Massimo Recalcati “A libro aperto” su Terza Pagina La Repubblica articolo di Stefano Bartezzaghi

di STEFANO BARTEZZAGHI

L’autobiografia è una vita che finisce per prendere forma di libro. Per chi però pensi che siano i libri, casomai, a fare la vita — a darle nuovi inizi più che fini — è inevitabile che la faccenda si ingarbugli. È questo il caso di Massimo Recalcati che non ha tanto scritto un’autobiografia attraverso i libri della sua vita quanto mostrato come la sua vita sia stata scritta da diversi autori, fra cui Omero, gli evangelisti, Sartre, Rigoni Stern e Heidegger.

Così almeno bisognerebbe dire, a voler tirare le conclusioni estreme della teoria della lettura che lo psicoanalista enuncia nel suo A libro aperto. Una vita è i suoi libri (Feltrinelli). Nel sottotitolo non c’è refuso: tra “vita” e “libri” non va una congiunzione bensì una copula. Capita sovente con gli scritti di Recalcati, sia quelli teorici sia quelli più saggistici e dissertativi: il tema messo di volta in volta al centro — sia l’inconscio o l’arte, la figura del padre o quella dell’erede, la scuola, il tradimento amoroso o i disordini alimentari — per quanto definito e circoscritto diventa il punto focale che schiude l’orizzonte dell’intera riflessione dell’autore. Qui accade con il libro che, intanto, non è visto come strumento di comunicazione, pacchetto di memoria artificiale confezionato come merce e facilmente stoccabile nei propri scaffali.

Come tra i discorsi vi sono chiacchiere e conversazioni “piene”, così vi sono libri ordinari e libri speciali. Nei casi speciali, dice Recalcati, è il libro a “leggere” il lettore. Ci si accosta a molti libri, per interesse, curiosità o obbligo; ma il lettore sa che alcuni di loro, appena aperti, sembrano come venirgli incontro. Proprio “incontro” è la parola-chiave: designa la forma della relazione che si instaura fra libro e lettore.

Non si tratta di un’acquisizione, di una trasmissione di sapere, di un “assorbimento” ma di una vera e propria esperienza in cui il libro si offre al lettore in forme che Recalcati sintetizza con tre analogie: come “coltello”, poiché “taglia” la vita del lettore, determinando una differenza tra quello che essa era prima e quello che diventerà dopo l’incontro; come “corpo”, perché il libro non è inerte ma agisce, sino a delineare una dimensione erotica dell’incontro fra libro e lettore (per Italo Calvino, del resto, il rapporto sessuale è una forma di lettura reciproca fra due persone); come “mare”, infine, il libro si fa tramite verso l’ignoto. Da qui il titolo di Recalcati, con il suo richiamo, non certo casuale, a Ulisse e al dantesco “alto mare aperto” in cui si mise.[…](da Stefano Bartezzaghi La Repubblica novembre 2018)