Paolo Malaguti “Fumana”, presentazione

Paolo Malaguti ci racconta una storia antica eppure ancora vicina. Un mondo perduto tra il fiume e la pianura, tra la pesca e la magia contadina, al centro del quale c’è un personaggio femminile tenace, alle prese con le aspettative di una società chiusa, a tratti meschina, e il desiderio di essere sé stessa.

Una storia piena di tenerezza sui legami e sulla trasmissione dei talenti, sull’accettazione del proprio destino ma anche sulla tenacia nel cercare la propria strada.(dal Catalogo Einaudi)

Nebbia fitta, questo il significato del suo nome, fumana nel dialetto della bassa padana dove la protagonista è nata nel 1882, a Voltascirocco, subito orfana di madre che muore di parto e orfana di un padre che forse è partito per cercare fortuna lontano da quella terra dove la miseria, come la nebbia, è di casa.

Sarà nonno Petrolio ad occuparsi di lei che da grandicella affiderà a Lena, la strigossa del paese, ovvero una segnatrice, una guaritrice, dalla quale Fumana apprenderà l’arte. Fumana scoprirà  così la sua vocazione.

“Una vicenda di formazione sulla scoperta di sé e del proprio posto in un mondo in rapido cambiamento, sull’amore e sui limiti della conoscenza, sulla diversità (e sull’ostilità che spesso essa produce), sulla violenza di genere e su quella operata dall’uomo sull’ambiente. E sulla volontà di fare del bene contro il pregiudizio e la maldicenza, perché, dice Lena alla sua protetta, il malocchio tutti possono farlo, «basta essere cattivi il giusto», ma loro due hanno il dono di levarlo, «e questa cosa qui mica sanno farla in tanti».
A un mondo ancestrale, regolato dal tempo ciclico della natura, si oppone l’avanzare inquietante del progresso, simboleggiato dalle mostruose idrovore”, così scrive Marzia Fontana nella sua recensione (dal Corriere 8 settembre 2024)

Paolo Malaguti è nato a Monselice (Padova) nel 1978. Con l’editrice Santi Quaranta ha pubblicato Sul Grappa dopo la vittoria (2009; Einaudi 2024), Sillabario veneto (2011), I mercanti di stampe proibite (2013). Con La reliquia di Costantinopoli (Neri Pozza 2015) ha partecipato al Premio Strega. Ha scritto inoltre Nuovo sillabario veneto (BEAT 2016), Prima dell’alba (Neri Pozza 2017), Lungo la Pedemontana (Marsilio 2018) e L’ultimo carnevale (Solferino 2019). Per Einaudi ha pubblicato Se l’acqua ride (2020 e 2023, Premio Latisana per il Nord-Est ex aequo, Premio Biella Letteratura e Industria, selezione Premio Campiello), Il Moro della cima (2022 e 2024, Premio Mario Rigoni Stern per la Letteratura Multilingue delle Alpi, Premio Monte Caio e Premio Vallombrosa), Piero fa la Merica (2023, Premio Acqui Storia, Premio internazionale Alessandro Manzoni), Fumana (2024) e Sul Grappa dopo la vittoria (2024).

Anna Parisi e Valentina Schettini “Quanti Quanti?”, presentazione

Illustrazioni scientifiche di Gilda Nappo

Anna Parisi e Valentina Schettini raccontano di onde e particelle, dialogano con scienziati scomparsi da tempo come Heisenberg e Schrödinger, e affrontano con gentilezza e competenza tutti gli aspetti della meccanica quantistica, dall’inizio della storia fino a un futuro che sembra incredibile. Accompagnato da una prefazione del Premio Nobel per la Fisica Gorgio Parisi, un libro che scardina i preconcetti sull’inaccessibilità della fisica, conducendoci in una delle materie più belle e affascinanti che ci siano.(da Salani Editore)

 Mi sono sempre accostata con sospetto reverenziale ai misteri, per me tali, della fisica, quasi un mondo che mi mette in soggezione anche se non manca di fascino per la sua capacità di scoprire l’infinitamente piccolo e le leggi che regolano e il nostro universo e la nostra quotidianità. Non nascondo la mia ignoranza pertanto testi come questo, delle due studiose con l’interesse alla divulgazione, Parisi e Schettini, mi attraggono immediatamente. E accolgo con piacere quindi quanto il Premio Nobel per la Fisica, Giorgio Parisi, afferma nella sua Prefazione al testo

“Da Planck ai Qbit, le autrici raccontano le intuizioni, i dubbi e i risultati sperimentali dell’enorme lavoro di squadra che ha avuto inizio nel secolo scorso nel campo della fisica e che ci proietta oggi verso il futuro. È una storia presentata in maniera semplice e comprensibile, evitando tuttavia le semplificazioni eccessive che a volte sfortunatamente sono fatte ed è anche, cosa importantissima, molto piacevole da leggere”.

Nella sua prafazione non mancano accanni interessanti ai quanti

“[…]si scopriva anche che quello che era stato chiamato atomo (dal greco ‘l’indivisibile’), la particella più piccola di ogni elemento presente in natura, era invece composto da particelle più piccole, nucleo e elettroni: il nucleo risulterà poi composto da protoni e neutroni, a loro volta composti da quark. Da quasi mezzo secolo ci si domanda senza successo da cosa siano composti i quark. Ma mentre questa divisione della materia in componenti sempre più elementari non sembra aver fine, sempre all’inizio del Novecento appare nella fisica il quanto, stavolta davvero indivisibile. Il quanto è la parte più piccola di ogni entità fisica ed è indivisibile”. 

Brevi note biografiche

Anna Parisi è laureata in fisica con una tesi sulle particelle elementari al CERN di Ginevra. Ha lavorato dieci anni nel centro di ricerca di una multinazionale. Ha vinto il Premio Legambiente 2001 per il volume Numeri magici e stelle vaganti e il Premio Andersen per la miglior collana di divulgazione con la serie Ah, Saperlo! – Introduzione alla fisica di cui ha scritto quattro volumi, tradotti in dieci paesi del mondo. Ha scritto voci di matematica, fisica e storia della scienza per l’Enciclopedia Treccani Ragazzi e ha collaborato con l’Agenzia Spaziale Italiana per testi destinati al grande pubblico. Attualmente si dedica a tempo pieno alla divulgazione scientifica (da Salani Autore)

Valentina Schettini si è laureata in Fisica alla Sapienza di Roma e ha conseguito un dottorato in Ottica quantistica al Politecnico di Torino. Ha lavorato come ricercatrice sperimentale all’INRIM di Torino e negli Stati Uniti al NIST e al MIT. Da dieci anni è traduttrice editoriale dall’inglese e redattrice, su testi di saggistica e scolastici. A questi impegni affianca la passione per la comunicazione della scienza, dedicandosi a vari progetti divulgativi.(da Salani Autore)

Giuseppe Berto “La Fantarca”, presentazione

È il 1965 quando Giuseppe Berto pubblica con Rizzoli La fantarca.[…] Berto esce completamente dai propri schemi e da quelli dell’epoca e scrive uno spassosissimo romanzo di fantascienza, fortemente legato al suo tempo ma anche tragicamente visionario. Siamo nel 2160[…], la Terra è divisa in due blocchi, entrambi controllati da macchine, identiche in tutto eccetto che per la forma: quella delle terre occidentali è un triangolo, l’altra un quadrato.(da Neri Pozza)

Neri Pozza ripropone il romanzo di Berto, un testo che si differenzia proprio per il genere e le tematiche dalle altre opere dello scrittore. È ambientato in un futuro molto lontano dove, nonstante il dominio delle macchine e della tecnologia, la questione meridionale è ancora irrisolta. Un progetto spaziale parrebbe poter sciogliere l’annosa questione: una nave spaziale dal promettende appellativo di Speranza N.5, carica dei 1347 terroni rimasti in Sud Italia, partirà per colonizzare Saturno. Imbarcati a forza i “terroni” paiono allegri e contenti anche se quell’euforia è dovuta alle pasticche somministrate dall’efficiente Comitato per la Felice Evacuazione delle Aree Depresse… Così, la Speranza N. 5, teleguidata dalla Terra, affronta il viaggio.

Un viaggio spaziale e speciale che con tono scanzonato e leggero metterà alla berlina le conseguenze assurde legate alla superbia e alla miopia umana, sì, perché mentre sulla Terra le due fazioni finiscono per distruggersi a vicenda, sull’astronave si sperimenta al contrario comprensione e indulgenza.

“Non fate l’errore di pensare che La fantarca sia una specie di operetta morale e che ci sia, appunto una qualche morale. Non c’è, e ce ne sono a migliaia, ma è inutile cercarle, perché il libro va verso qualcosa di più alto. C’è una storia, c’è La Storia, c’è la fantascienza (genere molto difficile da affrontare), lo humour”, così conclude la sua presentazione al testo Diego De Silva (La Stampa 3 settembre 2024)

Giuseppe Berto nasce a Mogliano Veneto il 27 dicembre 1914. Nel 1947 pubblica presso Longanesi Il cielo è rosso, su segnalazione di Giovanni Comisso. Tra il 1955 e il 1978, anno in cui si spegne a Roma, dà alle stampe, oltre al Male oscuro (Neri Pozza, 2016), Guerra in camicia nera Oh Serafina!. Con Neri Pozza sono stati ripubblicati La gloria (2017) e Anonimo veneziano (2018), per restituire all’apprezzamento dei lettori e della critica odierna l’opera di uno dei grandi autori del nostro Novecento. ( da Neri Pozza)

Shubnum Khan “Lo spirito aspetta cent’anni”, presentazione

“Ma quando la verità sembra vicina, un’ombra impalpabile e insistente inizia a risvegliarsi dal suo lungo sonno e ad Akbar Manzil cambierà ogni cosa. Per i vivi e per i morti”.(da Neri Pozza)

Traduzione di Simona Fefé

Una grande villa ormai in rovina e parcellezzata, un’adolescente con un grande dolore che l’attanaglia, la scoperta di una tragedia, di un amore fatto di tormento distruttivo: questi gli ingredienti chiave di una storia che intreccia più piani, il presente e il passato, il tangibile e l’immaginario, il possibile e impossibile, tra magico, fantasmi, misteri.

La giovane protagonista è Sana, una quindicenne che da quattro anni è orfana di madre. Il cocente dolore per la grave perdita che accompagna lei e il padre li spinge a trovare un nuovo luogo decidendo  di trasferirsi nella tenuta di Akbar Mansil, in Sudafrica: prima abbagliante e felice ora specchio dell’infelicità di chi ci vive e  diviso ormai in piccole residenze separate.

È in questo luogo che sa di abbandono ma si porta dentro il fascino degli antichi splendori che la giovane Sana ricostruisce, attraverso le esplorazioni nell’ala est, in una stanza chiusa e dimenticata, foto lettere e diari,  e scopre la storia di una donna morta cento anni prima in circostanze misteriose, Meena, e del suo amore per il costruttore di quella tenuta: il dolore le accomuna, anche se di origine diversa.

“Ma quando la verità sembra vicina, un’ombra impalpabile e insistente inizia a risvegliarsi dal suo lungo sonno e ad Akbar Manzil cambierà ogni cosa. Per i vivi e per i morti”.

Brevi note biografiche

Shubnum Khan è un’autrice e artista sudafricana. I suoi scritti sono apparsi su The New York Times, McSweeney’s, HuffPost, O, the Oprah Magazine, The Sunday Times, marie claire. È laureata in Anglistica e Media Studies all’Università di KwaZulu-Natal. Lo spirito aspetta cent’anni è il suo primo romanzo pubblicato in Italia (da Neri Pozza)

Salvina Pizzuoli “Il tempo smarrito. Memorie di un’ottuagenaria”, nuova edizione

Ora anche in cartaceo

Un racconto lungo di Salvina Pizzuoli dedicato ad una donna che racconta un breve arco della propria vita; un percorso su base storica che si muove lungo  i ricordi della protagonista: la nascita nel 1929, la seconda guerra mondiale, la mafia, il viaggio nel dopo guerra dalla Sicilia alla Toscana

Dalla quarta di copertina:

“C’è stato il tempo di vivere e dimenticare e c’è il tempo di rivivere; quale preferire e assecondare? Il dolore e la felicità sono gli stessi, la frustrazione e l’impotenza insopportabili”

Questa la frase a premessa del racconto, costruito su base storica, con il quale la protagonista introduce una narrazione che accompagna le fasi essenziali della sua vita dalla nascita agli anni del dopoguerra che decide di ripercorrere nel giorno del suo ottantesimo compleanno, tra ricordi, avvenimenti, personaggi reali e di fantasia, in un viaggio dalla Sicilia attraverso la Puglia e poi in Toscana. Il tema ripropone il tempo di cui non abbiamo memoria, un tempo smarrito che cerchiamo a volte senza risultato: perché ci sfugge?

Come inizia:

Il tempo dentro di me, il tempo che non si vede
e ci impasta
Mercè Rodoreda La piazza del Diamante

Prologo

Oggi è il mio compleanno, compio ottant’anni.

Il fastello degli anni, no, non mi angustia; sono traguardi legati ad una convenzione; dentro mi hanno appena sfiorata. Sono sempre io, mi riconosco. Ora che c’è più passato che futuro nella mia storia, lo inseguo, lo ripercorro, lo riassaporo, mi fermo a ripassare la mia vita, ma non sono in grado di scorrerlo tutto; questo è il mio cruccio. Sfugge al controllo una lunga parentesi della quale mi restano inspiegabilmente pochi episodi; riemergono con impazienza e stento a riconoscerli come miei, quasi fossero invecchiati precocemente, prima di me. La mente ritorna sempre più spesso a quel tempo sperduto nelle pieghe della memoria, ma così palpabile; mi turba, con i pochi frammenti rimasti.

Perché?

Qui la Presentazione e gli stralci

Silvio Raffo “I tuoi occhi nel buio”, presentazione

Nei romanzi di Silvio Raffo, stilisticamente segnati da una forte empatia con la dimensione poetica, il nucleo centrale è costituito da un amore impossibile. Qui il connubio romantico di Amore e Morte tocca il suo vertice, in un thriller minuziosamente costruito secondo la miglior scuola del giallo classico.(Da Elliot Edizioni)

La vicenda, ambientata tra Genova Milano e la Costa Azzurra, si svolge nello spazio di un anno ed ha per protagonisti un giovane attore, uno scrittore famoso, cinico e narcisista, e un terzo a completare il triangolo amoroso.

Tra palcoscenici, competitività, narcisismo e voglia di affermazione, il triangolo amoroso sfocerà in un delitto. Non solo una fatale love story, ma l’occasione per una introspezione pscologica quanto mai realistica di “un delitto geniale che elimina un ignaro avversario (quel terzo che non manca mai in una storia d’amore) e un sadico progetto per porre fine a un dolore insostenibile e punire il colpevole morale del dramma”, come si legge nella sinossi.

“Un giallo psicologico che attraverso la voce dell’io narrante sorprende e intriga raccontando una storia d’amore asimmetrica, con una tensione latente che aumenta pagina dopo pagina, sviluppando il letale connubio fra Eros e Thanatos”. Così Patrizia Violi definisce in apertura alla sua recenzione il romanzo di Raffo (da Il Corriere del 1 settembre 2024)

Silvio Raffo Poeta, traduttore, saggista e drammaturgo, ha al suo attivo più di dieci romanzi, tra cui La voce della pietra (già finalista al Premio Strega nel 1997, ora Elliot, 2018) da cui è stato tratto il film omonimo di Eric Howell con Emilia Clarke; con Elliot ha pubblicato anche Il segreto di Marie-Belle (2019), vincitore del Premio Lord Byron, Lo specchio attento (2020), Gli angeli della casa (2021, Premio Grottammare 2023) e L’ultimo poeta (2023). Ha curato L’amore che non osa (2018), Natura, la più dolce delle madri (2021) e Amore e anima (2024). È autore della biografia Io sono nessuno. Vita e poesia di Emily Dickinson (Elliot, 2022), poetessa della quale ha tradotto più di 1.500 poesie, per I Meridiani Mondadori e in varie antologie.

“Sirene. Il mistero del canto” a cura di Elisabetta Moro, presentazione

[…]Perché di contraddizione si tratta. Di una unione tra due nature, umana e animale, e proprio per questo l’esito è un essere fantastico destinato a impressionare nel profondo il nostro immaginario.(da Marsilio Editori)

Il saggio a cura di Elisabetta Moro indaga su circa tremila anni di mito, letteratura, arte, che ha come protagoniste le splendide sirene: unione stravagante di esseri umani e marini contraddistinte dal canto capace di rapire e suggestionare. E così la studiosa passa in rassegna opere, dipinti, pellicole e anche statue, come ad esmpio quella della Sirenetta al porto di Copenaghen, dimostrandoci che da lungo tempo esse occupano un posto preminente nella cultura dell’occidente. E non solo, un immaginario non  sempre univoco.

Ad esempio nei primi decenni del Novecento, Kafka ribalta il mito legato al canto e si sofferma al contrario sul silenzio delle sirene, forse ancora più pericoloso. E non solo Kafka.

Gérard de Nerval e Matilde Serao hanno celebrato in particolare una delle sirene omeriche, Partenope, la mitica fondatrice di Napoli. Franz Kafka come detto  le immagina mute, Ingeborg Bachmann ne invoca la furia distruttiva contro chi le ha spezzato il cuore.

Un fascino eterno si direbbe che dal XII canto del libro di Omero arriva ai giorni nostri con una serie televisiva dal titolo fascinoso appunto di “Sirene” che richiamano quel mondo immaginifico che per lunghissimo tempo le ha viste presenti e protagoniste.

Elisabetta Moro è professore ordinario di Antropologia culturale all’Università di Napoli Suor Orsola Benincasa. Condirettore del Museo virtuale della dieta mediterranea e del MedEatResearch. Presiede il comitato della cattedra Unesco in Intangible Cultural Heritage and Comparative Law dell’Università di Roma Unitelma Sapienza. È componente dell’Assemblea della Commissione Nazionale Italiana per l’Unesco. Editorialista del «Corriere della Sera», del «Mattino», collabora con canali radiotelevisivi come Rai e CNN. Tra i suoi libri: Sirene. La seduzione dall’antichità ad oggi (2019), L’enigma delle sirene. Due corpi un nome (2008), La santa e la sirena. Sul mito di fondazione di Napoli (2005), La dieta mediterranea. Mito e storia  di uno stile di vita (2014). Con Marino Niola ha scritto: Andare per i luoghi della dieta mediterranea (2017), Baciarsi (2021), Il presepe (2022), Mangiare come Dio comanda (2023).(da Marsilio Editori)

della stessa autrice, con Marino Niola, su tuttatoscanalibri

I segreti della dieta mediterranea.

Baciarsi 

Mangiare come Dio comanda 

Josina Fatuzzo “Nonostante i segreti del tempo”, Tipheret


Prefazione di Salvatore Scalia


Tipheret

Nonostante i segreti del tempo nasce da un’eredità e dall’incontro di due donne. Uno scherzo del destino o una sorta di santa provvidenza fa incontrare Maria Francesca, studiosa di storia contemporanea, con Viola, la vecchia proprietaria della villa che Maria Francesca eredita.  Maria Francesca è distrutta per aver scoperto il tradimento del marito, appena morto in un incidente d’auto: la sua esistenza giunge al punto più basso. Eppure viene aiutata dal confronto con questa donna, Viola, distante da lei nel tempo, negli anni, ma così vicina emotivamente al punto da essere spinta a ricostruirne la vita e gli amori attraverso un quaderno e alcune lettere che trova per caso.

L’esempio di Viola, l’infelice antenata, vessata dal marito e capace di rinunciare all’amore, sarà per Maria Francesca la forza di pacificarsi e riconciliarsi con sé stessa: dall’alto di questa nuova saggezza potrà contemplare l’umana miseria, a continuare a indignarsi certo, ma non a farsene condizionare.

L’Autrice ci offre la trama di un romanzo borghese ma allo stesso tempo anti-borghese: in una prosa a tratti spigliata e a tratti moralistica, mette a nudo di quel mondo la profonda ipocrisia e il continuo sbandierare buoni sentimenti che maschera spesso trame meschine.

Dichiara l’Autrice:

«Questo libro è nato dalla mia fantasia e dalla mia Immaginazione, anche se è stato alimentato dagli avvincenti racconti di molti miei familiari. Come quelli di due mie zie  sia sulla vita di una cugina (l’eroica Nina) come la chiamavano con enfasi, vissuta durante il Ventennio, lottando contro la società e la morale del tempo, per affermarsi come pianista e compositrice e sia sulle loro traversie affrontate durante la guerra e dopo lo sbarco degli alleati a Siracusa, quando furono costrette ad ospitare nella loro Villa  una parte delle truppe di stanza nel territorio aretuseo, compresi molti ufficiali del comando inglese

Dal libro:

«Avrei riletto il quaderno chissà quante altre volte ancora, come oramai facevo dalla sera precedente, (a parte le pause in cui mi addormentavo o mi preparavo una tazza di caffè) se le campane della chiesa vicina che annunciavano l’inizio dell’anno, il telefono e il campanello del portone non avessero squillato contemporaneamente. Il frastuono dei suoni così improvvisi ed insistenti, a cui, peraltro, si erano aggiunti anche quelli delle sirene delle navi ancorate nel porto e degli scoppi di numerosi mortaretti, mi aveva impedito, infatti, di immergermi nuovamente nella lettura degli sconcertanti scritti. Pur non avendo comunque intenzione di rispondere al telefono né di aprire la porta, poiché ero troppo sconvolta per ricevere gli auguri di chicchessia, avevo chiuso temporaneamente il quaderno e me ne ero andata in cucina per prepararmi un altro caffè. Invece, avevo fatto un pasto completo con pollo freddo, salame, formaggio e finanche con cioccolatini che avevo trovato in una scatola in salotto. Scoprendo via via che mangiavo di essere ancora affamata. Come se il cibo, di cui non mi saziavo, fosse l’unico mezzo per riprendere contatto con la realtà. Stavo ancora mangiando quando il telefono si era messo nuovamente a squillare. Questa volta, però, avevo deciso di rispondere. Poiché non volevo che chi stava dall’altro capo del filo potesse precipitarsi poi a casa mia, come l’altro che poco prima aveva pigiato fino a stancarsi il pulsante del campanello. Per fortuna era Emma! – Zia, – aveva urlato per farsi sentire, dato che l’indiavolato suono d’un pianoforte e un assordante coro sovrastavano la sua voce, – ti auguro un anno felice con tutto il cuore. Ti ho telefonato a mezzanotte, ma tu non hai risposto. Dov’eri? – Cosa potevo dirle? Che non avevo preso la cornetta perché mi era capitata l’incredibile caso di conoscere i segreti di una donna morta da decenni, che per giunta mi era sembrata fosse il mio alter ego? O perché ero troppo sdegnata verso coloro che l’avevano tormentata, morti anche loro ancora da più tempo?»

Josina Fatuzzo, nata a Roma, già docente di materie letterarie, oggi vive a Siracusa. Tra le sue pubblicazioni: La Mastrarua, A gloria dell’Alter ego (Premio Campofranco), Sinfonia per una donna sola (Premio Capuana), Cavalleria e Boccadiforno. Tra i suoi lavori teatrali: Come vecchi paltò e Teatro. Tra le sue molteplici attività culturali ha promosso il Premio “Processo all’Autore”, conferito a numerose personalità del mondo dell’arte e della cultura, tra le quali Dacia Maraini, Vincenzo Consolo, Gianni Amelio, Inge Feltrinelli, Orazio Costa, Enzo Siciliano, Luciano De Crescenzo.

Voland, novità in libreria

Roberta Lepri La gentile

“Avrei solo voluto svanire. Non essere, non essere stata,  non dover diventare.”

dal 6 settembre in libreria

Arrivata in Italia all’inizio del 1900, l’americana Alice Hallgarten sposa il barone Leopoldo Franchetti e lo convince a finanziare un grande progetto filantropico: la fondazione di una scuola per i figli dei contadini. La storia di Alice si intreccia così con quella di Ester, povera e senza istruzione, discendente di ebrei convertiti: una “gentile”.

Nata in una famiglia che non capisce le sue idee e la ostacola in ogni modo, grazie al sostegno della nobildonna la bambina può andare a scuola e coltivare la speranza di diventare un giorno maestra. Ma la salute della baronessa ben presto si aggrava, costringendola ad abbandonare Ester al suo destino…

Un romanzo storico appassionante che si interroga sui limiti dell’amore e sulla forza vitale dell’odio.

ROBERTA LEPRI

Nata a Città di Castello nel 1965, vive in Maremma. Dal 2003, ha scritto dieci romanzi e una raccolta di racconti. Con Voland ha pubblicato Hai presente Liam Neeson? (2021) e Dna chef (2023), vincitore del Premio Letterario Chianti 2024.

Besnik Mustafaj “L’estate senza ritorno”, Bibliotheka Editore

La prima traduzione italiana, in edizione integrale dopo la censura comunista: ‘L’estate senza ritorno’ di Besnik Mustafaj, politico e scrittore albanese.

A cura di Julian Zhara

Bibliotheka Editore

Sana ha atteso quarant’anni il ritorno di Gori, il suo fidanzato. Un giorno l’uomo compare sulla soglia di casa. Ma è cambiato. È pallido, non riesce più a ridere, il suo corpo non suda e ha il colore della calce; inoltre non ama incontrare persone, parla solo usando i verbi al passato, passa il tempo a leggere libri scritti da veterani di guerra. Che cosa gli è successo?

Primo romanzo onirico della letteratura albanese, “L’estate senza ritorno” di Besnik Mustafaj – proposto per la prima volta in traduzione italiana da Bibliotheka – è un’opera iconica della letteratura balcanica contemporanea

Disponibile in molte lingue e rivista dall’autore in varie edizioni, finalmente senza i tagli della censura comunista che l’avevano sfigurato, il libro viene presentato in versione integrale nella traduzione di Julian Zhara e con una postfazione dell’autore, che ricostruisce le vicende di un’opera che tra realtà e miraggio psicotico dà forma a una fiaba oscura e terribile in grado di intrecciare l’attesa e l’amore, la lealtà e i fantasmi del passato.

Per tutta la durata della dittatura, l’Albania aveva solo una casa editrice dedicata alla letteratura artistica, che fungeva da editore e contemporaneamente da ufficio della censura. Più che per la qualità letteraria, i manoscritti venivano giudicati in base a quanto il loro contenuto fosse in linea con la linea politica del Partito. Enver Hoxha aveva deciso chiaramente quale fosse il ruolo dello scrittore nella società albanese: “Aiutante del Partito nell’educazione comunista delle masse”. Nemmeno agli scrittori più famosi era capitato che la propria opera arrivasse dai lettori senza mutilazioni. Il problema, per gli autori, era l’entità e la qualità delle mutilazioni. Nessuno scrittore era esente dai cosiddetti “errori politici” ( dalla postfazione dell’autore)

Tra i maggiori scrittori albanesi contemporanei, Besnik Mustafaj ha lavorato come professore, traduttore e giornalista. Ambasciatore in Francia dal 1992 al 1997, è stato Ministro degli Esteri dal 2005 al 2007, per poi dimettersi e dedicarsi definitivamente alla scrittura. Autore di numerosi romanzi, saggi e raccolte poetiche, le sue opere sono tradotte in molte lingue e hanno ricevuto un largo consenso di critica. Nel 1997 ha vinto il premio “Méditerranée” per il romanzo Daullja prej letre (Tamburo di carta). “L’estate senza ritorno”, che in Francia ha consacrato Besnik Mustafaj come uno degli scrittori più importanti dell’est Europa, è diventato anche il soggetto di un film diretto da Besnik Bisha.