Emanuele Trevi “La casa del mago”, presentazione di Salvina Pizzuoli

Ponte alle Grazie Edizioni

Un romanzo in cui si racconta del rapporto genitori figli e più in particolare di padre e figlio; in questo di Trevi il padre, noto psicoanalista, viene presentato come un enigma, inconoscibile e sconosciuto ma accettato come tale: in una recente intervista infatti l’autore sottolinea come egli accolga “che ci sia una parte inconoscibile di lui” non solo perché spesso chiuso in quello che viene definito il “retrobottega” ovvero quel suo rifugiarsi interiore che segna un’evasione dal mondo esterno e dagli altri:

“aveva l’abitudine di andarsene nel bel mezzo di qualsiasi cosa e chi si è visto si è visto (“rimane l’involucro ma lui chissà dov’è”): difficile prevedere per quanto sarebbe stato via. […]Lui sembrava viverci in pianta abbastanza stabile nell’arrière boutique. Nel senso che poteva essere adorabile, ma la sua condizione naturale o meglio l’istinto primario, era quello del rintanato, del disertore dal consorzio umano”.

E altrove precisa

“Ma io lo amavo, e per me amare significa accettare l’enigma di una persona in quanto tale, non sono venuto al mondo per sciogliere nodi o scovare tesori”.

E poi c’è il rapporto con la casa, quella che era stata l’abitazione studio del padre, invendibile alla sua morte:

“Vendere casa di mio padre, la casa che aveva lasciato in eredità a me e a mia sorella, con tanto di breve lettera da aprirsi in caso di morte, così si leggeva sulla busta lasciata in bella vista su una mensola della libreria (come se la morte, tutto considerato, fosse un «caso» che poteva benissimo non verificarsi), vendere casa di mio padre si rivelò più difficile di quello che avevamo previsto” al punto che decide di andare ad abitarci e farne la propria casa.

E il racconto si apre alle scoperte ai ritrovamenti, il museo del padre, a quegli oggetti che potrebbero svelare l’uomo. E il raccontato si estende ai nuovi rapporti che vi si aprono: la visitatrice, una presenza notturna che si aggira tra le stanze lasciando segni del suo passaggio, la  Degenerata come aveva ribattezzato Rocio, “una donnetta peruviana, alta meno di un metro e sessanta,[…] incontrata per caso che lavorava a ore, facendo le pulizie nelle case dei dintorni”, la Gatta Morta amica e cugina della Degenerata, ma anche oggetti come i sassi che il padre lucidava con perizia fino a sviscerarne il colore e la sostanza, e il volume di Jung completamente pieno ai margini di annotazioni, e la scrivania e la sedia su cui sedeva il padre durante le analisi,  quasi simulacri; eppure “prevaleva la sensazione di non essere mai veramente solo: come se in quella casa il presente convivesse con il passato, o magari con il futuro, generando delle continue sovrapposizioni”

Un mondo nella casa del mago, e non poteva essere altrimenti e una conclusione, che nel testo non è tale ma chiarifica:

“Rimane da dire che quando sfoglio la copia ingiallita e squinternata del venerabile Libro dei mutamenti (lo tengo sempre dove l’ho trovato, sul ripiano della scrivania, accanto al telefono), cerco lo stesso esagramma, il sessantunesimo della serie: Ciung Fu, La veracità intrinseca.[…] Più di ogni foto e di ogni ricordo mio o di chi l’ha conosciuto, questa combinazione di linee mi appare il più fedele ritratto di quell’uomo meraviglioso e misterioso che è stato mio padre”.

Una precisazione sull’immagine di copertina, nell’intervista di Francesca Pellas su la Lettura del 9 settembre 2023, Trevi la rivela: un argento di Giosetta Fioroni le cui creazioni sono molto apprezzate e che il padre, dotato di un particolare genio per l’arte oltre ad essere un disegnatore, aveva intuito sin da quando l’artista lo dipingeva.

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