Hans Tuzzi “La letteratura come una delle arti equestri”, presentazione di Salvina Pizzuoli

Dal 4 aprile in libreria, Italo Svevo Edizioni

La copertina e la sinossi nel Risvolto

Leggere Tuzzi ha su di me un merito raro: che sia saggio, romanzo, racconto, biografia, sa aprire quelle che io chiamo le finestre della mente che non sono le stesse per ciascun lettore, ognuno ha le proprie, socchiuse o da aprire per la prima volta…
Come lettrice di lunga data, ho iniziato a leggere grazie alla mia zietta a cinque anni e da allora è un vizio che non mi sono mai tolto, posso affermare che poche letture, davvero poche mi hanno lasciato dentro un’atmosfera, non so bene come definirla, è un’emozione non facile da chiudere dentro le parole, nella quale mi sento avvolta come in una nuvola di benessere mentale, appagata nel ricordare o rileggere, stuzzicata e vivificata da riflessioni traslate nate inseguendo immagini e ripensando ad alcune frasi, brani o semplici accostamenti di parole: beh, questo è l’effetto Tuzzi!
E, relativamente a questa serie di brevi saggi, che avevo già seguito nella loro veste originale e ora trovo tutti splendidamente raccolti insieme, non etichettabili in modo stringente ma sulla scrittura, sulla lettura, sulla letteratura e, alla fin fine, sulla visione della vita, alcune spigolature …:

Il cavallo è animale nobile nevrile e vigoroso e ogni cavaliere, anche il più esperto, fatica a contenerne l’energia. Che tu sia campione d’alta scuola o bùttero, fantino amazzone o maestro di redini lunghe, la forza del cavallo, come ogni vera forza, per essere controllata ed esaltata al suo meglio richiede grande eleganza e compostezza (da La letteratura come una delle arti equestri, il saggio che dà il titolo alla raccolta e la conclude)

La bellezza si ottiene per sottrazione? Sovente, sì. Ma non è una regola, perché non esistono regole in letteratura. Ogni semplificazione normativa sull’arte della scrittura è menzogna. Infatti esistono grandi scrittori lussureggianti. La bellezza si ottiene per sottrazione, ma anche in una profusione conseguita con studiato artificio. […] In un caso e nell’altro, nella semplicità come nella ridondanza, la bellezza sta nel pensiero che la regge e dà forma al testo. Idea nuova, forma nuova. La sottrazione vale per la lunghezza del testo, o per struttura e armonia della frase, della pagina, nell’insieme dell’opera; tende all’apparente semplicità di cui Picasso rivela la complessa ricerca quando dice: “bambino, già disegnavo come Raffaello, ma ho impiegato una vita per imparare a dipingere come un bambino. La semplicità non è mai immediata, si raggiunge per gradi.

Più che spiegare a un ipotetico aspirante scrittore come si scrive un libro, lo condurrei per mano nella selva ombrosa della scrittura, mostrandogli che non c’è strada maestra ma intrecci di sentieri, e nessuno di essi conduce alla meta sicura del romanzo. […] La lettura dei classici offre di per sé un mosaico istruttivo, e all’ipotetico aspirante scrittore poco direi su “come fare”, soffermandomi su “cosa non fare”. […]
Perché la letteratura è anche un’esigenza del cuore, una forma del pensare il mondo, una natura del vivere che è in noi o non è, e se lo è ci permea per tutta l’esistenza, si pubblichi anhe un solo libro.

Iniziare a raccontare una storia mettendola sulla pagina, comporta non soltanto il piacere del rac conto, bensì anche quello di dare vita a una voce, di stimolare la curiosità, di provocare la pigrizia del lettore, che del resto proprio questo si aspetta: essere tratto dal comodo calduccio del letto o del la poltrona per essere immerso, senza rischi reali, nel gorgo della vita. Il lettore però non sa quello che desidera, diventa necessario irretirlo, bisogna sedurlo.

Miglior lettore è colui che rilegge perché le grandi opere si offrono a molteplici punti di vista, si prestano a sempre nuove scoperte, suggeriscono inedite interpretazioni. Vale, per esse, quel che Schlegel diceva di Amleto: “Un’opera enigmatica che somiglia a quelle equazioni irrazionali nelle quali rimane sempre una frazione di grandezza sconosciuta che non ammette soluzione alcuna”. È l’ambiguità d’ogni opera viva, così viva che, proprio come Amleto, di secolo in secolo viene letta con occhi nuovi sino a diventare, per ogni generazione, qualcosa di diverso dall’originale, e tuttavia sempre fedele alla natura profonda dell’originale.

dalla Quarta di copertina

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La Piccola Biblioteca di Letteratura Inutile nasce nel 2016 ed è la prima collana a far parte della la nuova società ITALO SVEVO, creata a Trieste nel 2018. Si avvale dell’impianto grafico di Maurizio Ceccato e fin da subito riprende l’idea delle pagine intonse. Propone aristocraticamente lampoon, libelli, scartafacci, pandette, glossari, digesti e tutto quanto non è classificabile nei generi tradizionali di narrativa e saggistica. Dopo il primo lustro di attività nel 2021 diviene semplicemente Biblioteca di Letteratura Inutile. (da Italo Svevo Edizioni)

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