Lo scrittore inglese, oggi a Mantova col suo nuovo romanzo,
annuncia anche l’uscita a breve di un racconto sulla Brexit
Esseri umani, robot e la questione morale
McEwan indaga
la civiltà che cambia
di Mauretta Capuano
MANTOVA. È un robot, Adam, bello e potente a dominare la scena nel nuovo romanzo di Ian McEwan, “Macchine come me” (Einaudi, pp. 281, 19,50 euro) dove ci si interroga su che cosa sia la natura umana ma soprattutto sulla responsabilità di gestire il rapporto con le macchine. «Al cuore del libro c’è la questione morale» dice lo scrittore, che oggi chiuderà il “Festivaletteratura” di Mantova e ha appena finito di scrivere un nuovo romanzo sulla Brexit. «L’ho consegnato giovedì scorso e uscirà in tempi record. Devo molto a Franz Kafka. È la storia di uno scarafaggio che una mattina si sveglia e si trova trasformato in una creatura gigantesca che è il primo ministro dell’Inghilterra», racconta e annuncia che il titolo è “Cockroach”, Scarafaggio appunto. «Siamo in mezzo a una grande tempesta nel mio Paese e continuo a domandarmi com’è che siamo arrivati a tanto. È probabile che ci sarà un’estensione della scadenza per l’uscita dall’Unione Europea al 31 gennaio. Però è imprevedibile anche ciò che avverrà domani», sottolinea l’autore di “Espiazione”. «È un momento molto triste per il mio Paese, siamo una società divisa. Come riusciremo a rimediare a tutto questo? Stiamo andando verso una società simile agli Stati Uniti dove in fondo ci sono due culture, due civiltà che convivono. Una lezione che abbiamo imparato da tutta questa saga è che è una pessima idea far prendere una decisione su un problema complesso con un referendum popolare, specialmente se il sistema è maggioritario. Se si tenesse adesso un nuovo referendum il risultato sarebbe, 53% per rimanere e 47% per Brexit, ma sappiamo che i sondaggi spesso sbagliano». L’impossibilità di prevedere il futuro attraversa anche “Macchine come me” pubblicato da Einaudi nella traduzione di Susanna Basso. «Ad un essere artificiale possiamo dare principi morali ma non l’interpretazione di questi. Noi sappiamo benissimo che è sbagliato mentire, ma sappiamo che a volte è necessario farlo. Sarebbe quasi impossibile programmare un algoritmo di intelligenza artificiale che gestisca le bugie a fin di bene. Adam è razionale, totalmente, e ha una visione completamente diversa da quella degli uomini. Io sto al 51% dalla sua parte», spiega McEwan. Charlie Friend, la voce narrante della storia, 32 anni, che vive comprando e vendendo titoli online, non resiste alla tentazione di aggiudicarsi Adam e pensa che lo aiuterà a conquistare la sfuggente Miranda che vive al piano di sopra, ma quando riuscirà a vincere la sua resistenza Miranda cercherà vendetta, mentirà alla polizia e in tribunale. E si pone qui un dilemma etico lacerante. Ambientato a Londra, in un altro 1982, in cui è rovesciato il risultato della guerra delle Falkland e i Beatles si sono da poco ricostituiti, “Macchine come me” poteva essere ambientato in qualsiasi periodo storico. «Però volevo fosse nel passato. Il passeggero che mi ha trasportato in quel momento storico è stato Alan Turing, perché volevo dargli la vita che non ebbe mai», dice lo scrittore. E ammette: «Ho un pregiudizio contro i romanzi che si svolgono nel futuro. Possiamo anche predire il passato. Il presente è il risultato più fragile dei risultati possibili. In fondo siamo tutti poco bravi a predire cosa accadrà. Chi avrebbe potuto prevedere l’impatto che Internet avrebbe avuto su di noi e che i social media sarebbero stati in grado di scegliere un presidente per una nazione moderna o di trasformare le voci di corridoio in vere notizie? Nessuno. Siamo tutti seduti intorno a un tavolo dove si fa il gioco di interpellare il fantasma che sta nella stanza». Nel romanzo, con citazioni da “Blade Runner” e un omaggio a Asimov nel titolo, McEwan ci racconta in fondo che «siamo ai primordi di un cambiamento di civiltà enorme» e ci fa riflettere sul fatto che «noi umani, in una vita così breve, siamo in grado di costruire macchine immortali».