Maurizio Crosetti “Il suo nome è Fausto Coppi” recensione di Paolo Di Paolo Da La Repubblica Cultura

 

Pedalo quindi sono, Fausto Coppi raccontato da chi lo conosceva bene

 

Non lo prendevi mai, scappava via. La sua prima bici era di suo fratello Livio, ma troppo grande per lui, dice Angiolina. Portava i pacchetti con la bici e saliva le scale, entrava nelle case e gli ripetevo di salutare bene, dice Domenico. È serio ma non è triste. È vulnerabile, e gli piace stare da solo, dice Biagio. Se lasciassimo agli altri la parola sulla nostra vita? Ne verrebbe una curiosa biografia corale, o un’autobiografia per interposte persone. D’altra parte, non sempre siamo i narratori più oggettivi di quello che ci capita. Spesso gli altri capiscono, mettono a fuoco dettagli e verità a cui non abbiamo fatto caso. Maurizio Crosetti – per raccontare Fausto Coppi a cent’anni dalla nascita – evoca, o per meglio dire convoca, i testimoni oculari dell’esistenza del grande ciclista. Li lascia parlare, uno dopo l’altro: la madre, il bottegaio per il quale Fausto faceva le consegne (in sella a una bicicletta, naturalmente), gli amici e gli antagonisti, gli amori, gli spettatori dell’incredibile parabola sportiva dell’Airone. Parla il capo meccanico, e parlano i gregari. Parla la moglie, e parla la discussa Dama Bianca. Parlano i figli: di un padre che non è mai diventato vecchio, inchiodato per sempre ai suoi quarant’anni. Parla anche Bartali, naturalmente, e confronta la propria solitudine con quella dell’eterno rivale. Crosetti reinventa letterariamente queste voci, una per una, con le loro cadenze, i tic, con lo stupore, il rimpianto, l’amarezza. […]

Da cronista sportivo di lungo corso, Crosetti ha ascoltato dal vero alcune delle voci che raduna nelle pagine di Il suo nome è Fausto Coppi (Einaudi Stile Libero), ma qui si prende la libertà del narratore puro.[…]

( Da Paolo Di Paolo La repubblica Cultura)