Giulia Corsalini racconta la storia di Nina, una donna ucraina che sceglie di lasciare il suo Paese.
[…]Corsalini racconta la storia di Nina: la racconta a posteriori giocando con il tempo. Nina è ucraina, sposata (poi vedova) e con una figlia poco più che adolescente che via via cresce fino a diventare madre a sua volta. Quando comincia a narrare, in prima persona, Nina ha già vissuto quasi tutto: la troviamo un po’ segretaria e un po’ docente per stranieri all’istituto di Lingua e Cultura russa di Kiev, un lavoro che ha ottenuto grazie agli studi su (e alla passione per) Čechov. Ha alle spalle un anno di lavoro in Italia, a Macerata, come badante di una vecchia signora, «un anno molto difficile per me e per mia figlia, durante il quale, tuttavia, sono stata anche felice; […]
Ne è passato di tempo (8 anni) ma quel periodo è ancora presente come «sentimento incomparabile di una speranza…». E può sembrare assurdo che quella speranza di felicità abbia finito per coincidere con il momento più tragico: quando Nina, da lontano (lei in Italia per aiutare la famiglia, lui in Ucraina), viene a sapere dalla figlia Kàtja che suo marito, dopo una lunga malattia, è morto. […] Nina non si era decisa a partire dall’Italia per accompagnare l’agonia di lui. […]non sapremo mai bene per quale ragione suo marito, dal letto di morte, abbia esortato la figlia a non insistere perché la mamma tornasse.[…]
Ed è anche questa sospensione nell’inespresso l’aspetto che rende La lettrice di Čechov un libro così insolito e coraggioso. Nel lavorio sulle zone d’ombra della vita (che sono poi quelle decisive) agisce anche, come si diceva, il gioco del tempo, che Corsalini riesce a giostrare con maestria, scivolando inavvertitamente dal passato al presente e viceversa, ma anche dal passato prossimo al remoto. (da Paolo Di Stefano La Lettura Il Corriere)