Angela Borghesi “L’anno della Storia” un saggio sulla polemica letteraria su “La Storia” della Morante da La Repubblica Cultura

“Sei patetica” così scoppiò il caso Morante

di MARCO BELPOLITI (da La Repubblica Cultura 2019)

Nel giugno 1974 arriva nelle librerie italiane il nuovo romanzo di Elsa Morante: La Storia.

Romanzo. In copertina una foto di Robert Capa dalla guerra civile spagnola: un corpo riverso su un mucchio di rovine virato in rosso. Sono 661 pagine, prezzo 2.000 lire. Pubblicato direttamente in economica per volontà della autrice, è tirato in centomila copie. Einaudi l’ha annunciato con piccole pubblicità, poi acquista un’intera pagina sul Corriere della Sera.

Prima di allora nessun libro italiano era stato accompagnato da un battage simile. In breve diventa il libro dell’anno salutato da una serie incredibile di recensioni e polemiche: 354, esclusi i saggi veri e propri.

A quarantacinque anni di distanza una studiosa di letteratura italiana, Angela Borghesi, raccoglie 204 recensioni e analizza in 300 pagine quella mole di scritti, definendo in modo puntiglioso e apertamente polemico il caso-Morante: L’anno della Storia 1974- 1975 che coraggiosamente l’editore Quodlibet pubblica in questi giorni.

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 Dopo un esordio favorevole di Geno Pampaloni, e una dichiarazione commossa di Natalia Ginzburg, scoppia la bagarre. Sulle pagine del manifesto una velenosa lettera a firma di Nanni Balestrini, Elisabetta Rasy, Letizia Paolozzi e Umberto Silva, stigmatizza la recensione positiva di Liana Cellerino nel luglio del’74.

Seguiranno interventi di Rina Gagliardi, positivo, e una tirata d’orecchie di Pintor ai firmatari, poi altre recensioni negative e il finale tombale di Rossana Rossanda, decisamente contro.

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Persino Pier Paolo Pasolini, il più legato di tutti a Elsa Morante, in un lungo pezzo su Tempo evidenzia il fallimento del romanzo, che è «tre libri insieme».

Angela Borghesi mette in luce l’incomprensione che in un paese, dominato culturalmente da marxisti e cattolici, mostrò la critica davanti a un’opera che spiazzava le ideologie dell’epoca con una visione del mondo che Garboli giustamente definisce “poetica”, al di là delle convinzioni politiche e sociali.

Perché questa reazione? Ci sono almeno tre aspetti che Borghesi riassume nelle pagine finali, arrivando sino al nostro oggi, dove in Italia, in mezzo a tanti “capolavori” dimenticati, La Storia vende 7-8.000 copie ogni anno. Il primo lo spiega Garboli, il solo che si schiera con decisione e motivazioni a favore della Morante: invidia. Gran parte degli articoli con un linguaggio politico-militare stigmatizzano l’aspetto commerciale, il best seller che diventa. Aveva successo, quindi non poteva essere un buon libro. Borghesi ha strada facile nel segnalare come in gran parte delle critiche, con qualche eccezione, manchi l’analisi critica, l’approfondimento, e dire che narratologia e critica stilistica erano ben sviluppate all’epoca. La seconda ragione, scrive l’autrice, è «il pregiudizio di genere», un tema oggi attuale, forse non così profondamente marcato all’epoca; di certo, in quanto romanziere donna, Morante ha sempre suscitato molte diffidenze. La terza ragione è probabilmente la più profonda, e anche letterariamente più importante: il rifiuto del patetico.

Italo Calvino, che pure stimava Elsa, e a cui il romanzo non piace fino in fondo, lo dice con molta evidenza: un narratore contemporaneo può far ridere o far paura al suo lettore, ma «farlo piangere no».

Quello che la critica marxista in particolare rifiuta è proprio il pathos narrativo de La Storia.

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Vedi anche:

Elsa Morante “La Storia”

Elsa Morante “L’isola di Arturo”

Anna Folli  “Morante Moravia. Una storia d’amore”