Alessandro Paradisi, Lea Montuschi, Marco Mizza  “GIOVANNI GUALBERTO. Vita e carisma del fondatore di Vallombrosa, LDM Press


I
n occasione del 950° anniversario della morte di San Giovanni Gualberto, monaco fiorentino dell’XI secolo, 
un libro ricostruisce la vita del Santo che fu una delle figure più importanti del monachesimo medievale



Prefazione di Marco Vannini

illustrazioni a colori

in libreria il 17 ottobre
Lorenzo de’ Medici Press

In occasione del 950° anniversario della morte di San Giovanni Gualberto, monaco fiorentino dell’XI secolo, tre monaci vallombrosani, don Marco Mizza, suor Lea Montuschi e don Alessandro Paradisi ricostruiscono la vita del Santo che fu una delle più importanti figure del monachesimo medievale. Gli autori hanno saputo evidenziare l’ideale del Riformatore e la carica dirompente delle sue scelte più significative.

Di fronte a consuetudini della società e della chiesa del suo tempo contrarie al vangelo, Giovanni Gualberto non esita a compiere gesti coraggiosi e controcorrente: anziché vendicarsi, perdona l’uccisore di un suo parente e persevera nella scelta monastica nonostante l’opposizione paterna; denuncia pubblicamente vescovo e abate simoniaci; distrugge le proprietà dei suoi monaci quando non conformi alla povertà evangelica, per lui irrinunciabile… Il ritorno alla povertà che emerge periodicamente nella vita di persone e comunità cristiane, è infatti un punto cruciale per Giovanni Gualberto: povertà come prossimità e aiuto ai poveri, che richiede lotta serrata contro ogni rischio di accumulo indebito di denaro e di beni. Egli precorre in questo la radicalità di Francesco di Assisi e anticipa una delle esigenze primarie della Chiesa del Vaticano II, di cui papa Francesco, a partire dalla scelta del nome, si è fatto portavoce e promotore concreto.

C’è un altro elemento che gli autori documentano, cogliendone la portata storico-profetica nel tempo in cui visse: la denuncia e la lotta contro la corruzione del clero e la simonia. Questo gli costò l’abbandono della tranquillità del monastero e l’approdo a un luogo sperduto e desolato dell’appennino toscano: tale era Vallombrosa quando egli vi giunse.

Più volte Giovanni Gualberto, che pure riconosceva esplicitamente l’autorità della chiesa e dei pastori, si trovò ad assecondare la ribellione alla corruzione dei ministri di Dio da parte della gente semplice, in qualche modo incrementando la coscienza civica che in quegli anni stava maturando, ponendo le basi alla nascita dei Comuni, contro lo strapotere politico dell’impero da una parte e il potere assoluto del papato dall’altro che a sua volta, per poter difendere la libertà della chiesa, finiva con l’affermare un proprio potere anche politico, superiore a quello dell’imperatore.

Nel suo impegno di riforma, Giovanni Gualberto non fu solo: numerosi monaci e membri del clero si affidarono a lui e lo seguirono, mentre movimenti popolari ampiamente diffusi come i patarini (che si rivolsero a lui e ai suoi monaci in un momento particolarmente drammatico) e i catari in altri luoghi e in contesti diversi, combattevano la medesima battaglia di purificazione e rinnovamento.

Scrive Marco Vannini nella prefazione:

«A distanza di più di un millennio dalla vita di San Giovanni Gualberto e dalle vicende ad essa legate, è lecito chiedersi cosa di davvero significativo ne resti, ai giorni nostri. Nell’opera del fondatore di Vallombrosa c’è qualcosa di particolare che possa esser fonte di ispirazione nella realtà del ventunesimo secolo? La risposta a questa domanda è, a modesto parere di chi scrive, assolutamente positiva. (…) Detto in breve: non dobbiamo paragonare l’opera di san Giovanni Gualberto nella Chiesa dei secoli X-XI a quella che potrebbe essere esemplare per la Chiesa di oggi, bensì a ciò che può insegnare per la società intera del nostro tempo. La Chiesa del medioevo coincideva infatti con la società intera, mentre la Chiesa dei nostri giorni ne è solo una piccola parte, per cui è corretto pensare all’esempio del santo toscano in rapporto non a questa, ma all’intera società. Se si opera questo mutamento di prospettiva, allora possiamo senza sforzo constatare come il carisma di san Giovanni Gualberto e dei Vallombrosani sia assolutamente attuale

Alessandro Paradisi, Lea Montuschi e Marco Mizza sono tre monaci vallombrosani dediti agli studi di spiritualità e agiografia vallombrosana.

Marco Vannini è il maggior studioso italiano della mistica tedesca, pre- e post-protestante, traduttore di Eckhart, della Teologia tedesca, di Valentin Weigel, Sebastian Franck, ecc. In questa stessa Collana ha pubblicato Contro Lutero e il falso evangelo (2017) e curato (con Giovanna Fozzer) Seicento distici di sapienti di Daniel von Czepko, Il pellegrino cherubico di Angelus Silesius (2018) e Scritti religiosi di Hans Denck (2019).

Pat Garrett “L’autentica vita di Billy the Kid”, LdM Press

Per la prima volta in traduzione italiana la biografia del più famoso bandito del Far West scritta dallo sceriffo

Pat Garrett

Traduzione, introduzione, note e cura di Aldo Setaioli

Lorenzo De’ Medici Press

Per la prima volta in traduzione italiana la biografia del più famoso bandito del Far West scritta dallo sceriffo Pat Garrett che, dopo avergli dato la caccia, lo uccise nel 1881. Probabilmente il libro più interessante, tra i tanti che sono stati dedicati al Kid, perché fu scritto quasi a ridosso dei fatti e rimane anche il primo a proporsi di offrire una versione autentica della vita e delle imprese del famoso fuorilegge che, dal momento della morte fino ad oggi è stato spesso rappresentato avvolto in un’aura quasi di leggenda, senza tener conto dell’effettiva realtà dei fatti. I motivi che indussero Garrett a pubblicare questa vita di Billy the Kid, indicandola fin dal titolo come “autentica”, sono da ricercarsi in parte nel desiderio di sfatare l’aura di sensazionalismo che subito circondò la figura del fuorilegge, ma anche le accuse moralistiche dei predicatori religiosi, riconoscendo gli aspetti positivi della personalità del Kid. In parte anche maggiore, tuttavia, il motivo di Garrett va ricercato nella volontà di difendersi dalle accuse che gli furono rivolte di averlo ucciso a tradimento.

«Questa “vita” (più che biografia) di Billy the Kid, il famoso fuorilegge eroe di innumerevoli film, che qui presentiamo per la prima volta al lettore italiano, è probabilmente il libro più interessante, tra i tanti che gli sono stati dedicati, perché fu scritto, quasi a ridosso dei fatti, non solo da un testimone oculare delle sue imprese, ma da colui che lo uccise, lo sceriffo Pat Garrett, anche lui celebrato in innumerevoli film. È anche il primo che si propone di offrire una versione autentica della vita e delle imprese del famoso fuorilegge, che dal momento della sua morte fino ad oggi è stato spesso rappresentato avvolto in un’aura quasi di leggenda, senza tener conto dell’effettiva realtà dei fatti. L’autore, Patrick Floyd Jarvis Garrett (1850-1908), fu eletto sceriffo della contea di Lincoln, nel Nuovo Messico, nel 1880. Ebbe anche la nomina a Deputy US Marshal (agente federale aggiunto), che gli permetteva di inseguire i ricercati oltre i confini dello stato. Gli venne quindi affidato il compito di arrestare, o comunque eliminare, il famoso fuorilegge. Occorre precisare che era lui stesso tutt’altro che un santo. Cacciatore di bufali in Texas nel 1876, vi aveva ucciso un uomo, che dopo una zuffa a mani nude tentava di ucciderlo con un’ascia. Si consegnò alle autorità, ma non venne condannato. Si trasferì in seguito a Fort Sumner, nel Nuovo Messico, dove fu barista e successivamente mandriano per conto di Pedro (Pete) Maxwell, nella cui casa avrebbe poi ucciso il Kid. Come sceriffo ebbe l’appoggio del grande allevatore John Chisum. Garrett e il Kid certamente si conoscevano, e del resto il primo dichiara apertamente di averlo non solo conosciuto, ma anche frequentato. Entrambi erano presenti nella zona durante la celebre guerra per il bestiame della contea di Lincoln, nella quale Garrett, a differenza del Kid, non prese parte attiva. Si diceva anche che avessero partecipato insieme a razzie di bestiame, ma, secondo un’autorevole biografia di Garrett, queste voci non sono sostenute da prove documentarie. In ogni caso, parecchi anni dopo il Kid, anche Pat Garrett venne ucciso in un agguato, sebbene non si sia mai saputo con precisione da chi.».

Pat Garrett (1850-1908) è stato uno dei più popolari sceriffi nell’epoca del Far West. Inizialmente cacciatore di bufali e poi barista, divenne sceriffo di Lincoln County nel New Mexico. Ebbe anche la nomina a Deputy US Marshal (agente federale aggiunto), che gli permetteva di inseguire i ricercati oltre i confini di un singolo Stato. Gli venne quindi affidato il compito di arrestare, o comunque eliminare Billy the Kid mettendo fine alle sue imprese criminali e all’attività della sua banda. Nel dicembre del 1901 il Presidente degli Stati Uniti Theodore Roosevelt lo nominò uno dei tre ‘pistoleri della Casa Bianca’. Dopo alterne vicende, venne ucciso in un agguato, sebbene non si sia mai saputo con precisione da chi.

Luca Pallanch “Un colpo da pochi milioni”, LdM Press

In libreria il 25 gennaio
Lorenzo de’ Medici Press

In una ricca e sonnolente città di provincia viene rilasciato per buona condotta, dopo vent’anni di detenzione, Vincenzo Sabelli, noto alle cronache per un leggendario e misterioso colpo nella principale banca dell’intera provincia. Fuori lo attendono una tuta da giardiniere comunale e i vecchi complici, rimasti impuniti e perfettamente reinseriti nella vita cittadina. Riuscirà Vincenzo Sabelli, in arte il gentleman, a recuperare la sua parte di refurtiva e a realizzare l’ultimo colpo della sua vita? E il suo rivale, il commissario Tretti, dal quale era stato incastrato, riuscirà prima di andare in pensione a sgominare le due bande di slavi e di cinesi che si contendono il territorio? 

Prologo:

Il rumore dei passi era come un frastuono. Scivolava via alle sue spalle, senza mai armonizzarsi con il suono metallico prodotto dagli stivali della guardia che lo precedeva e soprattutto con il rimbombo delle sbarre, aperte e richiuse in fondo a ogni corridoio. Stridula l’apertura provocata dalla chiave, agghiacciante la chiusura con una robusta spinta. Si era messo a contare i passi, così, per gioco, con lo sguardo dritto in direzione dell’ennesimo cancello, tanto le pareti erano bianche e immacolate, come se solo lì non fosse giunta la mano dell’uomo a commentare il tempo che passa, inesorabile, eppure lentissimo. Vent’anni ci aveva passato lì dentro, fortunato per non essere stato costretto a emigrare in un altro penitenziario, ma ormai chi si faceva vent’anni per reati comuni, anzi comunissimi? Furti, per lo più, mai una rapina, mai un’arma in mano, lavori puliti, però quando sei un delinquente abituale dall’età di diciott’anni o giù di lì, le aggravanti fioccano a ogni condanna e la colpa di essere stato a capo di una banda, sia pure di ladri, pesa ancora di più. Specie in provincia. Quindici passi, ma ormai si era dimenticato quanti corridoi avesse percorso. Erano anni che non riceveva una visita. Non teneva famiglia, come si dice nella mala, solo qualche lontano parente, di quelli che si guardano bene dall’andare a trovare una mela marcia. Le donne con cui era stato si erano ormai sistemate e spesso separate, ma di certo non pensavano a lui. E gli amici, quei pochi che aveva, non erano tipi da entrare in un carcere per diletto. In un mondo sempre più social gli unici a essere tagliati fuori sono i detenuti .

Luca Pallanch  ha curato per anni la programmazione del Cinema Trevi, sala d’essai del Centro Sperimentale di Cinematografia-Cineteca Nazionale, presso cui lavora dal 2000. Ha scritto il romanzo I fiori di Early (Armando Siciliano Editore, 2000) e vari libri di cinema, oscillando tra sguardi sul cinema d’autore (Luigi Comencini architetto dei sentimenti; Tagli. Il cinema di Dario Argento; Arpino e il cinema; Non solo Gomorra. Tutto il cinema di Matteo Garrone; Divi & antidivi. Il cinema di Paolo Sorrentino) e fughe nel passato alla ricerca di personaggi singolari (Un “idolo” in controluce: Enzo Battaglia; Se non ricordo male. Frammenti autobiografici di Giulio Questi; Il caso Tretti; Fabio e Mario Garriba, i gemelli terribili del cinema italiano). Ha collaborato, con articoli e interviste, a vari quotidiani e riviste di cinema, ed è stato per anni redattore di “Bianco e Nero”, la storica rivista del Csc. Ha curato retrospettive alla Mostra del Cinema di Venezia (La situazione comica, 2010; Orizzonti 1960-1978, 2011) e ai Festival di Roma (Le notti pazze de La dolce vita, 2010; Cinema espanso 1962-1984, 2012; Danze macabre. Il cinema gotico italiano, 2014) e di Torino (Omaggio a Giulio Questi, 2014; Omaggio Augusto Tretti, 2015; Omaggio ai fratelli Garriba, 2016). Ha partecipato (redazione e ricerche storiche) alla serie di 28 documentari I militi ignoti della fede di Pupi Avati, sulle persecuzioni operate dai regimi comunisti nell’Europa dell’Est dal dopoguerra alla caduta del muro di Berlino, trasmessi da Tv2000 nel 2014-2015. Ha curato i documentari Il cinema Kriminal di Umberto Lenzi, presentato al Noir Film Festival di Courmayeur 2002, e Fernando Di Leo. Un pugliese a Roma, presentato al Festival del Cinema Europeo di Lecce 2013; ha collaborato alla sceneggiatura del cortometraggio Fernando, l’ultimo poeta rivoluzionario venuto dal Sud di Cosimo Damato Damiano, presentato al Bif&est di Bari 2019; ha scritto soggetto e sceneggiatura del documentario Profondo Argento di Steve Della Casa e Giancarlo Rolandi, presentato alla Festa del Cinema di Roma 2023. Nel 2023 ha scritto, insieme a Domenico Monetti, un libro-intervista ai produttori degli anni d’oro del cinema italiano dal titolo Per i soldi o per la gloria. Storie e leggende dei produttori italiani dal dopoguerra alle tv private (Minimum Fax e Centro Sperimentale di Cinematografia), al quale è stato conferito il Premio Diego Fabbri per il miglior libro cinematografico dell’anno. Da anni lavora a un romanzo storico sulla malavita romana.