Alessandro Magrini “Nel segno di Thot. La meravigliosa avventura dei numeri dall’antichità all’età moderna”, presentazione

[…]Muovendosi con disinvoltura tra l’Egitto del IV millennio a.C. e le scuole d’abbaco medievali, maneggiando pazientemente i chiodini che scorrevano sulle «calcolatrici» romane e i gettoni usati da papa Silvestro II a ridosso dell’anno Mille, percorrendo coi mercanti (e i matematici) arabi le strade fra la valle dell’Indo e il Marocco, Alessandro Magrini affronta queste e moltissime altre questioni in Nel segno di Thot, seguito ideale de Il dono di Cadmo, in cui ci ha accompagnato alla scoperta dell’alfabeto. 
E anche qui aneddoti, curiosità e soprattutto la chiarezza espositiva e la passione che traspare da ogni pagina rendono godibilissimo uno studio pur così documentato.
(da Ponte alle Grazie)

Se alle origini due i modi differenti di concepire la matematica e l’idea di numero: se per alcuni gli enti matematici siano simili alle idee platoniche, esistono da sempre e l’uomo li «scopre»; altri  dubita invece dell’esistenza di una realtà indipendente e pertanto se per i primi i numeri sono concetti innati, non così per i secondi; modi differenti che hanno caratterizzato la concezione fino al Settecento, come si legge  Nel segno di Thot di Alessandro Magrini (seguito di Il dono di Cadmo, dedicato alla scoperta dell’alfabeto), successivamente la questione si è manifestata ben più complessa.

Anche  “Nel segno di Thot” è un viaggio nel tempo e nello spazio, tra aneddoti e curiosità, pagine piacevoli e divulgative nonostante la materia, per molti, abbia ancora del misterioso, scoprendo con stupore quali meraviglie l’uomo è stato capace di creare con quei segni che nel tempo sono stati vergati con il gesso, con il calamo, la cannuccia appuntita di cui anticamente ci si serviva per scrivere, fino  alla penna: un viaggio, che ha il suo inizio nel mito che racconta che il dio Thot ne fece dono agli antichi egizi, alla scoperta da dove vengano i numeri, del modo di contare e le diverse operazioni.

Alessandro Magrini dopo gli studi di filologia classicaed egittologia presso La Sapienza di Roma, dove ha tenuto interventi sull’insegnamento del latino e sull’utilizzo dell’informatica come strumento per la scrittura e la catalogazione dei testi in geroglifico, non ha mai smesso di coltivare la passione per lo studio delle lingue e del mondo antico. Guida turistica abilitata di Roma e Provincia, attualmente redattore presso la casa editrice Futura, sin da giovanissimo ha collaborato con i Gruppi Archeologici d’Italia e con il Centro Italiano di Archeologia Sperimentale. Per Ponte alle Grazie ha pubblicato Il vero amore è quando si amorano tutti. Dialoghi di una bimba col suo papà dalla nascita ai quattro anni (con sua figlia Elena, 2020) e Il dono di Cadmo. L’incredibile storia delle lettere dell’alfabeto (2022).(da Ponte alle Grazie)

Margaret Atwood “Il canto di Penelope” recensione di Salvina Pizzuoli

Traduzione di Margherita Crepax per Ponte alle Grazie, 2018

Un esempio di riscrittura datato nella prima stesura 2005 e firmato Atwood. Penelope è la protagonista di un suo ultimo canto, un riscatto, senza temere né gli dei né gli uomini, racconta dall’Ade di sé in prima persona: giovane sposa, poi regina di un regno abbandonato dall’eroe scaltro e bugiardo che partito un giorno per Troia non vi ha fatto più ritorno, l’uomo che conosciamo nei versi immortali dell’Odissea, protagonista di avventure e di viaggi nel periglioso mare che sarà costretto a percorrere incontrando pericoli e mostri e dee e che, ritornato a Itaca, saprà far valere i suoi diritti di re: uccide i Proci, gli usurpatori, e impicca le dodici ancelle

Come quando dei tordi con grandi ali o delle colombe/ si impigliano dentro una rete, che stia in un cespuglio…/così esse tenevano in fila le teste, ed al collo/ di tutte era un laccio, perché morissero d’odiosissima morte./ E per un po’ con i piedi scalciarono, non molto a lungo (Odissea XXII 465 – 473)

Nell’Introduzione la Atwood chiarisce il motivo che l’ha spinta alla ricerca e alla documentazione perché ”la storia così come viene raccontata nell’Odissea, non è del tutto logica” – scrive volutamente sibillina – “ci sono troppe incongruenze. Sono sempre stata tormentata dal pensiero di quelle ancelle impiccate e, nel Canto di Penelope, anche Penelope lo è”.

Chi presume di trovarsi di fronte ad un saggio sbaglia, in realtà la documentazione le è servita per raccontare meglio Penelope che in questa breve narrazione riferisce una storia in una chiave tutta al femminile, una confessione molto asciutta, priva di fronzoli o appigli emotivo emozionali, a tratti irriverente, a tratti volutamente eccessiva e ironica quando propone momenti della sua vita nell’Ade, tra il suo passato e il presente, nel mondo attuale. Alle pagine in prosa seguono anche in poesia: è il canto delle ancelle, il Coro della tragedia greca, le dodici ancelle impiccate, le altre voci al femminile che non esauriranno mai la loro volontà di sapere il perché, incalzando Odisseo anche nelle sue nuove vite.

Una lettura diversa dell’Odissea, da un nuovo punto di vista, spiazzante, decisamente interessante.

Della stessa autrice:

“Moltissimo”

Tornare a galla”