Dal Corriere della Sera: Nella Nobili “Ho camminato nel mondo con l’anima aperta” recensione

 Nella, la poetessa ritrovata

La fabbrica, i dolori, l’amore proibito nella raccolta curata da Maria Grazia Calandrone per Solferino

Nobili, operaia a 14 anni, autodidatta, nel 1953 lasciò l’italia per Parigi […]

Tutto ha una storia, in Nella Nobili. Storia di fatica e di fame, soprattutto: nasce a Bologna, madre sartina, padre muratore emigrato in Algeria. Poverissimi. Va alle elementari: in quarta, l’incontro della vita, con i versi di Ada Negri. La poesia diventa una ragione d’essere. Ma per la «figlia del popolo» il destino ha già scelto: il lavoro appena finita la quinta — prima a consegnare il latte porta a porta, poi in un’azienda che fa astucci per gioielli. Nel gennaio del 1940 raggiunge l’età giusta: «La fabbrica è un muro/ È una prigione la fabbrica/ Una punizione/ Quando ci entri a quattordici anni».

Adolescente, Nella deve darsi pace, dimenticare i libri. «Un caso emblematico — la definisce Nicola Crocetti — di una delle centinaia di intelligenze sprecate di questo Paese in quegli anni: menti che la scuola elementare risvegliava ma che la vita destinava ad altro. Lei però non si è mai rassegnata». Un vicino appassionato d’opera le presta libretti e romanzi. Lei legge dove può, quando può. Di notte a lume di candela, in fabbrica, chiusa in bagno nella pausa pranzo. Studia inglese e tedesco, da sola, per leggere Emily Dickinson e Rilke, tradurli. E scrive di suo: «E quella bambina interrotta si mise a cantare/ L’acqua e il vento la gioia e il dolore/ La bellezza d’allora».

Piano piano l’operaia entra nei circoli intellettuali bolognesi, si fa conoscere. L’aiutano Morandi e Giuseppe Galassi, direttore del «Giornale della Sera», che pubblica nel ’48 un articolo che le apre le porte di Roma e di Casa Bellonci. Il primo libro pubblicato, le recensioni. Ma anche l’etichetta di cui Nella, da allora, cercherà sempre (e invano) di disfarsi: la poetessa-proletaria, una «camicia di forza, una pubblicità ingannevole». Una prigione da cui, dopo tre anni, Nella scappa. Va a Parigi, per essere libera di scrivere — e vivere — come vuole: non un’immaginetta da mostrare in salotto ma una donna vera, che fa poesia senza sconti e canta l’amore per il suo stesso sesso. Troppo per l’italia di allora.

[…]

Oggi, più di trent’anni dopo, la sua voce sorprende. Un urlo, soprattutto quando dice delle forzate della fabbrica. «Leggera, dentro l’inferno» scrive Maria Grazia Calandrone nell’introduzione alla raccolta, che mette insieme una scelta di versi rappresentativi dei vari temi e fasi del lavoro di Nella sulla scrittura. Un testo, quello di Calandrone — poetessa anche lei — che ha poco della prefazione canonica: quasi un racconto breve, pieno di appassionata partecipazione, mai improvvisato. L’autrice ha ricostruito con cura la vita di Nobili basandosi su documenti e testimonianze anche inediti, lavorando con Marie-josé Tramuta dell’università di Caen e con Edith Zha, ultima compagna di Nella. Un lavoro di scavo che restituisce una voce poetica dimenticata ma ancora forte e accende una luce sulla condizione femminile e operaia nell’Italia degli anni Quaranta.(Da Giulia Ziino Il Corriere)

I testi di alcune poesie di Nella Nobili tratte dalle sue raccolte