Carmelo Sardo “Le notti senza memoria”, recensione di Adriana Sardo

È un romanzo elaborato, che travolge il lettore in un vortice di passione, gelosia, tormenti,
rimpianti, pubblicato da Bibliotheca Edizioni nel mese di ottobre 2024.

La sinossi
Nell’ultimo segmento della sua vita tormentata, Carlo ripercorre l’amore folle per Nora, donna fascinosa conosciuta in un bar quando lei aveva vent’anni e lui trentadue. Di notte, nel sogno, vive
la sua imponente passione, mentre nella vita reale con lei le cose sono molto diverse. Sarà un incidente stradale a liberarlo dai fantasmi del passato e a fargli scoprire una verità sconvolgente.

L’illustre autore, con questa elaborata opera, conduce i lettori in un viaggio rapinoso ed imprevedibile, tra sogni, paure, gelosia, ricordi, rimpianti, reali o presunti.
Narra, magistralmente, l’amore passionale del protagonista Carlo per la giovane Nora, affascinante donna, conosciuta in un bar, che diviene per lui un’esperienza annichilante, capace di mettere sottosopra tutte le sue certezze.
Carlo, con la sua fragilità, emotiva e psicologica, è travolto da un amore senza tempo, un amore che sembra sfuggire dalle sue mani, che continua a bruciare dentro di lui, che lo fa sognare e allo stesso tempo lo fa soffrire per le sue scelte fatte o non fatte.
La sua ardente passione e i fantasmi del passato “divorano” il suo animo, facendogli provare una varietà di forti sensazioni, fino ad indurlo a sprofondare nella totale disperazione.
Sarà un incidente stradale a costringerlo, inaspettatamente, a riscrivere la sua vita.
Ogni pagina di questo romanzo è emotivamente coinvolgente, contiene: intrecci narrativi che catturano l’attenzione e suscitano la curiosità, una realistica e complessa descrizione dei personaggi, scene dettagliate che creano immagini vivide nella mente del lettore, trasportandolo direttamente nella storia.
Il percorso tormentato del protagonista ci invita, in particolare, a riflettere sulla “bufera” che si scatena nell’animo umano, per effetto della potenza struggente dell’amore ma anche sulla condizione ineludibile dell’esistenza che pone l’uomo di fronte alla necessità di scegliere, di dare forma alla sua vita, accettando, però, le sfide e le responsabilità che ne derivano.

Adriana Sardo solamente omonima dell’autore

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Carmelo Sardo “Le notti senza memoria” Bibliotheka Edizioni

Eça de Queiroz “Stranezze di una ragazza bionda”, Bibliotheka Edizioni

IN LIBRERIA DAL 18 OTTOBRE LA NUOVA TRADUZIONE ITALIANA DI “STRANEZZE DI UNA RAGAZZA BIONDA” DEL PORTOGHESE DE QUEIROZ. NOVELLA CHE HA ISPIRATO L’ANALOGO FILM DI MANOEL DE OLIVEIRA

Traduzione di Rebecca Bentes Saldanha Pereira

BIbliotheka Edizioni

Una storia d’amore tenera e ironica, briosa e leggera, scritta da Eça de Queirós, massimo cantore della società lusitana, della sua spocchiosa aristocrazia

Cosa accade se si sommano episodi insignificanti, dettagli, piccoli gesti e si scopre all’improvviso che nascondono una trama insospettabile?

È la domanda che nasce dalla novella Stranezze di una ragazza bionda dello scrittore portoghese Eça de Queiroz nella nuova traduzione di Rebecca Bentes Saldanha. Ormai introvabile in italiano e ispiratore del film omonimo di Manoel de Oliveira, il racconto narra la storia di Macário, che lavora a Lisbona come contabile alle dipendenze dello zio Francisco. Il giovane si innamora di una ragazza bionda, Luisa, scorta per caso dalla finestra del suo ufficio. I due si incontrano e decidono di sposarsi, ma lo zio si oppone. Macário si trasferisce allora a Capo Verde in cerca di fortuna, ritorna in Portogallo con un piccolo capitale che gli permette di metter su famiglia, ma perde tutto prestando il denaro a un amico truffaldino. Ricomincia da capo e ottiene infine il permesso di convolare a nozze con la bionda Luisa. Tuttavia, una brutta scoperta gli impedirà ancora una volta di sposare la ragazza.

Incipit.

Cominciò col dirmi che il suo caso era semplice e che si chiamava Macário. Devo premettere che conobbi quest’uomo in una locanda del Minho. Era alto e grosso: aveva una testa larga e calva, lucida e liscia, con radi capelli bianchi che gli si arricciavano tutt’intorno; e i suoi occhi neri, cerchiati dalla pelle rugosa e giallognola,con le occhiaie gonfie, possedevano una limpidezza e una rettitudine singolari dietro gli occhiali rotondi con cerchi di tartaruga. Aveva la barba rasata, il mento prominente e risoluto. Portava una cravatta di raso nero legata dietro il collo con un fermaglio; un cappotto lungo color castagna, con le maniche aderenti e giuste e i risvolti di velluto leggero. Dalla lunga apertura del panciotto di seta, su cui riluceva una catena antica, fuoriuscivano le pieghe molli di una camicia ricamata. Questo accadeva a settembre: le notti arrivavano già prima insieme al freddo penetrante, secco, e ad un’oscurità sublime.

L’autore, Eça de Queiroz (1845-1900), è stato giornalista, diplomatico e scrittore portoghese. Massimo esponente del realismo lusitano, ha innovato profondamente la lingua portandola agli esiti attuali. Grande viaggiatore, ha composto all’estero la maggior parte della sua opera anche se con un occhio costantemente attento alla realtà portoghese di cui è anche un profondo critico.

Mario Giunta “Guida turistica per tifosi in Europa”, Bibliotheka Edizioni

Dall’11 ottobre il libro a colori e con QR code del giornalista sportivo Mario Giunta sulle squadre di Portogallo, Spagna, Francia, Germania e Inghilterra

Con la collaborazione di Alberto Gervasi e Niccolò Severini

in libreria dall’11 ottobre

Bibliotheka Edizioni

Seguire in trasferta la squadra del cuore, dormire a prezzi ragionevoli, mangiare in locali caratteristici, raggiungere facilmente gli stadi e i luoghi più significativi delle città, scoprire consuetudini e tradizioni dei club avversari. È ciò che offre la Guida turistica per tifosi in Europa, scritta dal giornalista romano di SkySport Mario Giunta con la collaborazione di Alberto Gervasi e Niccolò Severini.

Il libro, stampato a colori, si propone di far conoscere e apprezzare le storie, i luoghi e le tradizioni delle più importanti squadre di calcio europee.

 “Siamo partiti dal Portogallo, campionato in forte crescita con squadre che comunque hanno segnato la storia di questo sport”, spiega Giunta.  “Inevitabile una tappa in Spagna, tra la forza e la storia di Real Madrid e Barcellona, fino a toccare le tradizioni e le radici di altri club dal fascino incredibile. Era inevitabile che il nostro tour facesse tappa anche dai cugini francesi, perché non esiste solo il milionario Paris Saint-Germain, ma tante altre realtà che vale la pena studiare e conoscere.  Così come non era possibile non fermarsi in Germania – prosegue l’autore – dove, se l’immaginario collettivo porta ad identificare nel Bayern di Monaco la squadra simbolo, esistono compagini che per storia e tradizione forse sono ancora più importanti del Bayern per quello che hanno dato a questo sport. Ed infine l’Inghilterra con la Premier League: ad oggi il campionato numero uno del pianeta”.

Per ogni squadra, una ricca sezione è dedicata alla storia dei club dalla nascita ai giorni nostri (palmarès compresi), mentre diversi QRcode aiuteranno i lettori ad orientarsi nelle città europee del calcio.

Dichiara l’Autore: 

Con questo libro ho cercato di unire due passioni, il calcio ed i viaggi. La trasferta per come la vedo io deve essere un momento di condivisione casomai con la famiglia o gli amici e perché no, un momento per conoscere nuove culture e tradizioni. Il concetto è che non c’è solo la partita ma anche un contorno. Ogni squadra di questo libro poi ha una storia ed una tradizione senza precedenti e penso che conoscere sia anche un arricchimento personale ed una forma di rispetto per chi ti ospita”.

Mario Giunta, nato a Roma nel 1985, è un giornalista sportivo. Conduce dal 2010 il telegiornale di SkySport e numerose trasmissioni sportive sull’emittente satellitare tra le quali gli studi della Uefa Champions League, Europa League e Conference League, La Casa dello Sport e FantaShow. Per Sky Sport ha seguito come conduttore due Europei maschili (2021 e 2024), un Europeo femminile (2022)  ed un Mondiale femminile (2019).

Roberto Barbolini “Il detective difettoso. Ritorno al futuro per il romanzo poliziesco”, Bibliotheka Edizioni

Da Sherlock Holmes a Philip Marlowe, da Wilkie Collins a Chandler, tendenze e miti dalle origini a oggi nel nuovo libro di Roberto Barbolini

Bibliotheka Edizioni

Fin dalle sue origini il romanzo giallo ha potuto contare, oltre che su fedelissimi lettori, su ammiratori d’eccezione, critici e scrittori – da Eliot a Gadda, da Yates a Brecht – che ne hanno svelato la logica simulatoria dei legami con la letteratura alta o ne hanno utilizzato la formula. Campo privilegiato di analisi critica per semiologi e formalisti, il romanzo poliziesco sembrerebbe oggi non poter riservare più sorprese. Non ne è così sicuro il giornalista e scrittore Roberto Barbolini che nel libro “Il detective difettoso”, in uscita il 19 luglio per le edizioni Bibliotheka (200 pagine, 16 euro) ripercorre tendenze e miti del giallo, dalle origini in Poe fino alle commistioni del thriller con la grande letteratura, proponendo alcuni quesiti intriganti.  Dopo l’era dei detectives olimpici alla Sherlock Holmes e di quelli “avvelenati”, gli eroi metropolitani alla Sam Spade, è forse giunta l’ora del detective difettoso? Recuperando – contro gli incanti e i trucchi logici del giallo classico – le trappole di una “linea gotica” del poliziesco (da Chesterton a Dickson Carr), e mescolandole con la magistrale lezione di Hammett, si può individuare una possibile nuova strada per un genere letterario da molti ancora molto amato e da troppi dato prematuramente per morto.

Modenese, classe 1951, Roberto Barbolini è narratore che predilige il comico, il visionario e il fantastico. Ha lavorato con Giovanni Arpino al Giornale di Indro Montanelli, è stato redattore e critico teatrale di Panorama, si è occupato di gialli e di poesia erotica. Attualmente collabora al QN-Quotidiano nazionale e a Tuttolibri. Ha pubblicato numerosi romanzi, saggi e raccolte di racconti, tra cui La strada fantasma (1991, vincitore del premio Dessì), Il punteggio di Vienna (1995), Piccola città bastardo posto (1998), Stephen King contro il Gruppo 63 (1999), Ricette di famiglia (2011), L’uovo di colombo (2014), Vampiri conosciuti di persona (2017) Il maiale e lo sciamano (2020).

“Primadonna. Novelle per Eleonora Duse”, a cura di Maria Pia Pagani, Bibliotheka Edizioni

QUANDO LA DIVA ELEONORA DUSE ISPIRAVA NOVELLE AI GRANDI SCRITTORI

Nel centenario della morte dell’attrice, un libro di Bibliotheka raccoglie per la prima volta scritti di D’Annunzio, Panzini, Ojetti, Gozzano e Moretti

Postfazione di Toni Iermano

Bibliotheka Edizioni

Diva, icona, musa ispiratrice e superba attrice di teatro, Eleonora Duse, di cui quest’anno si celebra il centenario della morte, era arrivata al successo nonostante una lunga gavetta che le aveva fatto conoscere la fame, la mancanza di una stabilità domestica e pesanti delusioni affettive.

La sua immagine si è radicata nell’immaginario collettivo anche grazie alle novelle di vari autori italiani che – per la prima volta – vengono presentate nel libro Primadonna. Novelle per Eleonora Duse, in uscita il 5 aprile per le edizioni Biblotheka (252 pagine, euro 18,00, ebook a 4,99). Il libro è a cura di Maria Pia Pagani, ricercatrice all’Università di Napoli Federico II, socio del Pen Club, collaboratrice della Fondazione “Il Vittoriale degli Italiani” e membro del Comitato nazionale per le celebrazioni della morte dell’attrice.

La galleria testuale restituisce la vita dell’attrice, nata a Vigevano, in provincia di Pavia, attraverso lo sguardo attento dei suoi contemporanei: tutti scrittori e scrittrici più o meno noti al grande pubblico, e appassionati di teatro. Una galleria che abbraccia un arco temporale che va dal 1887 al 1925, ovvero da quando la diva comincia a brillare come primadonna a livello internazionale, a un anno dopo la sua morte. Autore d’eccezione è il Duca Minimo, pseudonimo con il quale si firmava il cronista mondano Gabriele d’Annunzio, senza dimenticare Alfredo Panzini e Ugo Ojetti, Guido Gozzano e Marino Moretti. Tra i vari aspetti, affiora anche una geografia che tocca le principali città italiane in cui la primadonna riscosse i maggiori successi: Roma, Torino, Napoli, Venezia, Firenze, Milano e Trieste.

Per tutti la Duse è la sirena delle profondità marine che dona fascino e raffinatezza alla narrazione: la sua celebrità serve a elevare la vicenda, sia quando è menzionata esplicitamente, sia quando e soltanto allusa. Il suo e il richiamo stellare in mezzo a tanti protagonisti sconosciuti e schiacciati dal grigiore della quotidianità”, spiega nella postfazione Toni Iermano, ordinario di Letteratura italiana e presidente dei Corsi di studio in Lettere all’Università di Cassino.

Quando la primadonna diviene anche la protagonista di una novella, “la narrazione si tinge di mitologia e la protagonista appare ai suoi contemporanei avvolta in una vita fiabesca e olimpica”, prosegue Iermano. È quel dettaglio che insegue le tendenze e le mode dominanti e alza le tirature del “prodotto”: gli autori del tempo lo sapevano, e ciascuno, a suo modo, provava a dialogare con le attese entusiastiche del pubblico dei lettori.

Per Eleonora Duse essere primadonna era uno status che andava ben oltre il sistema dei ruoli imperante nella scena italiana. Era infatti una condizione pressoché naturale, per un’anima come la sua. In quanto “figlia d’arte”, sapeva bene che nel mondo del teatro esistevano delle gerarchie, ma era intenzionata a starci dentro a modo suo: si era perciò costruita un cammino contraddistinto da scelte di repertorio non convenzionali per la sua epoca, aveva affrontato molte tournée internazionali, suscitava con la gestione della sua impresa teatrale e della sua immagine divistica l’attenzione di critici e giornalisti, nonché di pittori e fotografi.[…] Va detto che il rapporto di Eleonora con il pubblico e stato spesso conflittuale e assimilato a una forma di martirio bianco, ma la sua scalata al successo e andata indiscutibilmente di pari passo con la conquista della celebrità mondana. Per molto tempo ella ha considerato la massa degli spettatori come una belva famelica da domare, oppure un mostro munito di tanti occhi da cui doversi difendere. Soltanto nella vecchiaia, dopo i lunghi anni del suo silenzio artistico, e giunta a una sorta di riappacificazione che l’ha portata a considerare la sua arte come un dono da offrire agli spettatori. (dall’introduzione di Maria Pia Pagani )

Anna Macrì “Gli amori malvagi. Dieci storie di ordinaria violenza”, Bibliotheka Edizioni

NEGLI “AMORI MALVAGI” DELL’ATTRICE CALABRESE ANNA MACRÌ, DIECI STORIE VERE DI ORDINARIA VIOLENZA NEI CONFRONTI DELLE DONNE

IL RISULTATO DI UNA RICERCA DURATA TRE ANNI 

Prefazione di Francesca Rennis

«Se lo lasciassi sarei persa, non so fare altro che la bestia da soma di un uomo. Non so che cucinare, rassettare, stirare, rammendare e aprire le gambe quando vuole».

Gli amori malvagi. Dieci storie di ordinaria violenza dell’attrice calabrese Anna Macrì, in libreria il 16 febbraio per le edizioni Bibliotheka (96 pagine, 16 euro, edizione ebook a 4,99) è il risultato di una ricerca sul campo durata tre anni in vari centri antiviolenza. Il libro raccoglie dieci testimonianze (sulle oltre cento ascoltate) di donne violate da fidanzati, mariti, presunti amici. Le protagoniste si raccontano con onestà e crudezza, dopo percorsi spesso segnati da rassegnazione, istinto protettivo nei confronti dei figli, denuncia dei carnefici, sensi di colpa, timore del giudizio altrui e depressione.

Cristallizzato in un istante infinito di dolore, il racconto della violenza subita punta il dito sull’incapacità manifestata da molti uomini, e spesso in situazioni considerate normali e ordinarie, di costruire con le loro compagne rapporti maturi e di reciproco rispetto.

«L’ho scritto a mano, sotto gli ulivi della mia campagna o in riva al mare», spiega l’autrice. «E di notte, nel silenzio del mio studio, con la musica come compagna».

Attrice versatile, Anna Macrì ha ricoperto ruoli drammatici e brillanti, frequentando tragedia e commedia dell’arte, teatro danza e dell’assurdo. In nomination al David di Donatello per il cortometraggio Onora la Madre, vincitore Best Short 2018 di Matera, è stata nel cast del film di Volfango De Biasi Nessuno come noi. Per il teatro ha scritto e rappresentato Cria da Marè su Marielle Franco, politica, sociologa e attivista brasiliana assassinata nel 2018 (produzione Confine Incerto).

Andrea Pamparana “Un condominio”, presentazione

Prefazione di Carmelo Sardo

Bibliotheka Edizioni

Pensate allo psicoterapeuta che dall’oggi al domani non può più andare a trovare l’amante, si scambiano solo messaggi e videochiamate, ma la moglie se ne accorge e scoppia il dramma nel dramma. O alla giovane escort, che escort non è; all’infermiera che viene travolta dall’emergenza, ma che ha un problema ancor più grave, la figlia anoressica; al Cavaliere obbligato dal figlio a trasferirsi in una casa di riposo; ai due skipper costretti a restare a terra per molti mesi, all’ottico inventore e un po’ matto, simpatico e gran chiacchierone.  Sono le storie di una “commedia umana” sconvolta da un invisibile nemico. Dopo il Covid, infatti, in un luogo imprecisato del deserto, in un giorno altrettanto imprecisato, un cammello ha fatto un gran starnuto, ha infettato quel poco di erba che c’era in un’oasi e, giorno dopo giorno, un virus misterioso è passato da un animale all’altro, fino all’uomo.  E così, nel condominio di una cittadina del Nord, la vita quotidiana dei residenti subisce una svolta improvvisa e traumatica. È ciò che racconta il giornalista e scrittore Andrea Pamparana, già vicedirettore del TG5, nel suo nuovo romanzo “Un condominio”.

«L’ultima volta che ho visto mio padre in vita, eravamo separati da una grata di ferro a cui avevano attaccato un pannello protettivo di plexiglass. Lui seduto su una carrozzina, io in piedi a guardarlo, che altro non potevo fare, neppure tenergli una mano, accarezzarlo. Niente. Le regole, rigide, severe, non lo permettevano. Aveva lo sguardo perso nel vuoto, non capiva le mie domande e solo se insistevo alzando il tono della voce – “Papà, mi senti? Come stai?” – allora biascicava qualcosa che non afferravo. Aveva subìto un’altra ischemia cerebrale, qualche giorno prima, che lo aveva completamente obnubilato. Era il 24 luglio del 2021. Le mie ferie siciliane erano finite, dovevo rientrare a Roma il giorno dopo. L’ho salutato agitando la mano, seppur fossimo a meno di un metro di distanza. Gli ho mimato un bacio e gliel’ho mandato come si fa con certi detenuti nei colloqui in carcere, separati da uno spesso vetro divisorio. Me ne andai con l’angoscia nel cuore, perché sentivo che sarebbe stata l’ultima volta (…)  Il dolore non ha tempo quando si tratta di un padre, di una madre. E il mio dolore quel giorno era dilatato da una devastante consapevolezza: era morto da solo mio padre.»(Dall’introduzione di Carmelo Sardo)

Dichiara l’Autore: «Un condominio è la commedia umana di un gruppo di persone che affrontano i problemi e i drammi della vita quotidiana sfiorandosi senza mai veramente conoscersi. Sono personaggi in cerca d’autore. Del resto, come scrisse Luigi Pirandello, “ogni realtà è un inganno”».

Milanese adottato da Roma, Andrea Pamparana è giornalista, scrittore, sceneggiatore, conduttore radiofonico e tv. Ha iniziato la carriera il 16 marzo 1978, giorno del rapimento di Aldo Moro e della strage di via Fani. Da allora si è occupato di cronaca giudiziaria, politica estera e politica interna. Inviato per il Tg5, già capo della redazione milanese del Tg, ha seguito dal Palazzo di Giustizia di Milano tutte le fasi salienti della vicenda di Tangentopoli. Vicedirettore del Tg5 dal 2000 al 2016, ha condotto la rubrica L’Indignato speciale sia per il Tg5, sia per la radio RTL102,5. Ha scritto oltre venti libri su temi di attualità nazionale e internazionale, oltre a sei romanzi. Collabora con il quotidiano La Ragione, è curatore di mostre di carattere storico per la società Publimedia e on line cura la rubrica Emoticon, opinioni a confronto e Il laboratorio del filosofare. È autore della rubrica Vita da Cronista per la rivista il Millimetro.

Carmelo Sardo “Dove non batte il sole”, recensione di Adriana Sardo

Bibliotheka Edizioni

Adriana Sardo è solo omonima dell’autore

Ennesimo capolavoro letterario dell’illustre giornalista Carmelo Sardo

Per Platone il sole rappresenta “l’idea del bene”; per tutti noi è simbolo di luce, speranza e giustizia.

In assenza di luce solare, tutto diviene tetro ed esanime, come nell’angusta cella di Stefano.

Questo romanzo, scritto magistralmente, contribuisce, in modo incisivo, al dibattito sull’“ergastolo ostativo”, perpetuo, punitivo ed espiativo, non rieducativo e non rispettoso della dignità umana dei detenuti.

Espone, chiaramente ed egregiamente, il senso di disperazione di chi vive in carcere, anche ingiustamente, di chi vorrebbe redimersi ma che vede negata qualsiasi sua possibilità di riscatto. 

Le atroci sofferenze e vicissitudini di Stefano, la profonda umanità dell’appuntato Cocilovo, l’atteggiamento paternalistico di Don Tano, la determinazione e l’amorevolezza di Costanza, travolgono empaticamente il lettore, lasciando un messaggio indelebile, nel suo cuore e nel suo animo, cioè il dovere di garantire ad ogni, spesso “invisibile”, ergastolano il  “diritto alla speranza” e ad una “finestra” sul mondo.

Adriana Sardo 

La sinossi da Bibliotheka Edizioni

Carmelo Sardo, uno degli autori più acuti del fenomeno mafioso, torna con un romanzo di forte impatto emotivo in cui emergono le storture di una giustizia con le sue lacune e le sue incongruenze.

Rammusa, una cittadina della Sicilia barocca dove la mafia non spara e non ammazza più da anni, vengono assassinati marito e moglie nella loro gioielleria. Si pensa a una rapina finita male, ma il magistrato che indaga sospetta del figlio della coppia, Stefano Macrì, studente universitario di 27 anni.
Per il giovane comincia un atroce calvario. Confidava nello Stato per avere giustizia per i suoi genitori, invece è costretto a liberarsi di un’accusa infamante. Per farlo, Stefano è tentato di cedere a logiche e dinamiche che ha sempre eticamente respinto. Sa che anche nella Sicilia dei giorni nostri, ci sono uomini potenti che contano ancora, che non fanno più la guerra allo Stato ma vogliono che niente e nessuno possa insidiare la tranquillità raggiunta. Don Tano Culella è uno di questi. Al boss quello che è accaduto non è piaciuto e anche lui vuole capire chi abbia osato fare una cosa simile nel suo paese. Quando viene a sapere che il principale sospettato è Stefano, capisce che qualcosa non quadra. Conosce quel ragazzo da quando era un bambino, abitano nello stesso palazzo. Fatalmente, i destini di don Tano e di Stefano si incroceranno, perché hanno lo stesso obiettivo: la ricerca della verità.

Un romanzo civile e di impegno sociale che affronta ed elabora temi di scottante attualità del sistema penale italiano che contempla il fine pena mai: una pena di morte in vita. 

e un filmato con la presentazione dell’autore

Brevi note biografiche

Giornalista, vice capo redattore cronache TG5, corrispondente de “L’ora” di Palermo e del “Giornale di Sicilia”. Ha lavorato a Teleacras Agrigento come cronista a direttore responsabile del telegiornale. Ha pubblicato il primo romanzo nel 2010 con Mondadori intitolato “Vento di tramontana”,