Nadia Fusini “Maria” recensione di Leonetta Bentivoglio da La Repubblica Cultura

Ritratto di signora in fuga innamorata di un uomo che la odia

 

Questo breve e tesissimo romanzo riflette le oscillazioni di una passione inquieta, ossessiva e squilibrata come lo sono certe passioni femminili, capaci di smarrirsi in zone rischiose del sentire, cioè in aree di remissività morbosa, nate da secoli di sopraffazioni, delle quali si dovrebbe tener conto quando si parla di femminicidi. Fusini, che è una femminista storica, ha il coraggio di descrivere in alcuni passaggi il godimento con cui María recepisce la brutalità del suo compagno, e la franchezza con cui registra un tale gioco al massacro è uno degli aspetti più notevoli e inaspettati del libro.

[…] Benché la trama prenda spunto da un episodio di cronaca, la vicenda scorre affrancata da condizionamenti. E sembra attenersi al linguaggio e alla struttura di una novella classica: netta, implacabile, essenziale. Conta il plot. La donna del titolo è fragile e al contempo audace. La sua debolezza, la sua sopportazione del più osceno machismo, sanno cedere improvvisamente il passo alla temerarietà. Quest’impulso catartico investe María nel momento in cui mette al mondo un figlio.[…] La nutre di un potere nuovo. Ciò accade alla fine della storia coincidente con l’inizio, dato che la forma di questa parabola scaturisce da una dichiarazione che lei rilascia in questura: «Sono venuta a confessare un delitto».

A partire da qui, il resoconto ci viene restituito dall’agente di polizia Santini, il quale lo raccoglie per accompagnarci nel lungo flashback di María cospargendolo di commenti acuti e turbati (Santini è un tipo colto e sensibile).[…](Da LEONETTA BENTIVOGLIO La Repubblica Cultura)