“Il centravanti e La Mecca. Calcio, Islam e petroldollari”, Paesi Edizioni

Un saggio a cura di Rocco Bellantone, con il contributo di Marco Cochi, Beniamino Franceschini, Stefano Piazza, Marco Spiridigliozzi e Davide Vannucci. Prefazione di Roberto Tottoli, rettore dell’Università L’Orientale di Napoli

Paesi Edizioni

I discussi Mondiali in Qatar, l’acquisto di Manchester City e PSG da parte degli sceicchi del Golfo, la tratta dei talenti africani, l’oscurantismo dei Talebani, le proteste in Iran: storie, curiosità e aspetti poco noti del calcio contemporaneo e del suo forte legame con la politica nel mondo islamico.

Prima di darsi alla politica Erdogan è stato per anni uno spietato attaccante nelle serie minori turche, guadagnandosi in campo il soprannome di «Imam Beckenbauer». Una delle passioni segrete del leader di Al Qaeda Osama Bin Laden era il tifo per la squadra londinese dell’ArsenalSaddam Hussein sognava di vedere la nazionale irachena ai Mondiali di Messico ’86. Per riuscire nell’impresa assoldò quattro allenatori brasiliani, passati poi alla storia come i «Califfi di Baghdad». Questi e altri aspetti poco noti del calcio contemporaneo e del suo forte legame con la politica nel mondo islamico sono racchiusi ne Il centravanti e La Mecca. Calcio, Islam e petroldollari, un saggio a cura di Rocco Bellantone e realizzato con il contributo di Marco Cochi, Beniamino Franceschini, Stefano Piazza, Marco Spiridigliozzi e Davide Vannucci.

Impreziosito dalla prefazione di Roberto Tottoli, rettore dell’università L’Orientale di Napoli, il libro inchiesta svela il rapporto tra calcio e mondo islamico: dall’oscurantismo dei Talebani agli attentati jihadisti, dalla tratta dei talenti africani agli stadi vietati alle donne in Iran, dall’acquisto di Manchester City e Paris Saint-Germain da parte degli sceicchi del Golfo ai discussi Mondiali in Qatar.

In teoria, ma solo in teoria, il calcio è uno sport ateo. «La verità, però, è ben altra – scrive Rocco Bellantone nell’introduzione. I credi religiosi, infatti, si sono ormai posizionati da tempo in pianta stabile sui terreni di gioco. E se fino a qualche anno fa si trattava per lo più di un affare tutto cristiano, con il proverbiale segno della croce ad accompagnare puntualmente il fischio d’inizio di ogni partita, oggi anche i calciatori musulmani non fanno più mistero della loro fede. E l’aumento della loro esposizione mediatica sta andando di pari passo con la crescita del peso – politico e soprattutto economico – di sceicchi e businessman del Golfo Persico e dell’Asia sul calcio internazionale. La Premier League, la lega più ricca e spettacolare del pianeta, non poteva che fare da apripista a questa tendenza. Negli ultimi anni calciatori del calibro di Mohamed Salah, stella del Liverpool, Sadio Mané, passato dai Reds ai tedeschi del Bayern Monaco, e Paul Pogba, tornato alla Juventus dopo un’esperienza poco esaltante al Manchester United, hanno trascinato nel rettangolo verde la loro fede in Allah. Il resto lo hanno fatto i loro profili social, seguiti in tutto il mondo da decine di milioni di follower».

“È la guerra, bellezza!”, Paesi Edizioni

Un saggio sulla libertà di stampa ricco di contributi esclusivi. Con la prefazione di Anna Zafesova, il libro raccoglie le testimonianze di chi è impegnato a raccontare conflitti e crisi internazionali

a cura di Luciano Tirinnanzi

L’inviato di guerra e la ricerca della verità, l’impegno incessante di chi si assume il compito di riportare i fatti, sgombrando il campo da faziosità e fake news. Questo il cuore dell’opera.

All’interno sono raccolti fatti noti e meno noti, arricchiti dai racconti personali di chi ha vissuto sulla propria pelle vicende come la guerra in Ucraina, il conflitto più mediatico che la storia ricordi. «Vedere con i propri occhi. Il giornalismo degli inviati di guerra ha il valore supremo della testimonianza – scrive Anna Zafesova nella prefazioneLa lista delle celebri foto storiche frutto di una accurata messinscena – come quella della bandiera rossa issata sul Reichstag nel maggio del 1945 – è lunga, e le imposizioni della censura militare sono ovvie. Eppure una testimonianza oculare continua ad avere ai nostri occhi il valore della inconfutabilità. È il principio che spinge i corrispondenti di guerra a rischiare in prima linea, per accorciare la catena dei testimoni a un solo anello, dall’inviato al lettore/spettatore».

Il titolo È la guerra, bellezza!  «è preso in prestito dalla celeberrima battuta pronunciata da Humphrey Bogart in L’Ultima minaccia (1952) – spiega l’editore e giornalista Luciano Tirinnanzi che ha curato il volume. Parafrasando quella leggendaria frase – “È la stampa, bellezza! E tu non puoi farci niente!” – abbiamo voluto sottolineare come anche (e soprattutto) in tempo di guerra, la libertà e il pluralismo dell’informazione non si arrestino di fronte a minacce e censure da parte di gruppi di pressione, interessi economici, governi stranieri. Ma se questo è possibile, se l’esercizio della libera opinione e il diritto alla conoscenza sono ancora salvaguardabili nella nostra società, lo dobbiamo anzitutto ai “soldati dell’informazione”».

In un unico saggio sono raccolte le voci dei grandi reporter italiani della prima linea dell’informazione, come Francesca Mannocchi, Alberto Negri, Andrea Purgatori, Giuliana Sgrena, Lorenzo Cremonesi, Fausto Biloslavo, Gian Micalessin, Francesco Semprini, Ugo Tramballi, Giampaolo Cadalanu, Giordano Stabile, Cristiano Tinazzi, Monica Perosino, Domenico Quirico e Stefania Battistini.

 «C’è una data che ha segnato il cambiamento epocale del mestiere di inviato di guerra – scrive Alberto Negri. È la notte tra il 16 e il 17 gennaio 1991, quando la Cnn trasmette in diretta i bombardamenti su Baghdad nella prima guerra del Golfo. Da quella diretta il nostro mestiere, soprattutto quello del giornalista della carta stampata, si è trasformato in modo sempre più radicale. Perché il giorno dopo non ci si sarebbe più potuti limitare a descrivere i bombardamenti a cui avevamo assistito la notte precedente, ma avremmo dovuto spiegare cosa c’era dietro quei bombardamenti, raccontare qualcosa di diverso rispetto alle immagini che erano già state trasmesse in tv»

«Dove inizia e dove finisce la nostra opinione sui fatti che osserviamo? Anche questo è un grande, spesso insoluto, dilemma per noi giornalisti – sottolinea Francesca Mannocchi.  Ognuno di noi sta da una parte del mondo. L’onestà nel fare questo (meraviglioso) mestiere non consiste, io credo, nel neutralizzare le proprie opinioni; sarebbe impossibile, ipocrita solo pensarlo. L’onestà, io credo, consiste nell’essere rigorosi nella cronaca di quello che vediamo, anche quando quello che vediamo non ci piace, o peggio disintegra le nostre convinzioni precedenti. Il dubbio, appunto».

Alfredo Mantici “Spie atomiche”, Paesi Edizioni

Il peccato originale della guerra fredda

Nel nuovo saggio di Alfredo Mantici, l’ex numero uno del Dipartimento Analisi del Sisde – autore anche del best seller Spy Games – svela il peccato originale della guerra fredda: come le spie di Mosca “rubarono” la bomba nucleare agli Usa, innescando la corsa al riarmo.

Chi consegnò ai russi i segreti per produrre la bomba nucleare? Decine di agenti infiltrati nei Paesi comunisti, molti dei quali furono poi “bruciati” e persero la vita a causa delle loro attività spionistiche, che per una quindicina di anni trasmisero puntualmente a Mosca segreti politico-militari, analisi economiche e scientifiche e progressi sulle ricerche nucleari e la decisione di produrre la bomba. Le loro incredibili storie sono svelate nel libro Spie Atomiche. Il peccato originale della guerra fredda da Alfredo Mantici, ex capo del Dipartimento Analisi del Sisde, il servizio segreto interno italiano.

Mantici è un maestro nello spiegare come le più straordinarie imprese dell’intelligence abbiano condizionato il corso della storia militare politica e dell’umanità.

Adesso, nel secondo libro della collana che racconta le storie dei protagonisti dello spionaggio (il primo è il best seller Spy Games – Le più grandi operazioni d’intelligence della storiaè presente anche una galleria fotografica con i volti delle spie, fotografie singole o di coppia come quelle di Lona e Morris Cohen o Ethel e Julius Rosenberg, insieme nella vita e nel condurre le imprese che portarono alla corsa al riarmo.

«Quando, alla fine della Seconda guerra mondiale, i russi avanzarono verso Berlino, negli ultimi dieci giorni di battaglia per prendere la capitale tedesca già distrutta dai bombardamenti, persero centomila uomini senza battere ciglio» scrive Mantici nella premessa. «Questi sono i russi. Un popolo che non si arrende perché ha una resilienza millenaria, essendo abituato praticamente a tutto: agli zar, a Stalin, a vivere sotto il comunismo. Sottovalutarli significa perdere. Se i sovietici alla fine sono usciti sconfitti dalla Guerra Fredda, tuttavia sono stati capaci di resistere allo schiacciante predominio americano ben oltre le loro possibilità. E ciò lo si deve anche alla determinazione delle loro spie. Ecco perché, nel confronto con la Russia le agenzie d’intelligence occidentali non possono trascurare gli aspetti culturali degli interlocutori che hanno di fronte. Ogni volta che hanno sottovalutato l’avversario, il risultato ha premiato la resilienza di Mosca. E le storie sulle “spie atomiche” che seguono, sono qui a testimoniarlo».

Alfredo Mantici, Classe 1950, nato a Roma, laurea in medicina, è entrato nel Sisde nel 1979 e ha scalato tutti i gradini della carriera interna fino al 2002, quando è divenuto Capo del Dipartimento Analisi. Si è occupato di sicurezza, relazioni esterne, contro-spionaggio e della direzione della Scuola di Addestramento Sisde. Oggi è professore universitario e già autore del best seller Spy Games.

Dello stesso autore per Paesi Edizioni nella Collana Intrigo

Spy Games ha inaugurato la nuova collana ‘INTRIGO’ di Paesi Edizioni, dedicata al mondo dell’intelligence

Se oggi la raffigurazione dei moderni servizi segreti è resa popolare, e nel contempo rielaborata dalla sua rappresentazione fantastica attraverso film e romanzi (che hanno contribuito alla creazione di miti e leggende spesso poco aderenti con la realtà), uomini non meno leggendari – ma autentici – ne hanno invece fatto parte, scrivendo importanti pagine di storia. Spesso, al prezzo della propria vita e peraltro senza comparire mai. Di alcuni di loro conosciamo i nomi, di altri non sapremo mai. «Spy Games» intende restituire a tutti loro un po’ di meritata gloria.

“La fiera dell’est. Russia e Turchia alla conquista del Mediterraneo allargato”, di Nicola Lippolis, Paesi Edizioni

Nel saggio di Nicola Lippolis, le mire neo-ottomane di Erdogan, la sfida di Putin all’Occidente, il conflitto in Ucraina e le trappole del Medio Oriente. Un libro per comprendere l’attualità e risalire alla fonte della crisi

Il conflitto in Ucraina e l’instabilità del Mediterraneo, teatro di guerre e tensioni, continuano a mettere in discussione quegli equilibri occidentali che si ritenevano consolidati: cosa sta accadendo? A risalire alla fonte della crisi è lo studioso ed esperto di relazioni internazionali Nicola Lippolis che, nel nuovo saggio La fiera dell’Est. Russia e Turchia alla conquista del Mediterraneo allargato, propone un’analisi dell’epocale avanzamento delle due nazioni nell’area Mena (Medio Oriente e Nord Africa), a scapito soprattutto di Stati Uniti, Unione Europea e Italia.  

Gli attori in gioco e i teatri di crisi, l’ascesa di Mosca e l’avanzata turca, gli Stati Uniti in fuga e lo smarrimento dell’Europa, sono questi i punti attraverso cui l’autore studia e osserva lo scenario geopolitico attuale, risalendo fino alle origini della crisi che, da decenni, travaglia l’area del Mediterraneo e i suoi dintorni. Il saggio in particolare focalizza l’obiettivo sul ruolo, gli interessi e le interferenze della Russia e della Turchia.Forti di un approccio pragmatico e interventista in politica estera, Putin ed Erdogan in pochi anni hanno dominato le sorti di conflitti annosi, come quelli di Siria e Libia, mettendo a nudo i limiti di strategie e visioni di Stati Uniti e Unione Europea. «Quella tra Russia e Turchia in Nord Africa e Medio Oriente è una strana convivenza. Nessuna delle due potenze può ritirarsi dai teatri di crisi in cui è intervenuta. Nessuna delle due può vincere escludendo l’altra» scrive l’autore nel libro. Ma la loro sete di potere potrebbe spingergli a compiere nuovi passi falsi, riducendo al collasso i popoli e le nazioni che governano. Se Erdogan è stato sul punto di abdicare nel golpe dell’estate 2016, con l’invasione dell’Ucraina Putin ha inaugurato la stagione più difficile della Federazione russa da quando è alla guida del Cremlino.

«Il libro di Nicola Lippolis – sottolinea nella prefazione al volume Michela Mercuri, docente universitaria ed esperta di storia e geopolitica del Mediterraneo – riesce a delineare in modo chiaro e puntuale la complessità e la fragilità di questo spazio geopolitico, a partire dalla cosiddetta “sponda Sud” del Mare Nostrum troppo spesso dimenticata».

Nicola Lippolis, pugliese, classe 1976. Studi universitari in Scienze politiche, coltiva da anni la passione per gli affari internazionali. Ricopre un ruolo quadro nella Pubblica amministrazione. Ha compiuto missioni diplomatiche in diversi Paesi del Medio Oriente. Il suo ultimo impiego è stato nel Corno d’Africa.

“NAZILAND. Quella macchia nera nel cuore d’Europa”, di Stefano Grazioli, Paesi Edizioni

in libreria da domani 5 agosto

Il politologo e giornalista esperto di cose tedesche e spazio post sovietico indaga nel libro le radici profonde del neonazismo, dalla fine della Seconda Guerra Mondiale ai gruppi neonazisti armati riemersi oggi con il conflitto tra Russia e Ucraina, passando nei turbolenti anni Settanta e Ottanta delle Germanie divise

Odio razzista, xenofobo e antisemita: nella storia della Germania riunificata, la violenza targata estrema destra, nelle sue varie ramificazioni, ha lasciato una lunga scia di sangue che ha contagiato tutta Europa. La ricostruzione di come sia nata e dilagata questa macchia nera nel Vecchio Continente è racchiusa nel libro Naziland di Stefano Grazioli, politologo e giornalista che di cose tedesche e spazio post sovietico si occupa da vent’anni, lavorando a Colonia, Vienna e Kiev come autore freelance per testate italiane e straniere.
 
Le radici del neonazismo sono profonde, partono dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, passano nei turbolenti anni Settanta e Ottanta nelle Germanie divise e arrivano sino ai giorni nostri. La presenza di gruppi neonazisti armati in Europa è riemersa potentemente con il conflitto scatenato dalla Russia in Ucraina, ed è stata documentata oltre ogni ragionevole dubbio. Wagner Group, Svoboda, Pravy Sektor. E ovviamente l’ormai famoso Battaglione Azov. Sono solo alcune delle sigle appartenenti al pantheon dell’ultradestra o venate di simpatie hitleriane, a vario titolo impegnate nei combattimenti in Ucraina tanto da un lato quanto dall’altro.
 
Impreziosito dalla prefazione di Emanuele Fiano, deputato del Partito Democratico e membro della Presidenza del gruppo PD alla Camera dei Deputati, il libro di Stefano Grazioli è un’analisi agile e precisa su un pericoloso fenomeno che continua a gettare sul nostro continente l’ombra di un odioso passato che non riusciamo ancora a sradicare.

Stefano Grazioli – Da vent’anni si occupa di cose tedesche e di spazio post sovietico come autore freelance per testate italiane e straniere. Ha lavorato a Colonia, Vienna e Kiev. In italiano ha pubblicato tra l’altro La Galassia Neonazista in Germania e in Austria (2002), Vladimir Putin, la Russia e il Nuovo Ordine Mondiale (2003), Estremisti e leader carismatici nell’Europa d’oggi (2004), Gazprom il nuovo impero (2011), Putin 4.0 (2018), Ucraina 2009-2019, Appunti da un Paese che non c’è più (2019).

Alberto Simoni “Ribelli d’Europa”

Viaggio nelle democrazie illiberali da Visegrád all’Ucraina

«Stiamo costruendo uno stato volutamente illiberale, uno stato non liberale perché i valori liberali dell’Occidente oggi includono la corruzione, il sesso e la violenza».
Viktor Orbán

Paesi Edizioni

Prefazione di Paolo Valentino

C’è un posto nel cuore della Mitteleuropa che negli ultimi anni si è trovato al centro delle vicende politiche del Vecchio Continente, un luogo simbolico dove la storia si intreccia oggi più che mai con l’attualità. Si chiama Visegrád. Da qui è partita la linea dura di UngheriaPoloniaRepubblica Ceca e Slovacchia contro Bruxelles. Temi: i migranti, il braccio di ferro sulla giustizia e lo stato di diritto, sino allo scontro sul budget e i fondi europei del piano di ripresa dal Covid. E oggi la guerra tra Russia e Ucraina e le sanzioni contro Putin

Il premier ungherese Viktor Orbán guida il fronte di questi quattro Paesi che vogliono cambiare l’Ue, limitandone il raggio d’azione per custodire la sacralità della sovranità nazionale. La loro politica «ribelle» contagia e infiamma già minoranze rumorose nel resto d’Europa, che al tribuno ungherese e alla fierezza identitaria polacca guardano con ammirazione.

Questi i temi al centro del nuovo saggio Ribelli d’Europa. Viaggio nelle democrazie illiberali da Visegrád all’Ucraina del corrispondente dagli Stati Uniti per La Stampa Alberto Simoni.

Un libro – spiega l’autore nel prologo – nato «il giorno in cui ho deciso che avrei intervistato Viktor Orbán. Ho cominciato a studiare il personaggio, a immergermi nella storia dell’Ungheria, a sfogliare riviste, a consultare libri, a contattare esperti, reduci del 1989, vecchi amici e nuovi avversari, politici, diplomatici, analisti; sono andato tante volte a Budapest dove in realtà ho finito per essere più attratto dal goulash di un ristorante sulla collina di Buda che dalla ricerca. Ma tant’è. Anche lo stinco polacco ha avuto quasi la stessa forza attrattiva nelle varie tappe in quella bellissima terra. Volevo capire se l’idea di Europa del premier magiaro, un radicale anti-comunista negli anni Novanta diventato poi un picconatore dei valori della liberal-democrazia, fosse espressione di un pensiero diffuso nel Paese, o più semplicemente un escamotage per far credere a una Nazione di poco meno di dieci milioni di anime di poter tener testa ai grandi dell’Unione europea. Quasi un anno dopo la nascita di questa folle idea, stringevo la mano a Viktor Orbán nella Biblioteca dei Carmelitani nel palazzo del governo a Budapest».

Alberto Simoni – Trentino, classe 1973, laureato in Filosofia, da dicembre 2021 è corrispondente dagli Stati Uniti per La Stampa, di cui in precedenza è stato per nove anni caporedattore degli Esteri. Ha lavorato fino al 2010 alla redazione Esteri di Avvenire. Ha scritto diversi libri fra cui George W. Bush e i falchi della democrazia (Falzea, 2004) sul movimento neoconservatore Usa. Dal 2019 è socio dell’Istituto Affari Internazionali (IAI) di Roma. Vive a Washington DC.

Chiara Clausi “Beirut au revoir. Il crocevia del Medio Oriente tra bellezza e macerie”, Paesi Edizioni

«Il cielo ti piomba addosso. Azzurro, indimenticabile.
Beirut è una continua festa perché la danza di oggi potrebbe anche essere l’ultima. È un miraggio che si staglia sull’azzurro del Mediterraneo».

Prefazione di Francesca Mannocchi

Paesi Edizioni

Il crocevia del Medio Oriente raccontato da chi la città l’ha vissuta e ha imparato ad amarla, nelle sue contraddizioni. Una guida utile per chi vuole capire questo pezzo di mondo così complicato ma imprescindibile negli equilibri globali

Una piccola New York nel cuore del Libano. Tripoli, Baalbeck, Tiro, la Qadisha Valley, Byblos, Batroun. Sono tutti posti remoti ma di un fascino infinito. Beirut è lì da sempre. Non stanca, anzi provoca una sorta di dipendenza e malinconia. Chi non la conosce spesso ne fa un ritratto non corrispondente alla realtà. La città, crocevia di tutte le tensioni mediorientali, è svelata in tutte le sue contraddizioni nel libro Beirut au revoir, racconto della giornalista Chiara Clausi che nella capitale del Libano vive dal 2016, dove lavora come corrispondente.
 
Quello dell’autrice è un punto di osservazione privilegiato e Beirut è descritta in modo dettagliato, tra bellezze e macerie. «Beirut au revoir tiene insieme tutto – scrive nella prefazione la giornalista Francesca Mannocchi, una delle inviate di guerra più note e stimate per il suo racconto coraggioso da diverse zone di conflitto. L’amore per gli odori, i sapori, la malia del Libano, lo strazio per un Paese che cambia al voltare dell’angolo della strada e diventa il Libano in cui metà della popolazione vive sotto la soglia della povertà. Ci sono le calde giornate di Tripoli e le passeggiate a downtown Beirut, ci sono i volti resi indistinguibili da una ricerca dell’effimera bellezza, e la sofferenza di un Paese piccolissimo che però ospita da dieci anni un milione di siriani che hanno cercato riparo dalla guerra. Un quarto della sua popolazione».
 
Il libro reportage di Chiara Clausi, edito da Paesi Edizioni, è una guida utile per chi vuole capire questo pezzo di mondo così complicato ma imprescindibile negli equilibri globali. È un libro che «tiene insieme tutto – ribadisce Francesca Mannocchi – perché questo è il grande insegnamento che apprende chi Beirut l’ha vissuta e ha imparato ad amarla nelle sue contraddizioni. La lezione che insegna è che sa tenere insieme tutto, un equilibrio fragile che da decenni tiene il centro». L’ha tenuto nella ricostruzione diseguale del suo dopoguerra, negli eserciti che per decenni l’hanno occupato e martoriato, nella ricchezza a beneficio di pochi e la povertà a danno di troppi, nei colpi dell’Holiday Inn rimasti lì a ricordare quello che è stato, mentre il cemento intorno provava a coprire le tracce di un passato di violenza sempre alle calcagna.

Chiara Clausi – Prima Roma, poi Torino, e infine Beirut, dove vive dal 2016 e lavora com corrispondente. Dopo aver studiato lingua araba e storia del Medio Oriente all’American University di Beirut, oggi scrive per Il Giornale, Panorama e altre testate nazionali.

“Bugie di guerra. La disinformazione russa dall’Unione Sovietica all’Ucraina”

di Francesco Bigazzi, Dario Fertilio, Luigi Sergio Germani

Paesi Edizioni

Paesi Edizioni
Pagine: 214
Prezzo: € 15,00€ / Ebook € 7,99

Dezinformacija significa molto più che fake news per i russi. Questa
parola, immediatamente comprensibile e dalla forte risonanza anche in italiano, indica quel sistema globale e coerente basato su
menzogne, mascheramenti e inganni, che ha avuto la sua applicazione più capillare in Unione Sovietica. Un metodo ancora oggi determinante per il Cremlino e messo da Vladimir Putin al centro della sua strategia per l’invasione dell’Ucraina. Partendo dalla storia e arrivando all’attualità, il libro Bugie di guerra svela i segreti del sistema di disinformazione e della propaganda russa in Italia, in Ucraina e nel mondo, con documenti e dovizia di particolari.
Il saggio inizia il suo racconto già dalla sua copertina, che raffigura la ragazzina-simbolo della guerra in Ucraina, immortalata dal padre fotografo il 22 febbraio 2022 – cioè due giorni prima dell’inizio della guerra – con il lecca lecca e il fucile in mano, in attesa dell’invasore russo come fosse una vedetta.

“L’autore del manifesto si chiama Oleksii Kyrychenko, ed è il padre della bambina che ha scattato e poi pubblicato sul suo profilo Facebook la foto-simbolo della guerra e dei suoi orrori – spiega l’editore Luciano Tirinnanzi nella premessa del libro. Perché abbiamo scelto quell’immagine così forte ed evocativa? Non solo per rendere ancora più attuale il contenuto di questo libro, ma anche perché la storia di quella foto resterà a lungo come un caso-scuola della comunicazione visiva e, al tempo stesso, della propaganda politica in tempo di guerra. Che poi è l’oggetto ultimo di questo saggio”.


Bugie di guerra è diviso in tre parti, “Dezinformacija. La strategia del Cremlino dall’epoca sovietica alla Russia di Putin” di Luigi Sergio Germani, “La guerra fredda e l’ingerenza russa in Italia” di Francesco Bigazzi e “Le tecniche moderne: cyber disinformazione e giornalismo collettivo” di Dario Fertilio. Uno strumento indispensabile a comprendere le tecniche di propaganda e disinformazione del Cremlino, in Russia ma soprattutto all’estero e in Italia, e a chiarire il confine e la differenza tra finzione e realtà. Una realtà che dipende dal modo in cui la si comunica, dal mezzo attraverso cui la si divulga, dallo scopo che ci si è prefissi. E, in definitiva, dal punto di osservazione da cui si osserva.

Francesco Bigazzi – Già direttore dell’Ansa, poi corrispondente del Giorno e di Panorama, è stato collaboratore di numerose riviste scientifiche, settimanali e quotidiani. Dal 2004 al 2009 è stato addetto stampa e cultura presso il consolato generale di San Pietroburgo. È uno dei massimi esperti italiani del dissenso dell’Est europeo.
Dario Fertilio – Nato nel 1949, è un giornalista e scrittore di origine dalmata. Alterna saggi, narrativa, teatro, articoli sulla stampa italiana e inter- nazionale. Con Vladimir Bukovskij ha ideato il Memento Gulag,
giornata della memoria per le vittime dei totalitarismi che si celebra il 7 novembre. Insegna Teorie e tecniche della comunicazione giornalistica all’Università Statale di Milano.
Luigi Sergio Germani – Direttore scientifico dell’Istituto Gino Germani di Scienze Sociali e Studi Strategici, è esperto di politica interna ed estera russa, con particolare riferimento alle strategie di guerra ibrida e servizi d’intelligence russi. È autore di articoli e saggi sull’intelligence, la disinformazione, l’information warfare, i fondamentalismi religiosi, il terrorismo e la criminalità organizzata


“Delitto diplomatico. La morte di Attanasio e Iacovacci in Congo”, Paesi Edizioni

Inchiesta di Fausto Biloslavo – Antonella Napoli – Stefano Piazza – Matteo Giusti

Prefazione di Toni Capuozzo

«Per mantenerne vivo il ricordo, per reclamare giustizia attorno alla loro morte,
per diffonderne tra i giovani l’esempio. Ecco le ragioni semplici che stanno dietro
alla realizzazione di questo libro».

dalla Prefazione di Toni Capuozzo

dal 24 febbraio in libreria

Paesi Edizioni

Un’inchiesta giornalistica per non dimenticare il fatto di sangue del 22 febbraio 2021, quando l’ambasciatore Luca Attanasio e il carabiniere della scorta Vittorio Iacovacci cadono in un agguato lungo una delle strade più pericolose della Repubblica Democratica del Congo. Dopo oltre un anno e nessuna verità, questa pubblicazione a più mani intende onorare la memoria degli uomini delle nostre istituzioni caduti in servizio e soprattutto punta a non far scemare l’attenzione mediatica e della politica su un caso ancora aperto e doloroso, dove la verità manca in toto. All’insabbiamento del governo di Kinshasa e all’impotenza delle Nazioni Unite fanno da contraltare le indagini di un gruppo di giornalisti italiani d’eccellenza. Nel libro sono presenti anche le testimonianze dei parenti delle vittime

Chi li ha uccisi? E perché? Paesi Edizioni manda in libreria a distanza di un anno dall’omicidio, la prima inchiesta giornalistica completa sui fatti misteriosi che ancora avvolgono quella giornata.

Il libro “Delitto Diplomatico. La morte di Attanasio e Iacovacci in Congo”, scritto a più mani, intende onorare la memoria degli uomini delle nostre istituzioni caduti in servizio e soprattutto punta a non far scemare l’attenzione mediatica e della politica su un caso ancora aperto e doloroso, dove la verità non c’è. Se da un lato troviamo la non volontà del Governo di Kinshasa a collaborare e l’impotenza delle Nazioni Unite, questo libro con le indagini di un gruppo di giornalisti italiani d’eccellenza prova a rimettere in ordine i fatti e per la prima volta le testimonianze dei parenti delle vittime

GLI AUTORI
Toni Capuozzo, giornalista, scrittore, reporter di guerra e conduttore televisivo italiano, autore di decine di saggi e inchieste.
Antonella Napoli, giornalista, scrive per Repubblica, Vanity Fair, Limes e Huffington Post, e coordina la campagna internazionale Sudan 365.
Fausto Biloslavo, giornalista e reporter di guerra, scrive per Il Giornale, il Foglio, Panorama.
Stefano Piazza, giornalista, scrittore, esperto di terrorismo internazionale per Panorama e La Verità.
Matteo Giusti, giornalista, autore del saggio L’Omicidio Attanasio (Chiarelettere), scrive per la rivista di geopolitica Limes

Angelo Gallippi “Sergio Mattarella. 40 anni di storia italiana”, Paesi Edizioni

Il 7 gennaio 2022 Paesi Edizioni manda in libreria la prima e unica biografia del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.

Da Mani Pulite alla guerra in Kossovo, dalla riforma dei servizi segreti al “patto della crostata”, Angelo Gallippi ripercorre la vita politica
e privata di un Presidente “per bene” – Anti-Narciso per eccellenza – che ha sempre mantenuto un alto gradiment
o

Con la prefazione di Ugo Magri

Angelo Gallippi – classe ‘64, già docente a Tor Vergata e Presidente del primo Comitato Regionale per le Comunicazioni (Corecom) della Regione Lazio – ci accompagna in quasi mezzo secolo di storia italiana. Come ricorda Ugo Magri nella prefazione, nessuno prima di Gallippi ha tracciato l’intero operato di Mattarella. Infatti il Presidente della Repubblica “incarna una doppia eccezione. Ha maturato un’esperienza straordinaria come servitore delle istituzioni: parlamentare, ministro, vicepremier, giudice costituzionale e da ultimo presidente della Repubblica. Eppure – ecco l’altro paradosso – dell’uomo Mattarella poco si conosce. Tra i personaggi pubblici del nostro tempo è forse il più schivo, probabilmente il meno portato a raccontarsi, a farsi pubblicità. L’Anti-Narciso per eccellenza”.

Gallippi per la prima volta racconta la vita di Mattarella con una biografia “obiettiva e accurata, non irriguardosa ma nemmeno agiografica, ricca di curiosità, che lungo la strada raccoglie frutti sorprendenti e di Mattarella rivela alcuni aspetti molto privati, in qualche caso sconosciuti persino ai collaboratori più stretti” come sottolinea Magri.

Il percorso umano si intreccia così alla storia del nostro Paese: dall’assassinio di Piersanti Mattarella, a Mani Pulite, dal crollo del Muro di Berlino alla guerra in Kosovo, dall’epilogo della partitocrazia alla sfida dei populismi, passando attraverso le indagini sugli affiliati alla loggia massonica P2, la riforma del Cnel, l’abolizione del servizio militare obbligatorio, l’introduzione nella scuola elementare del «modulo» di tre insegnanti su due classi, la riforma dei Servizi segreti, l’elevazione dell’Arma dei Carabinieri al rango di forza armata, il «patto della crostata» tra Berlusconi e D’Alema e lo smantellamento del Porcellum.

Eletto con 665 voti su 910, Mattarella puntualizzò immediatamente che il suo ruolo sarebbe stato quello di un arbitro cui «compete la puntuale applicazione delle regole», con assoluta imparzialità. Anche se, soprattutto nell’ultima fase, si è fatto carico di atti di coraggio politico come il veto opposto alla nomina di Paolo Savona come Ministro dell’Economia e la scelta di Mario Draghi alla guida di un governo rappresentativo per autonoma iniziativa presidenziale.

Brevi note biografiche

Angelo Gallippi Romano, classe 1946, fisico, è stato professore di Informatica all’Università Tor Vergata di Roma e Presidente del primo Comitato Regionale per le Comunicazioni (Corecom) della Regione Lazio. Funzionario del Garante della Privacy e giornalista pubblicista, è autore di una quindicina di libri tra i quali l’unica biografia di Federico Faggin, l’inventore del microprocessore.