Lo zen e l’arte di scrivere dizionari
Se visitaste un tempio zen a Kyoto potreste vedere la seguente scena: un giardiniere inginocchiato su un manto erboso armato di pinzette da sopracciglia e di infinita pazienza, intento a pulire — stelo per stelo, foglia per foglia — il prato, per renderlo perfettamente uniforme e libero da erbe aliene. Ci vuole una certa idea di disciplina, di ordine, di attenzione mentale per ingaggiare una così impari battaglia con il caos della natura. Forse solo un giapponese può farlo. Così come ci vogliono le stesse ossessione e pazienza per realizzare ex novo un dizionario che metta ordine nel fertile abisso della lingua dei segni. Un’impresa talmente titanica da richiedere quindici anni.
Almeno, questo è quello che racconta Miura Shion, scrittrice molto celebrata nel suo paese, ne La grande traversata (Einaudi Stile Libero, 326 pagine, euro 18,50), che oltre ad essere il titolo del romanzo è anche il titolo del vocabolario che dovrà vedere la luce. […]
Il romanzo inizia così, inoltrandosi nei dubbi semantici che affascinano i lessicografi. Ma che soprattutto servono al giovane editor Majime Mitsuma, per conoscersi, crescere, e attraversare infine la linea d’ombra che lo separa dalla maturità. […]Grazie ai libri scriverà una leggendaria, lunghissima, lettera in giapponese antico: talmente aulica e densa di citazioni poetiche da essere fraintesa dalla destinataria («scusa, non ero sicura che fosse una lettera d’amore»), e schernita dai colleghi ai quali ingenuamente la fa leggere.
Siamo nella parte più bella e intrigante del libro: che qui è un bildungsroman in cui le parole con i loro misteri sono le vere protagoniste e dove si svela come l’arte di definirle sia un esercizio di logica, di sintesi, di visione. E l’educazione sentimentale di Majime diventa soprattutto un’educazione verbale che lo forma e lo consegna — felicemente — all’età adulta.[…]( da GREGORIO BOTTA La repubblica)