E nel libro “Bang!” di Florian Freistetter si viaggia nei segreti
delle nane rosse, rimaste immutate da 13,5 miliardi di anni
Cielo pieno di notizie
Stelle che si fondono
e la nostra galassia
è stata “cannibale”
di Luigi Grassia
In astrofisica dalla dimensione macro, quella del cosmo, ci arrivano novità clamorose a getto continuo: scontri fra galassie, buchi neri supermassicci, materia oscura, energia oscura eccetera. Scendendo alla scala che (astronomicamente parlando) si può definire micro, cioè quella dei pianeti, fioccano le scoperte di esopianeti fuori dal sistema solare. Invece, sulla scala intermedia sembra che le stelle restino un po’ emarginate, mediaticamente parlando.Finché non arrivano notizie come queste: la rivista Nature Astronomy ci riferisce di due nane bianche che si sono fuse a 1,3 miliardi di anni luce da noi, creando un nuovo oggetto celeste di massa superiore a quella del nostro Sole, e insolitamente ricco di carbonio; mentre sull’Astrophyiscal Journal la ricercatrice Daniela Carollo, dell’Istituto nazionale di astrofisica (Inaf) di Torino, comunica una scoperta ancora più curiosa: «Le stelle della parte più “spessa” del disco della Via Lattea non sono tutte simili per composizione chimica e velocità, come si credeva, ma si dividono in due famiglie nettamente distinte». La popolazione standard ha una velocità di rotazione di circa 180 chilometri al secondo, mentre l’altra ruota più lentamente, a circa 150 km/secondo, inoltre è molto più povera di metalli, di quasi due volte rispetto alla prima. Mistero: come si spiega che una singola porzione di galassia sia occupata da due gruppi di stelle la cui origine è palesemente diversa? Fra le ipotesi più probabili c’è l’assorbimento di un’altra galassia da parte della Via Lattea, avvenuto diversi miliardi di anni fa, cioè un tempo abbastanza lungo da amalgamare le due famiglie celesti e nascondere le tracce di quell’antico sconvolgimento, tracce che oggi sono rilevabili solo con difficoltà, attraverso calcoli di momento angolare e sofisticate analisi spettrografiche. Ecco, un aspetto interessante delle stelle è che oltre a parlare di se stesse, come corpi astronomici individuali, in certi casi sono capaci anche di svelare la storia delle galassie e del cosmo intero. Un esempio lampante è una nana rossa dal nome irriferibile (è designata da una sigla che comincia con 2MASS e prosegue con altri diciotto caratteri alfanumerici): si trova a 2.000 anni luce da noi, una distanza non grande rispetto ai 100.000 anni luce del diametro della Via Lattea, e la sua età è di 13,5 miliardi di anni, perciò è una delle stelle più antiche dell’Universo, nata appena 200 milioni di anni dopo il Big Bang. Insomma è una stella fossile, la cui composizione chimica testimonia com’era l’universo allora: niente elementi pesanti, di quelli che si formano nel nucleo delle stelle massicce e poi vengono disseminati nello spazio dall’esplosione delle supernove: 2MASS in quanto stella “di prima generazione” ha conservato per 13,5 miliardi di anni l’esatta proporzione di idrogeno e di elio dell’Universo arcaico, ed è notevole che tale proporzione corrisponda a quella prevista dal modello di formazione del cosmo che gli astrofisici hanno elaborato. E poi non si dica che le stelle sono noiose. Fra l’altro, le nane rosse oltre che raccontare il passato potrebbero rappresentare anche il nostro futuro: mentre il Sole, nei prossimi miliardi di anni, ci arrostirà trasformandosi in gigante rossa, e poi ci farà congelare diventando una nana bianca, le nane rosse come 2MASS continueranno a produrre (poco) calore ancora per centinaia di miliardi di anni, e quindi l’umanità potrà trovare nella loro orbita una soluzione di sopravvivenza a lunghissimo termine. Questa simpatica (e forse, in futuro, anche accogliente) 2MASS è una delle ospiti d’onore del libro “Bang! Storia dell’Universo in 100 stelle” dello scienziato e divulgatore Florian Freistetter. Che ci svela un altro dettaglio: non è vero che andando su Internet si possa dare il proprio nome a una stella. Vi fanno pagare, poi vi mandano un certificato, ma sono solo balle spaziali. –