capitoli che seguono sette versioni della vita di san Francesco, o forse dovremmo dire “del beato padre Francesco”, come lo chiamava Tommaso da Celano; e scoprirà che anche se il personaggio raccontato è sempre visibilmente lo stesso, le sette storie sono tutte diverse l’una dall’altra. Il proposito è di mostrare in quale intricato gioco di specchi deformanti si sia moltiplicata e frazionata, subito dopo la sua morte, l’immagine di quel san Francesco che i suoi contemporanei – concordi in questo, ma soltanto in questo – vollero proporre al mondo cristiano come uno degli uomini più straordinari mai vissuti”.( da A.Barbero, San Francesco, Introduzione)

Per l’autore, sono appunto sette le versioni della vita di san Francesco arrivate fino a noi, tanto da diventare davvero difficile stabilire chi fosse il “vero” Francesco.

“Dopo aver fatto innamorare folle di studenti e spettatori con le vicende di barbari, imperatori e battaglie, eccolo cimentarsi con il più ingombrante dei santi: Francesco d’Assisi, cui è dedicato il suo San Francesco, appena edito per i tipi di Laterza (pagine 448, euro 20,00). Quell’attributo – “santo” – è una delle chiavi per comprenderne la natura: non siamo di fronte alla biografia di un uomo – o, almeno, non solo –, ma a un viaggio nella selva delle testimonianze agiografiche che assumono la santità come dato di partenza, con l’aggiunta – fondamentale – di quanto «frater Franciscus» dice di sé stesso. Non, dunque, una “vita”, ma una galleria di specchi. Da un lato, il Francesco del Testamentum, dettato in punto di morte, dall’altro, il profilo cangiante delle legendae: da quelle di Tommaso da Celano, l’agiografo “ufficiale”, tormentato dalla richiesta di offrire al “pubblico” sempre più miracoli, ai ricordi diretti dei compagni della prima ora, alla voce discreta ma potente di Chiara, al santo “addomesticato”, innalzato a modello irraggiungibile, di Bonaventura da Bagnoregio. Un incredibile parterre di testimonianze, la cui stratificazione, dissonanza e reciproca contaminazione costituisce il fulcro della cosiddetta “questione francescana”.[…] data la contraddittorietà delle fonti, avrebbe rischiato di scivolare nella rievocazione ipotetica o, peggio, nella combinazione di voci diverse, accostate ad arbitrio […]
Barbero non dà l’ultima parola, né la promette; non confeziona un Francesco da vetrina. Ci consegna, piuttosto, la realtà d’una memoria contesa, dando voce storica agli sforzi della filologia. Ed è questa, forse, la lezione più preziosa: la storia non serve a rassicurare, ma a ricordarci che anche i santi restano figure vive perché contese, instabili, irrisolte.
Un libro che diverte e commuove, che sorprende e irrita, e che, come credo, farà discutere a lungo. (Stralci da Antonio Musarra “Nella ricerca di Barbero il ritratto di un uomo in una galleria di specchi”, Avvenire 29 settembre 2025,)

“La sua narrazione ci dà un Francesco più spigoloso, lontano dal santo dolciastro che parlava agli uccellini e ammansiva i lupi. Anzi, aggiungo, Barbero ci dà molti Francesco diversi; come egli stesso scrive, le pagine del suo volume contengono: “sette versioni della vita di san Francesco […] il proposito è mostrare in quale intricato gioco di specchi si sia moltiplicata e frazionata, subito dopo la sua morte, l’immagine di quel santo”. Resta, dovendo stabilire un punto fermo, che più ci si allontana dall’immagine oleografica del santo semplicemente buono, più si scopre “uno degli uomini più straordinari mai vissuti” – e che vale la pena di conoscere meglio.(da Corrado Augias Il venerdì La Repubblica 26 settembre)

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Inventare i libri

La battaglia di Campaldino

Lydie Salvayre “Sette donne”, presentazione

Traduzione di Lorenza di Lella e Francesca Scala

Prehistorica Editore

Sette donne, sette autrici, incontrate come lettrice, apprezzate e stimate, tutte, fondamentali per la sua crescita come scrittrice.

“Il punto in comune di queste sette donne è che le ammiro. Tutte. Tutte sono state importanti nella mia vita da quando, a 12 anni, ho cominciato a leggere Emily Brontë. Tutte e sette, soprattutto, sentivano l’imperiosa necessità di scrivere”.

Risponde così alla domanda di Elisabetta Rosaspina (La Lettura del Corriere 8 agosto 2025) perché avesse scelto proprio loro per le sue biografie che tali e semplicemente tali non sono, infatti, sono le autrici che l’hanno confermata nella sua volontà di scrivere, di essere donna e autrice, come loro che, nella loro esistenza di vita, hanno sofferto ed hanno trasformato quel dolore in pagine letterarie.

Un testo dedicato a queste autrici dal cui incontro Lydie Salvayre ha costruito la sua identità e di scrittrice e di donna.

Scrive Laura Pugno (tutto libri La Stampa 6 settembre 2025):

” è un diario di formazione per voce interposta quello che ci consegna in questo libro, in cui l’ordine delle vite narrate si fa eco dell’ordine, o del disordine, della vita della narratrice. Nella versione originale francese Sept femmes/Sette donne è diventato anche uno spettacolo, messo in scena a pochi mesi dalla prima uscita in Francia, per l’8 marzo del 2014, da lan Morane con l’adattamento di Nadine Eghels, presso la Casa della Poesia di Parigi”

Lydie Salvayre nasce nel 1948 a Autanville (centro-valle della Loira) da genitori spagnoli rifugiati, sfuggiti al franchismo durante la guerra civile. Studia lettere moderne all’Università di Tolosa e si laurea anche in medicina: ha esercitato la professione dello psichiatra prima di dedicarsi integralmente alla scrittura. Ha esordito nel 1990 con il romanzo La Dichiarazione, salutato dalla critica e insignito del Premio Hermès. Di lì ha pubblicato una quindicina di romanzi, che gli sono valsi svariati e importanti riconoscimenti, come Il Premio Novembre, il Premio Billetdoux e il Prix Goncourt. Le sue opere sono tradotte in una ventina di lingue. In Francia è edita da illustri editori quali Le Seuil, Juillard e Verticales. In Italia, alcune sue opere sono state pubblicate da Bébert, Bollati e Boringheri, Feltrinelli, Guanda, L’Asino d’oro. Dal 2023, se ne occupa Prehistorica Editore.

Harry Shaw “Parola di Ozzy”, Tsunami Edizioni

Un viaggio intimo attraverso i pensieri e le interviste del Principe delle Tenebre, Ozzy Osbourne

Traduzione di Massimo Baroni

Pagine 128 illustrate, 8 a colori

www.tsunamiedizioni.it

Parola di Ozzy, una raccolta unica di aforismi e frasi celebri di uno dei più grandi protagonisti della storia della musica rock, Ozzy Osbourne.
Il libro, già uscito da tempo, torna oggi al centro dell’attenzione quale omaggio speciale alla sua eredità. Il volume offre uno straordinario spaccato della mente e dello spirito dietro il leggendario frontman dei Black Sabbath, celebrando la sua ineguagliabile eredità culturale e musicale.  La recente scomparsa di Ozzy Osbourne ha lasciato un vuoto profondo nel cuore di milioni di fan in tutto il mondo. 
Parola di Ozzy si pone come un omaggio celebrativo, offrendo un intimo viaggio attraverso i suoi pensieri, espressi sempre con la schiettezza e il carisma che lo hanno reso un’icona senza tempo. 
Il libro, che non si limita ad essere una biografia convenzionale, raccoglie numerosi estratti tratti da interviste rilasciate da Ozzy nel corso della sua carriera. Dall’epoca in cui era il volto degli inventori dell’Heavy Metal, i Black Sabbath, fino alla sua fruttuosa carriera solista, il volume illustra opinioni, visioni ed episodi memorabili, rimanendo fedele al suo leggendario stile “senza compromessi”.

Tsunami Edizioni, da sempre impegnata nella pubblicazione di testi che approfondiscono i protagonisti e i fenomeni della musica moderna, è orgogliosa di rendere omaggio alla figura di Ozzy Osbourne con questa pubblicazione che ne riflette il genio unico e l’impatto indelebile.

Gigi Moncalvo “Agnelli – The Italian Royal Family”, Vallecchi Editore

Vallecchi

Il grande interesse con cui il pubblico segue le più recenti vicende della ex-royal family, con la guerra ventennale per mettere le mani sull’immensa e sommersa eredità di Gianni Agnelli e poi di sua moglie Marella, è motivato dalla scoperta di particolari inediti e talvolta incredibili riguardanti il gigantesco patrimonio e l’intreccio di società, specie nei paradisi fiscali, che caratterizzano gran parte degli ultimi cinquant’anni di questa Famiglia. Tutto sarebbe rimasto ancora oscuro se la figlia di Gianni Agnelli non avesse deciso di scatenare una guerra con la propria madre, prima, e il suo primogenito poi, poiché si ritiene “derubata” di una cospicua quantità dell’ex patrimonio paterno di cui, a metà con Marella, era la legittima erede.

La figura del vecchio Senatore viene qui delineata in tre aspetti fondamentali. Prima di tutto descrivendo i modi in cui Giovanni Agnelli senior si impossessò della Fiat portandola via agli altri veri fondatori, e raccontando quel che avvenne nel processo di Torino in cui era imputato. Secondo: descrivendo i metodi con cui abbatteva tutti gli ostacoli sul suo cammino, come ad esempio il senatore Frassati, al quale portò via “La Stampa”, e poi Riccardo Gualino, un geniale e poco noto imprenditore che divenne socio di Agnelli, acquistarono banche ed ebbero un intreccio d’affari redditizio per oltre dieci anni, fino a che il padrone della Fiat decise di rovinarlo…Infine, gli “affari” col fascismo, la fortuna di accumulare ricchezze enormi grazie alle forniture per le due guerre mondiali, la passione di farsi pagare in lingotti d’oro, il gigantesco accumulo di metallo pregiato trasferito a Basilea. Ma per la prima volta vengono anche pubblicate le “pagine nere” che riguardano il Senatore: gli atti della Commissione per l’epurazione che stava per espropriare Agnelli dalle sue numerose industrie con l’accusa di collusione col fascismo. Solo la morte, nel dicembre 1945, salvò Agnelli dall’onta di una condanna. Ma i suoi memoriali inediti, insieme a quelli di Vittorio Valletta, rappresentano l’altra faccia del Senatore: non più tracotante e sicuro di sé, ma compassionevole nelle sue argomentazioni e nelle descrizioni di se stesso e del suo operato nel tentativo di far credere che era addirittura un…antifascista.

Gigi Moncalvo è autore dei libri-controcorrente Agnelli Segreti, I Lupi e gli Agnelli, I Caracciolo, ricchi di documentazione e di retroscena sui “peccati” nascosti e le verità mai scritte su quella che è stata definita l’ultima “Famiglia Reale” italiana. Nella sua carriera giornalistica ha lavorato in alcuni quotidiani tra cui il Corriere della Sera e il Giorno. In televisione è stato inviato speciale per le reti Fininvest-Mediaset, autore di numerosi reportage dall’estero, ideatore e conduttore di molti programmi. È stato dirigente di Raidue e ha condotto Confronti, in onda il venerdì sera per quattro anni. Ora si occupa di ideare format TV e dirigere media-training per dirigenti d’azienda. Vive in campagna nelle colline del Monferrato tra Piemonte e Liguria. Con Vallecchi ha pubblicato Agnelli coltelli nel 2022 e Juventus segreta nel 2023
http://www. gigimoncalvo.com

Dal 10 gennaio 2025 in libreria per Bibliotheka Edizioni:Benjamin Jacobs e August Kubizek

“IL DENTISTA DI AUSCHWITZ”, LA STORIA DEL RAGAZZO POLACCO CHE SI SALVO’ LA VITA CURANDO PRIGIONIERI E UFFICIALI

La biografia di Benjamin Jacobs scritta da lui stesso e accolta con favore unanime della critica negli Stati Uniti

Benjamin Jacobs Il dentista di Auschwitz
Traduzione di Alessandro Pugliese
In libreria il 10 gennaio
Bibliotheka


«I nostri nomi diventarono numero. E con il tempo capimmo perché. I numeri non avevano volto. Erano molto più facili da affrontare».

Il 5 maggio 1941 tre vecchi camion attraversano una strada sterrata polacca con a bordo centosettanta ebrei del villaggio di Dobra. Sono uomini di età compresa tra i sedici e i sessant’anni. Tra loro anche Berek Jakubowicz e suo padre, autorizzati a portare con sé solo un piccolo fagotto ciascuno. Il ragazzo non sa che quei pochi strumenti odontoiatrici utilizzati nel primo anno di formazione universitaria gli salveranno la vita.
La sua storia viene narrata dai lui stesso nel libro Il dentista di Auschwitz, firmato con il nuovo nome (Benjamin Jacobs) assunto negli Stati Uniti, dove emigrò dopo la liberazione (Bibliotheka, 376 pagine, 16 euro, dal 10 gennaio in libreria nella traduzione di Alessandro Pugliese). Nei cinque anni di privazioni trascorsi nei campi di sterminio nazisti, tra cui Buchenwald, Dora-Mittelbau, e Auschwitz (dove entrò in contatto con il famigerato Josef Mengele, medico e criminale di guerra), ha visto morire il padre ed è stato costretto ad esercitare la professione dentistica su prigionieri e ufficiali e ad estrarre i denti d’oro dei cadaveri appena usciti dalle camere a gas
Accolto con favore unanime dalla critica alla sua comparsa negli Stati Uniti, Il dentista di Auschwitz indaga sulla proliferazione del male dalla prospettiva di chi ha vissuto a stretto contatto con un orrore assoluto e onnipervasivo. Una lettura che meglio di qualsiasi libro di storia riesce a rendere un tempo in cui «i nomi divennero numeri senza volto» e in cui chi subì la deportazione «pur avendo il cuore pieno di lacrime, dimenticò per sempre come piangere».

 IL GIOVANE HITLER CHE HO CONOSCIUTO, RITRATTO DEL DITTATORE DA GIOVANE SCRITTO DALL’AMICO DI INFANZIA

Nell’opera di August Kubizek un adolescente alla deriva: ha fallito a scuola, è disoccupato e vive miseramente dipingendo cartoline

August Kubizek Il giovane Hitler che ho conosciuto
Traduzione di Alessandro Pugliese
Bibliotheka

«Per quanto la memoria mi ha concesso, ho tracciato il ritratto del giovane Hitler. Ma alla domanda, allora sconosciuta e inespressa, che pendeva sopra la nostra amicizia, ancora oggi non ho trovato una risposta: Quali erano le intenzioni di Dio quando creo quest’uomo?».

August Kubizek (1888-1956), direttore d’orchestra e scrittore austriaco, è stato l’amico fraterno di Adolf Hitler durante l’adolescenza. I due si conobbero nel 1904 ed entrambi frequentarono il Conservatorio a Vienna; gli studi vennero portati a termine solo da Kubizek, che vide la carriera interrompersi allo scoppio della prima guerra mondiale. I due si ritrovarono a metà degli anni Trenta, durante l’annessione dell’Austria alla Germania. Fu proprio in quel periodo che Hitler, divenuto Cancelliere, chiese a Kubizek di scrivere sulla loro amicizia.
Il risultato è il libro Il giovane Hitler che ho conosciuto, che Bibliotheka manda in libreria il 10 gennaio nella traduzione di Alessandro Pugliese (372 pagine, 16 euro).
Si tratta di uno dei più importanti testi per comprendere la figura del dittatore. Kubizek descrive in che modo si formarono il carattere feroce, l’impareggiabile forza di volontà e l’implacabile sistematicità mentale del più ingombrante, scomodo e crudele personaggio del Novecento.
Durante l’adolescenza, Hitler è un ragazzo alla deriva: ha fallito a scuola, è disoccupato, respinto dall’Accademia d’Arte di Vienna, vive miseramente dipingendo cartoline. Ma dietro quest’apparente inettitudine, Kubizek mostra il carattere di un individuo che, da questi inizi, facendo leva su una personalità magnetica, diverrà il conquistatore più potente e terribile della storia moderna, riuscendo a mobilitare i peggiori istinti di rivalsa del popolo tedesco.

Guy Chiappaventi “Il portiere di Ceaușescu”, Bibliotheka Edizioni

La storia di Helmut Duckadam, leggenda del calcio che parò 4 rigori al Barcellona, morto lo scorso 2 dicembre

È una storia lunga quasi quarant’anni e undici metri. La storia di quando una squadra di sconosciuti strappò, fuori casa, il titolo più importante del calcio europeo – la Coppa dei campioni – a una superpotenza, il Barcellona.

Era la notte magica del 7 maggio 1986 e, nello stadio di Siviglia, Helmut Duckadam, allora ventisettenne, riuscì nell’impresa di parare tutti e quattro i rigori dei giocatori catalani, in mondovisione e davanti a 60 mila spettatori e al Re di Spagna.

La biografia di questa autentica leggenda del calcio, morto il 2 dicembre scorso all’età di 65 anni, viene ricostruita dal giornalista Guy Chiappaventi, inviato speciale del tg La7 e premio Ilaria Alpi nel 1998, nel libro “Il portiere di Ceaușescu”.
 L’autore immagina che Duckadam – incarnazione del blocco comunista, “muro rosso”, “saracinesca romena” – racconti la sua storia in prima persona: “Non avevamo neanche le magliette per giocare, né l’energia elettrica per allenarci la sera a Bucarest e non potevamo accendere i riflettori dello stadio. Facevamo luce con i fari delle auto”.

Il Partito comunista romeno aveva promesso ai calciatori un premio prestigioso in caso di vittoria della Coppa dei campioni, una somma di denaro e una moto oppure un’automobile. “Da noi non era facile avere un’auto. Facevi domanda per una Dacia 1300 e poi aspettavi mesi, e qualche volta anni, prima che te la consegnassero. Quindi era un buon incentivo. Ma non avevamo bisogno di motivazioni oltre la posta in palio. Tutti volevamo giocare e vincere la finale, per noi stessi e per la patria. Insomma ci sentivamo pronti, sapevamo che sarebbe stata dura ma volevamo vendere cara la pelle”.
Quando la Steaua rientrò in Romania, all’aeroporto 15 mila persone accolsero i giocatori e almeno altrettante scesero in strada per seguire il tragitto del pullman fino a Bucarest. Fu un fatto insolito per il Paese comunista, dove le manifestazioni spontanee di piazza erano vietate, ma il regime volle capitalizzare la vittoria. Il presidente Ceaușescu invitò la squadra a palazzo e Duckadam diventò per sempre l’eroe di Siviglia, l’uomo che era stato capace di regalare una notte di felicità a un popolo che viveva con le luci spente, senza riscaldamento e con il frigorifero vuoto.

Guy Chiappaventi, giornalista, inviato speciale del tg La7 e premio Ilaria Alpi nel 1998, è autore di numerosi documentari e reportage di cronaca e costume. Dopo aver raccontato la suburra di Roma, la mafia e la ‘ndrangheta, negli ultimi anni ha seguito la cronaca giudiziaria a Milano. Ha pubblicato cinque libri: il primo, Pistole e palloni sulla Lazio anni Settanta, ha avuto otto edizioni in quindici anni.