Da La Repubblica Cultura: Karen Green “Il ramo spezzato” recensione

Caro David cose divertenti non ne farò più
da PAOLO DI PAOLO
[…] Nelle pagine di Il ramo spezzato (Baldini+Castoldi, edizione limitata e numerata), l’artista californiana Karen Green insiste sui luoghi — come dovesse riprenderne le misure, o perimetrare un’assenza — e sugli oggetti.
Gli spettatori muti della nostra vita (la moquette, una tuta, il forno, le travi del soffitto) restano lì anche quando ce ne andiamo. E lei, che ha perso l’uomo che amava, suo marito, asseconda quella «pulsione disperata» che prende a battere nei vivi, e che li stimola — sono parole di Elsa Morante — «a cercare i loro morti non solo nel tempo, ma nello spazio». Così, trova il suo tema dell’addio nell’inventario di cose, prima ancora che di gesti o di parole; confeziona una lista poetica e strana, pronta per un trasloco impossibile.
Ho provato a leggere Il ramo spezzato sforzandomi per un po’ di dimenticare l’identità del grande assente: lo scrittore americano David Foster Wallace, morto suicida il 12 settembre 2008. Green avanza per lampi, per strappi: ogni passo di prosa lirica è circondato, avvolto o forse protetto, da parecchio spazio bianco. […] A differenza di ciò che accade in alcuni fra i racconti più forti di vedovanza pubblicati nell’ultimo decennio ( L’anno del pensiero magico di Joan Didion, Storia di una vedova di Joyce Carol Oates, Livelli di vita di Julian Barnes), Green non intende ricostruire, o connettere, né fare ordine nella memoria. È troppo presto, o forse, in ogni caso, è tardi. «Tutto è sparpagliato».
La sensazione più marcata che Il ramo spezzato riesce a tradurre in parole (in italiano, grazie alla bellissima versione di Martina Testa) è il disorientamento dopo una perdita, quella sospensione insieme calma e disperata, la difficoltà di mettere a fuoco: le lacrime velano e sfumano i contorni, ma anche a occhi asciutti niente appare chiaro, decifrabile fino in fondo.[…]