Roberto Piumini “Panegìmo e altri poemi”, Scalpendi Editore

Scalpendi Editore

C’è un luogo felice della letteratura, in cui scrittura poetica e narrazione sono rimaste unite. Lì, la voce (fiato/ suono/corpo/ritmo) non si limita alla cronaca lirica, all’avvenimento del sé, ma racconta storie, allarga il gioco all’avventurosa diacronia del mondo.

Dopo i suoi sonetti (nostrani ed elisabettiani) raccolte di canti, parodie (il Melangolo, Interlinea, Feltrinelli) dopo la traduzione dei Sonetti e di Macbeth di Shakespeare, di Paradiso perduto di Milton, di poemi di Browning, de l’Aulularia con finale apocrifo di Plauto (Bompiani, Einaudi) e i poemi de “Il piegatore di lenzuoli” (Marietti1820) Roberto Piumini propone ai lettori adulti l’oralità ricca e soddisfacente della poesia narrativa.

A Panegìmo, nella prima storia, accade di scrivere una poesia di tre versi, di assoluta perfezione. Per pubblicarla degnamente, intraprende un lungo viaggio, durante il quale i primi due versi perdono tutta la loro bellezza: nel primo caso salvandolo da una condanna a morte, nel secondo facendo innamorare una persona. Panegìmo raggiunge infine le Edizioni Stellari, dove l’ultimo verso incontra l’incresciosa avidità dell’editore, e sacrifica la perfezione che aveva conservato in un ultimo dono. Nel secondo poema, il solitario traghettatore Nemau trasporta di qua e di là del fiume, a lunghi intervalli, una viaggiatrice, diretta ogni volta a nuovi amori. A ogni passaggio, silenziosamente innamorato di lei, il traghettatore vede diminuire in lei la  bellezza, l’entusiasmo e la vitalità: fino a quando, con decisione sapiente ed efficace, lui risolve la questione. Nel terzo poema, uno straordinario mascheraio è ingaggiato da una duchessa per un carnevale, in cui Bamberto cade vittima innocente di un atroce scherzo di cortigiani, ed è condannato alla decapitazione. Nel buio della cella, con l’inconsapevole aiuto del mite carceriere Sciapignac, il mascheraio prepara quello che, insieme a certe cipolle e a un fedele cavallo, lo porterà a salvezza.

Oltre ai tre poemi, il libro propone un particolare gioco. Generoso è il gioco della lettura di poesia, in cui alla vastità-intensità-intimità della parola, risponde, con risonanze, ardimenti e movimenti, la visione di chi legge. A qualcuno piace prendere appunti, scritti a bordo pagina o in spazi tipografici vuoti, su foglietti inseriti fra le pagine, persino in quaderni di lettura, straordinari libri paralleli, preziosi e personali libri-risposta. In questo libro si dà spazio, nelle pagine di sinistra, ad alcuni dei tanti possibili giochi di lettura come la scelta del verso preferito, o meno apprezzato, la modifica, soppressione o aggiunta di un verso, tra quelli della pagina a destra. Lo stesso può farsi per più versi, in libero esercizio del gusto: avendo l’accortezza di accettare la scommessa metrica, rispettando il ritmo in endecasillabi del poema. Al di fuori di questi (o altri possibili) interventi sul testo, lo spazio di sinistra può servire a osservazioni linguistiche, critiche, riferimenti narrativi, notazione di ricordi o sviluppi di fantasia, e così via, in un’agenda operativa, linguistica e emotiva, pagina dopo pagina, del libro. Un’agenda che, oltre ad arricchire il contenuto espressivo del libro coi suoi momenti di gioco e memoria, lo renderebbe enormemente più ricco in quella situazione che, per un libro di poesia, è tra le più preziose: essere prestato, o regalato, a una persona amica o amata.

Roberto Piumini (Edolo, 14 marzo 1947) vive a Milano, è uno scrittore, poeta e autore televisivo italiano. Per adulti ha pubblicato, presso più di 30 editori, racconti, romanzi, raccolte di poesie, poemi, testi di poesia e prosa su illustrazioni e fotografie. Ha pubblicato prose e poesie su riviste letterarie e giornali. Molti suoi libri per bambini e ragazzi, e alcuni di quelli per adulti, sono tradotti in una ventina di lingue. Ha scritto una ventina di libri a quattro mani con altri Autori, per bambini, ragazzi e adulti. Ha scritto una cinquantina di testi di poesia, in scambio con materiali di memoria locale e personale, tradizioni, esperienze, personaggi, disegni, fotografie, di gruppi di bambini, ragazzi e adulti, in varie località italiane. Oltre a permettere esperienze di poesia-presente, e letture molto partecipi della poesia, ha sviluppato questi testi in mostre di lettura nonché elaborazioni teatrali o filmiche. 

Dello stesso autore su tuttatoscanalibri

“Il piegatore di lenzuoli”

Giovanni Granatelli “Resoconto” , Scalpendi Editore

Scalpendi Editore

Vent’anni di scrittura in versi, edita e inedita, selezionati e raccolti in questa antologia, vero e proprio resoconto letterario ed esistenziale, esaustivo repertorio di un autore appartato quanto intenso, di una poesia asciutta che ha il timbro del testimone e riesce negli anni a mantenersi felicemente lontana, nella sua musicale sobrietà, da facili esche, ammiccamenti e colpi a effetto.

Ogni parola è scelta con cura. Ogni verso adagiato sulla carta con eleganza (Fabio Simonelli, Poesia)

Sono parole che rendono seria la questione del perché si scrive e del perché si vive (Pierangela Rossi, Avvenire)

Il passo del respiro come scomposta e inevitabile preghiera per ristabilire a ogni gesto quotidiano la sacralità (Franco Manzoni, La Lettura)

Giovanni Granatelli è nato a Catania nel 1965 ma vive sin da bambino a Milano dove lavora da sempre nel mondo dell’editoria. Tra i suoi libri Musica questuante (Nino Aragno, 2014, Premio Tra Secchia e Panaro, Premio Città di Arcore, Premio il Meteo di Guido Gozzano) e il più recente Un tentativo di gioia (Nardini, 2021, selezione Premio Camaiore)

La collana Assemblaggi e sdoppiamenti è diretta da Monica Romano.
Assemblaggi e sdoppiamenti sono solitamente termini poco associati alla parola, indicano gesti concreti che lavorano con la materia, che si offre con la sua inerzia e potenza come fa il mondo. L’assemblaggio non è indistinta mescolanza e lo sdoppiamento non è semplice scissione. Quello che si traccia confini di uno spazio aperto nel quale trovano luogo le forme di ciò che sta accadendo al linguaggio poetico, non solo all’interno di ogni singola proposta ma nel paesaggio complessivo che i diversi testi compongono. Movimenti simili e dissimili, sovrascritture in controluce che lasciano spazi bianchi in attesa di ulteriori impressioni.

Michele Greco “In buone mani”, Scalpendi Editore

Una storia vera

Per Scalpendi editore nasce la collana “Elementi narrativi”, diretta da Fabio Vittucci, che pubblica opere prime di autori nuovi. 

Elementi narrativi nasce dalla necessità di pensare una collana per voci nuove, come sono stati i famosi “Gettoni”, la collana ideata da Vittorini per Einaudi negli anni ’50. Il sogno di Vittorini era quello di intercettare delle voci nuove, Scalpendi guarda a quel modello come a un modello unico, inarrivabile, ma di grande ispirazione, proponendo con coraggio esordienti che hanno qualcosa di particolarissimo che li contraddistingue. Sono libri che hanno alle spalle un’esperienza o un sentimento forte che però ha trovato una forma, non convenzionale, che arriva proprio perché è nata dentro l’esperienza, un’esperienza vera, non pensata a tavolino.  Nella collana “Elementi narrativi” esperienza e forma nascono insieme e questa è la caratteristica che li accomuna. Da sottolineare, infine, la qualità della veste grafica che si ritrova anche in questa nuova collana, infatti la prima cosa che si nota toccando i libri di Scalpendi è la cura dei materiali, la scelta estetica estremamente riconoscibile, la copertina rigida, e un’identità  ben definita.

Questo è un libro nudo, anzi senza pelle, carne viva. Durissimo ma sorprendentemente sincero, quasi viscerale. Eppure misurato, pieno di grazia, di rispetto, di pudore. Intimo ma anche in qualche modo universale. La nascita la morte la malattia il dolore la gioia il rimpianto la paura. Il filo conduttore dell’amore che racchiude tutte queste cose insieme. Sono temi di tutti, necessariamente. Le parole asciutte, prive di retorica, eppure calde e vive restituiscono il senso di un’esperienza fortissima di passaggio, di un passaggio cruciale. Sembra quasi che il lettore possa partecipare a quel passaggio o che comunque sia messo in condizione di comprenderlo a pieno.

Il libro raccoglie la testimonianza vivida dei giorni e delle emozioni vissute dall’autore durante la lunga degenza del figlio in ospedale. Scritto in prima persona, mette in luce come ogni legame porti con sé dei rischi e che amare significhi anche confrontarsi con una possibile perdita. Matteo, il secondogenito di Michele, a pochi giorni dalla nascita, è colpito da un’emorragia cerebrale e viene ricoverato d’urgenza a Roma. In quei giorni Michele si trova a condividere con la moglie una riflessione sul tempo e le cure da dedicare a Matteo, e sull’accudimento del figlio maggiore di soli sette anni. Ma c’è anche altro da gestire: l’angoscia per un’ipotetica disabilità futura che potrebbe scaturire dalla malattia e l’aggravarsi delle condizioni del padre, affetto da morbo di Alzheimer. Dopo tre interventi alla testa e una lunga convalescenza, Matteo viene dimesso in buone condizioni. Il padre invece morirà qualche giorno dopo.

Michele Greco (Palermo 1968), dopo la laurea in Economia, si trasferisce a Roma dove lavora come funzionario presso un’istituzione pubblica. Ha una moglie e due figli, ed è stata proprio la malattia di Matteo, secondogenito, a sollecitargli la scrittura di “In buone mani”. Lettura e scrittura figurano tra le sue più intense passioni.