Dario Fertilio – Guido Primiceri “Giocare l’impossibile. Colpi e caratteri estremi del tennis.Dalla smorzata di Alcaraz al rovescio bimane in salto di Sinner “, Mursia

In libreria dal 13 giugno

Mursia

«I giocatori visti da vicino, con i colpi mitici del tennis. Estremi quanto unici, inimitabili e per sempre legati alle personalità dei loro autori.»

I grandi campioni di oggi e del passato, da Alcaraz a Sinner, da Djoković a Connors, da Pancho Gonzales a Nadal, raccontati a partire dal loro colpo «estremo», quello in cui si esprime al massimo grado la qualità tennistica, e una fusione speciale di preparazione e istinto. Così il servizio di Isner e la risposta di Djoković, il serve-and-volley di Rafter e la smorzata di Alcaraz, il rovescio bimane in salto di Sinner e il tweener di Gasquet. Fino alle prodezze che suscitano maggior meraviglia, come il colpo laterale alla rete, la veronica e la smorzata, l’anticipo e il recupero pallonetto. Di ogni campione della racchetta presente in questa galleria non vengono soltanto analizzate le caratteristiche tecniche e i virtuosismi, ma anche ritratti i lati meno noti del carattere, le debolezze, i segreti, le superstizioni, le passioni non confessate e in qualche caso anche le follie.

Ci sono attimi nella storia dello sport che restano sospesi in un tempo anomalo e in uno spazio indefinito, consegnati a una specie di eternità. Sono fotogrammi della memoria plastici, iconici. Affini ai grandi momenti destinati a segnare una svolta simbolica nella politica, nell’arte, nella scienza e in genere nella creatività umana. In questi casi, più ancora che il contesto, rimane incastonato nel ricordo collettivo il gesto mai prima compiuto, e il nome del suo autore. Il salto in lungo fuori misura dell’americano Bob Beamon, che nell’anno 1968, a Città del Messico, accende sullo schermo dello stadio la cifra incredibile di 8,90, più di mezzo metro oltre il record mondiale fino ad allora conosciuto. Il mattino del 1972 in cui Bobby Fischer non si presenta alla seconda partita del campionato del mondo di scacchi, in corso a Reykjavik, e lascia la vittoria al campione in carica Boris Spassky, sfibrandolo nell’attesa a tal punto da costringerlo alla resa negli incontri successivi. Il goal segnato di mano da Diego Armando Maradona nel 1986, in Messico, ai danni dell’Inghilterra, eseguito con tale rapidità da rendersi sul momento invisibile a tutti. Il diretto destro con cui George Foreman nel 1994, sul ring di Las Vegas, a quasi 46 anni, spegne le luci del giovane campione del mondo, super favorito, Michael Moorer. Il salto nell’abisso di Umberto Pellizzari, che sfida le paure del buio sottomarino e i limiti della resistenza umana, nel 1999, scendendo in apnea, in assetto variabile no limits, fino a 150 metri di profondità.
Tutti questi episodi restano indelebili nella storia dello sport. E hanno una caratteristica in comune: sono per definizione tanto estremi quanto unici, irripetibili e inestricabilmente legati alle personalità dei loro autori.
Ma nessuno di essi è raffrontabile a quanto avviene nel tennis. Perché, a differenza di tutte le altre discipline sportive, in questo caso i colpi estremi – qualsiasi altra definizione si possa trovare per definirli, come «perfetto», «illegale», «inaudito» o addirittura «impossibile» – non possono essere risolutivi. La ragione si illustra da sé: il tempo di gioco nel tennis non conta, si prosegue fino a quando il match point decisivo è stato giocato, e nonostante tutti gli accorgimenti moderni per ridurne la durata – come il tiebreak, il super tie-break o il killer point – potenzialmente gli incontri potrebbero proseguire all’infinito. Insomma, i colpi «impossibili», anche se riescono, in questo sport non segnano la fine. Il momento successivo si fa tabula rasa e si ricomincia da capo, come se niente fosse successo. A meno che vengano ripetuti in numero sufficiente, e negli episodi chiave dell’incontro, quelli in cui la volontà dell’avversario si incrina, mentre affaticamento fisico e mentale diventano una cosa sola.

Dario Fertilio (Modena, 1949), giornalista e scrittore tradotto in numerose lingue, è autore di saggi e romanzi, poesia e teatro, oltre che articolista per vari quotidiani e vincitore di numerosi premi letterari. È appassionato di tennis.

Guido Primiceri (Milano, 1982), giocatore professionista fino al Duemila, è stato numero 378 del mondo a vent’anni prima del ritiro per infortunio. Maestro nazionale, ha fatto parte della prestigiosa Academy di Nick Bollettieri in Florida.

Teodoro Lorenzo “Rimpalli”, presentazione

Voglino Editrice

Racconto autobiografico di un’adolescenza vissuta sulla strada, segnata dall’inesorabile amore per il pallone.

Il protagonista, dall’oratorio e poi attraverso le giovanili della Juventus, approda al professionismo, conoscendo il mondo del calcio, di cui fornisce originali punti di vista e sorprendenti considerazioni.

La sua sarà, però, una breve permanenza: il destino, che determina le vicende di ogni calciatore, sempre in agguato, lo ghermisce inesorabile.

Numerose digressioni in ambito storico, sociale e letterario accompagnano la vicenda principale, conferendo al libro un valore aggiunto e assumendo, in alcune parti, la profondità del saggio.

Teodoro Lorenzo Torino 4 marzo 1962.
Prima di diventare avvocato ha militato nell’Alessandria Calcio, dopo la trafila nelle giovanili della Juventus. Ha scritto: De vita beata, Campus Marie Curie, Pensieri di carta (Edizioni Progetto Cultura); Saluti da Buenos Aires, Le streghe di Atripalda (Bradipolibri). Con il romanzo Il diavolo suricilllo (non ancora pubblicato) ha vinto il secondo premio del 52° Concorso Nazionale per il Racconto Sportivo del CONI. 

Recensioni e Interviste

Guy Chiappaventi “Il portiere di Ceaușescu”, Bibliotheka Edizioni

La storia di Helmut Duckadam, leggenda del calcio che parò 4 rigori al Barcellona, morto lo scorso 2 dicembre

È una storia lunga quasi quarant’anni e undici metri. La storia di quando una squadra di sconosciuti strappò, fuori casa, il titolo più importante del calcio europeo – la Coppa dei campioni – a una superpotenza, il Barcellona.

Era la notte magica del 7 maggio 1986 e, nello stadio di Siviglia, Helmut Duckadam, allora ventisettenne, riuscì nell’impresa di parare tutti e quattro i rigori dei giocatori catalani, in mondovisione e davanti a 60 mila spettatori e al Re di Spagna.

La biografia di questa autentica leggenda del calcio, morto il 2 dicembre scorso all’età di 65 anni, viene ricostruita dal giornalista Guy Chiappaventi, inviato speciale del tg La7 e premio Ilaria Alpi nel 1998, nel libro “Il portiere di Ceaușescu”.
 L’autore immagina che Duckadam – incarnazione del blocco comunista, “muro rosso”, “saracinesca romena” – racconti la sua storia in prima persona: “Non avevamo neanche le magliette per giocare, né l’energia elettrica per allenarci la sera a Bucarest e non potevamo accendere i riflettori dello stadio. Facevamo luce con i fari delle auto”.

Il Partito comunista romeno aveva promesso ai calciatori un premio prestigioso in caso di vittoria della Coppa dei campioni, una somma di denaro e una moto oppure un’automobile. “Da noi non era facile avere un’auto. Facevi domanda per una Dacia 1300 e poi aspettavi mesi, e qualche volta anni, prima che te la consegnassero. Quindi era un buon incentivo. Ma non avevamo bisogno di motivazioni oltre la posta in palio. Tutti volevamo giocare e vincere la finale, per noi stessi e per la patria. Insomma ci sentivamo pronti, sapevamo che sarebbe stata dura ma volevamo vendere cara la pelle”.
Quando la Steaua rientrò in Romania, all’aeroporto 15 mila persone accolsero i giocatori e almeno altrettante scesero in strada per seguire il tragitto del pullman fino a Bucarest. Fu un fatto insolito per il Paese comunista, dove le manifestazioni spontanee di piazza erano vietate, ma il regime volle capitalizzare la vittoria. Il presidente Ceaușescu invitò la squadra a palazzo e Duckadam diventò per sempre l’eroe di Siviglia, l’uomo che era stato capace di regalare una notte di felicità a un popolo che viveva con le luci spente, senza riscaldamento e con il frigorifero vuoto.

Guy Chiappaventi, giornalista, inviato speciale del tg La7 e premio Ilaria Alpi nel 1998, è autore di numerosi documentari e reportage di cronaca e costume. Dopo aver raccontato la suburra di Roma, la mafia e la ‘ndrangheta, negli ultimi anni ha seguito la cronaca giudiziaria a Milano. Ha pubblicato cinque libri: il primo, Pistole e palloni sulla Lazio anni Settanta, ha avuto otto edizioni in quindici anni.

Mario Giunta “Guida turistica per tifosi in Europa”, Bibliotheka Edizioni

Dall’11 ottobre il libro a colori e con QR code del giornalista sportivo Mario Giunta sulle squadre di Portogallo, Spagna, Francia, Germania e Inghilterra

Con la collaborazione di Alberto Gervasi e Niccolò Severini

in libreria dall’11 ottobre

Bibliotheka Edizioni

Seguire in trasferta la squadra del cuore, dormire a prezzi ragionevoli, mangiare in locali caratteristici, raggiungere facilmente gli stadi e i luoghi più significativi delle città, scoprire consuetudini e tradizioni dei club avversari. È ciò che offre la Guida turistica per tifosi in Europa, scritta dal giornalista romano di SkySport Mario Giunta con la collaborazione di Alberto Gervasi e Niccolò Severini.

Il libro, stampato a colori, si propone di far conoscere e apprezzare le storie, i luoghi e le tradizioni delle più importanti squadre di calcio europee.

 “Siamo partiti dal Portogallo, campionato in forte crescita con squadre che comunque hanno segnato la storia di questo sport”, spiega Giunta.  “Inevitabile una tappa in Spagna, tra la forza e la storia di Real Madrid e Barcellona, fino a toccare le tradizioni e le radici di altri club dal fascino incredibile. Era inevitabile che il nostro tour facesse tappa anche dai cugini francesi, perché non esiste solo il milionario Paris Saint-Germain, ma tante altre realtà che vale la pena studiare e conoscere.  Così come non era possibile non fermarsi in Germania – prosegue l’autore – dove, se l’immaginario collettivo porta ad identificare nel Bayern di Monaco la squadra simbolo, esistono compagini che per storia e tradizione forse sono ancora più importanti del Bayern per quello che hanno dato a questo sport. Ed infine l’Inghilterra con la Premier League: ad oggi il campionato numero uno del pianeta”.

Per ogni squadra, una ricca sezione è dedicata alla storia dei club dalla nascita ai giorni nostri (palmarès compresi), mentre diversi QRcode aiuteranno i lettori ad orientarsi nelle città europee del calcio.

Dichiara l’Autore: 

Con questo libro ho cercato di unire due passioni, il calcio ed i viaggi. La trasferta per come la vedo io deve essere un momento di condivisione casomai con la famiglia o gli amici e perché no, un momento per conoscere nuove culture e tradizioni. Il concetto è che non c’è solo la partita ma anche un contorno. Ogni squadra di questo libro poi ha una storia ed una tradizione senza precedenti e penso che conoscere sia anche un arricchimento personale ed una forma di rispetto per chi ti ospita”.

Mario Giunta, nato a Roma nel 1985, è un giornalista sportivo. Conduce dal 2010 il telegiornale di SkySport e numerose trasmissioni sportive sull’emittente satellitare tra le quali gli studi della Uefa Champions League, Europa League e Conference League, La Casa dello Sport e FantaShow. Per Sky Sport ha seguito come conduttore due Europei maschili (2021 e 2024), un Europeo femminile (2022)  ed un Mondiale femminile (2019).

Salvatore Sarno “SHOSHOLOZA. Un Comandante in Coppa America”, Mursia

Introduzione di Giuliano Luzzatto

Mursia

In questa intensa autobiografia, il Comandante Salvatore Sarno rivela la trama della sua vita, andando oltre l’impresa che lo ha reso celebre nella vela mondiale, la prima sfida africana alla Coppa America, con Shosholoza di cui è stato ideatore, e guida. In occasione della 32ma Coppa America a Valencia, aveva portato un Sudafrica, da poco uscito dall’apartheid e finalmente aperto al mondo, a regatare nel più antico trofeo sportivo con un equipaggio multietnico di giovani sudafricani sotto la guida sua e l’aiuto di due noti velisti italiani, Paolo Cian e Tommaso Chieffi. Poiché la Coppa America, giunta alla 37ma edizione, si svolgerà quest’anno a Barcellona a partire dal 22 agosto e tanti italiani la seguiranno come di consueto fin dai tempi di Azzurra, nel 1983, ecco che questo racconto torna oggi più attuale che mai.

Sarno ripercorre una vita avventurosa fatta di grandi fatiche e di altrettanto grandi soddisfazioni, fino a raggiungere l’apice della carriera professionale, che lo porta a guidare la MSC Mediterranean Shipping in Sudafrica. Qui, con la MSC, aiuta i giovani a sfuggire a situazioni difficili, e qui segue da subito le idee innovatrici di personaggi che appartengono alla storia stessa dell’umanità, quali i premi Nobel Nelson Mandela e l’arcivescovo Desmond Tutu. Il Team Shosholoza emerge come il punto culminante di una vita dedicata al lavoro, all’amore per il mare e la vela ma soprattutto alla generosità, delineando il profilo di un uomo straordinario.

Dichiara l’Autore: 

«Shosholoza è la realizzazione di un sogno, il sogno di tanti giovani che cercano un avvenire migliore. Il sogno di Nelson Mandela di sconfiggere il razzismo e vedere il suo paese unito con neri, bianchi, colorati e indiani lavorare in armonia. Shosholoza è anche un canto, poi diventato inno che invita al lavoro di squadra. La parola “Shosholoza” significa, procediamo, andiamo avanti ed il ritornello ripete: tiriamo e spingiamo insieme, sotto il sole e sotto la pioggia, tiriamo e spingiamo come se fossimo una sola persona.»

Dall’introduzione di Giuliano Luzzatto: 

«Il libro che avete tra le mani è l’autobiografia appassionata di un comandante di marina, un uomo di mare che si e fatto da sé, con perseveranza e dedizione al lavoro, alla famiglia e ai meno fortunati, animato da una sconfinata passione per il Grande Blu. Nato in Campania, Salvatore Sarno non è però figlio della rinomata marineria di Sorrento o Torre del Greco. Nasce nell’entroterra, in una frazione di Nocera Inferiore dove, per riuscire a vedere un piccolo triangolo di mare e sognare le sue avventure, si deve arrampicare sulle rovine del castello, eretto sulla collina che sovrasta il paese. Il libro si apre con il nostro autore-protagonista in aeroporto, in attesa di un volo che lo riporterà a casa, in quel Sudafrica dove i casi della vita e le sue abilità professionali lo hanno portato, dove ha fatto fortuna e dove si sente, appunto, a casa. Il giorno precedente si era conclusa in Spagna, a Valencia, l’impresa più importante della sua vita: la prima – e sinora unica – partecipazione di un team del continente africano alla Coppa America di vela. Con Shosholoza, il Comandante Sarno ha scritto una pagina indimenticabile del trofeo sportivo più antico del mondo ma, più importante ancora, del nuovo Sudafrica post apartheid. Pur avendo conquistato un meritato successo, si ricorda ogni giorno delle sue origini, delle difficoltà incontrate nella vita e di quanto tante persone, la maggior parte, fatichino quotidianamente. Ho conosciuto il Comandante Sarno in occasione della 32a America’s Cup. Mi hanno sempre appassionato le biografie degli uomini di successo, trovo infatti che da queste persone ci sia sempre da imparare, gli aneddoti possono spesso essere letti andando oltre al fatto in sé, in quanto rivelatori di un approccio alla vita che può essere di stimolo, ispirazione e crescita personale

Salvatore Sarno, (Nocera Inferiore, 1946) ha contribuito allo sviluppo della MSC Mediterranean Shipping Company. Trasferitosi in Sudafrica durante l’apartheid, ha creato una fondazione per aiutare i giovani neri a imparare un mestiere marittimo, per cui è stato nominato Cavaliere della Repubblica Italiana. Ha sponsorizzato tre partecipazioni olimpiche di un velista sudafricano e ha guidato il Team Shosholoza nella 32ma Coppa America, ottenendo un grande successo mediatico. Oggi vive a Durban, dirige la MSC in Sudafrica, continua a lavorare con la Marina Militare Sudafricana e la sua Fondazione Izivunguvungu alla quale andranno i proventi dei diritti d’autore del libro.

Il libro verrà presentato in anteprima nazionale presso La Libreria del Mare di Milano mercoledì 26 giugno alle ore 19,00 

Salvatore Calvaruso “Il pungente scorpione tedesco.Porsche 356 B 1600/2000 GS Carrera GTL Abarth”, NeP Edizioni

La storia della Gran Turismo più vittoriosa dei mitici anni ‘60 delle gare automobilistiche

Il mito di un’intramontabile auto da corsa rivive oggi attraverso una nuova pubblicazione di NeP edizioni.
“Il pungente scorpione tedesco” di Salvatore Calvaruso è dedicato ad uno dei modelli di Porsche più particolari e rappresentativi di tutti i tempi, la “Porsche 356B GS Carrera GTL Abarth”, detta “Gran Turismo Leggera”, costruita per la stagione agonistica del 1960.
In quegli anni, infatti, due grandi personaggi dell’automobilismo sportivo mondiale, Ferdinand Porsche e Carlo Abarth, decisero di accordarsi per creare un’auto da corsa derivata dalla “Porsche 356”, capace di partecipare e vincere nel Campionato Mondiale delle Gran
Turismo, in modo da consentire alla casa tedesca di scalare le vette del mercato mondiale.
Si decise di rivolgersi ai costruttori di auto da corsa e carrozzieri italiani per ottenere una vettura dal peso contenuto e dalle ottime qualità aerodinamiche.

L’autore, spinto da una enorme passione per le auto da corsa, ha voluto tener vivo il ricordo della nota corsa automobilistica siciliana Targa Florio.
La scelta di narrare in un libro la carriera agonistica di un modello di auto da competizione si
deve proprio all’enorme successo da essa riscosso nelle edizioni storiche della gara.
Attraverso approfondimenti inediti, splendide immagini e schede tecniche, il volume consente
di tracciare e comprendere l’intera filosofica motoristica espressa, in settantacinque anni di
storia, dall’iconica cavallina di Stoccarda.

Salvatore Calvaruso è nato a Palermo l’8 novembre del 1957. Nonostante nella sua vita abbia svolto tutt’altra attività, da sempre è stato attratto dal Motorsport, con particolare riferimento al mondo delle competizioni, sia automobilistiche che
motociclistiche, passione ereditata dal padre, che negli anni ’50 e ‘60 partecipò a molte gare organizzate in Sicilia, come il famoso Giro di Sicilia.
Proprio insieme al padre, nel 1962 assisteva per la prima volta alla Targa Florio.
La scelta di narrare in un libro la carriera agonistica di un modello di auto da competizione si deve proprio all’enorme successo riscosso nelle edizioni storiche della nota corsa automobilistica.

Luigi Guelpa “Li chiamano anche Portieri”, Mursia Editore


Prefazione di Guy Chiappaventi

Mursia

Il portiere è un avventuriero chiamato a gesti di grande responsabilità. È dispari, solitario, l’unico deputato all’uso delle mani. Le sue parate strappano applausi, i suoi errori non si possono cancellare. Li chiamano anche Portieri (Mursia, pagg. 222, Euro 17,00) è un viaggio che parte dalle origini del ruolo fino ai giorni nostri e oltre. È un’antologia di 44 portieri, una cavalcata che prende il via con Jimmy Foulke, il pioniere e pachidermico guardiano britannico dell’Ottocento, e taglia il traguardo con Jo Hyeon, che si ispira ai cartoon di Holly e Benji. Nel mezzo ci sono i folli dell’area di rigore, come Hugo Gatti che si abbronzava appoggiato al palo della porta, o Roberto Rojas che si tagliò il viso con un bisturi per tentare di vincere la partita della vita e compiacere Pinochet, oppure Gordon Banks, che rimase tra i migliori al mondo anche cieco da un occhio. Sono storie uniche, autentiche, al limite del paradosso. Storie di portieri.

Dall’introduzione:

«Quello del portiere non è un ruolo. È una vocazione. Sta da solo in un gioco di squadra. Usa le mani mentre tutti gli altri i piedi. È confinato in un recinto lungo sedici metri. È l’ultimo guardiano della trincea, non può sbagliare. Se fallisce lui, la squadra capitola. L’errore non ha rimedio e può essere indimenticabile […]. Esistono due categorie di portieri. I pazzi e i regolari. I primi sono eccentrici, giocano per lo spettacolo e i fotografi, gatti messi sulla linea di porta, volano da un palo all’altro, qualche volta escono dall’area, dribblano, calciano punizioni e rigori. In questo libro ce ne sono diversi, il clown Pfaff trafitto da Maradona, il surfista Campos che disegnava i suoi completi e allevava cavalli, Chilavert il politico, il soldato della Rhodesia Grobbelaar-Spaghetti legs […]. Poi ci sono i portieri regolari, quelli che basano tutto sul piazzamento e concedono poco allo spettacolo. I freddi che si esaltano poco e raramente fanno una cappella. Sono una minoranza perché il portiere deve essere un po’ matto: non so se si possa inserire in questa categoria William Henry Foulke (il suo è il primo capitolo), portiere XXL inglese a cavallo tra fine Ottocento e primi del Novecento, mangiava dieci bistecche prima della gara, pesava così tanto che occupava tutta la porta e, quando usciva in presa alta, «oscurava il sole, ma era un peso massimo con l’agilità di un galletto». In questa categoria di portieri «assennati» (avete capito che non è la mia tazza di tè) scelgo il mito Dino Zoff. Uomo antico, è il francobollo di Guttuso con le mani sulla Coppa del mondo, un friulano silenzioso e quasi muto che era stato delegato a parlare con i giornalisti durante il silenzio-stampa dell’82, poche scene e molti fatti, crocifisso per i tiri da fuori presi in Argentina, si riscattò in Spagna con la parata all’ultimo minuto contro il Brasile sul colpo di testa di Oscar, la palla bloccata sulla linea di porta: fu forse l’unica volta in cui lo vedemmo agitarsi, fare segno ai brasiliani che «no, non è entrata», ci si gelò il sangue, la gloria è questione di centimetri». (Guy Chiappaventi)

Luigi Guelpa è nato nel 1971 a Vercelli dove vive. È un giornalista professionista che da oltre trent’anni racconta i conflitti di mezzo mondo (Balcani, Siria, Iraq, Libia, Ucraina) per alcune tra le principali testate nazionali, tra le quali «Il Foglio» e «Il Giornale». Autore per Rai Due, spesso si affida allo sport per trovare una diversa chiave di lettura nel narrare gli aspetti sociali e di vita quotidiana dei Paesi in cui è inviato. Nel 2010, con Il tackle nel deserto, ha vinto il Premio Selezione Bancarella Sport.

Elenco dei portieri citati nel libro

OLE SHOVKOVSKYI 2022 Il ribelle che sfida Putin (prologo)
WILLIE HENRY FOULKE 1894 Voglio una vita spericolata… a tavola
BERT TRAUTMANN 1944 Il soldato di Hitler che diventò idolo della regina Elisabetta
MOACIR BARBOSA 1950 Condannato all’ergastolo per non aver commesso il fatto
HARRY GREGG 1958 L’eroe dell’aereo maledetto
RI CHAN MYONG 1966 La zanzara coreana che affossò l’Italia
ROBERT MENSAH 1971 Isaac, che uccise la leggenda
GORDON BANKS 1972 Con uno occhio solo, a difesa del fortino
DIMBI TUBILANDU 1974 Il gatto di marmo della villa di Mobutu
HENRY FRANCILLON 1974 Tra calcio, sesso e voudù
JAN JONGBLOED 1974 Una passione sfrenata per le bionde… da fumare
JURGEN CROY 1975 Il socialista modello che disse no a Honecker
HUGO GATTI 1977 Emozioni da luna park quando gioca El Loco
RONNIE HELLSTROEM 1978 Il “figlio” delle madri di Plaza de Mayo
RAMON QUIROGA 1978 L’inconsapevole alleato della dittatura argentina
VOLKER IPPIG 1981 Il cuore che davvero batteva a sinistra
KEVIN O’CALLAGHAN 1981 Fuga per la Vittoria di un portiere che non era portiere
NIGEL SPINK 1982 L’attore di Ken Loach prima di Ken Loach
MEHDI CERBAH 1982 Tra la gloria e il doping di stato
THOMAS NKONO 1982 Il gigante d’ebano e la mamma bianca
HARALD SCHUMACHER 1982 Il cerbero che Pertini trasformò in uno scolaretto
VALDIR PEREZ 1982 Volevo solo far volare gli aquiloni
DINO ZOFF 1983 Un’ultima volta, prima che il mito ceda il passo all’uomo
BRUCE GROBBELAAR 1984 Dalla guerra in Rhodesia agli spaghetti molli
LUCKY AGBONSEVAFE 1985 Morto almeno una dozzina di volte, ma ancora vivo
HELMUTH DUCKADAM 1986 Davide contro Golia nella Romania di Ceausescu
RAAD HAMMOUDI 1986 Un pallone contro le bombe di Saddam
HECTOR ZELADA 1986 Un fantasma alla Coppa della Mondo
JEAN MARIE PFAFF 1986 Il pazzo artificiale che sarebbe piaciuto a Baudelaire
TINO LETTIERI 1986 Tutte le strade non portano a New York e a “broccolino”
ROBERTO ROJAS 1986 Quando al condor spezzarono le ali
ANTONIO JESUS 1987 La maledizione dei portieri portoghesi
JENS MARTIN KNUDSEN 1990 Il berretto della provvidenza nell’isola delle pecore
RENE HIGUITA 1990 Plata o plomo? L’amico di Pablo Escobar
SERGIO GOYCOCHEA 1990 L’uomo che mandò in frantumi la Jugoslavia
JORGE CAMPOS 1994 Tutti i giorni è Un Mercoledì da Leoni
JOSE LUIS CHILAVERT 1999 Il bulldog seduttore di anime
FABIEN BARTHEZ 2002 Il rugbista che voleva essere Serge Gainsburg
HOPE SOLO 2007 La prima e l’ultima della classe
RAFAEL KAPANGO 2010 L’influencer senza lo straccio di un solo follower
MENSAH NSOUHOHO 2011 Quando la vita vale meno di 1.000 dollari
FATIMA JUWARA 2016 Il sogno infranto nell’inferno del Mediterraneo
JO HYEON WOO 2018 Agile come un’anguilla, coraggioso come una tigre
MESHAAL BARSHIM 2022 Il mito calcistico del terzo millennio