Il Corbo di Simi ora s’interroga sui padri e i figli
in libreria
di FLAVIA PICCINNI
Tutti i giorni, compreso il sabato e la domenica, Giampaolo Simi siede alla sua scrivania e guarda fuori dalla finestra, che s’affaccia su un piccolo viale di oleandri. Annusa l’aria di salsedine e di pineta della sua Viareggio e poi – dalle otto del mattino alle undici, dalle quindici alle diciotto – fa una cosa che ogni scrittore sogna di fare: se ne sta davanti allo schermo del computer e pensa alle storie dei suoi personaggi, dà loro una forma, restituisce loro la vita. Così, con questo regime di ferro, è nato anche il noir “Come una famiglia” che esce oggi per Sellerio (pp. 425, EUR 15), romanzo che ha come protagonista una vecchia conoscenza, Dario Corbo, e obbliga il lettore a fare i conti con i propri limiti sentimentali e personali. Non si tratta di un libro per cuori sensibili, anzi. C’è uno stupro sulla spiaggia. C’è la Versilia. C’è la violenza. C’è qualcosa di simile a “La ragazza sbagliata” , pubblicato esattamente un anno fa da Sellerio, ma tutto è più estremizzato. Tutto è più contemporaneo. «L’ispirazione – mi racconta Simi, con i suoi occhi scuri e quel sorriso malandrino che solo pochi scrittori conservano ancora – è il colpo di fulmine improvviso che ti fa innamorare di un’idea, di una storia, di un’ambientazione. È spesso inspiegabile e misterioso. Poi però questo amore va coltivato, giorno per giorno, con dedizione». Partiamo dall’inizio. Da dove è arrivata l’idea di “Come una famiglia”? Un giorno ho pensato: “il mio prossimo romanzo sarà la lunga lettera di un padre a un figlio accusato di violenza sessuale. «C’era dentro una grande promessa di intimità e di scontro. Quello che serve a far camminare una storia, insomma. Personaggio secondario, ma non troppo, è la Versilia, dipinta come terra di violenza e di vita notturna. Posto che la violenza non è certo prerogativa dei nostri anni, anzi, la Versilia partecipa del pessimo clima che si respira in Italia: paura che degenera in paranoia, rancore individualistico, mancanza di idee. Lei ha scelto di restare a Viareggio. Perché per lei è così importante? Viareggio è importante perché il luogo dove sei nato e cresciuto definisce il tuo linguaggio in profondità, a livello inconscio. Puoi studiare, leggere e persino imitare gli autori che ammiri, ma alla fine ti porti dentro un Dna. Ogni tanto, quando rileggo e correggo qualche frase, mi rendo conto che cerco di riprodurre la tonalità limpida e malinconica del sole di settembre, o il colore esatto di certe perturbazioni, quando le vedi arrivare dal golfo di La Spezia. In una terra priva di idee quale diventa il ruolo che lo scrittore dovrebbe avere? Cambiare quel territorio cambiando lo sguardo della gente che ci vive. Ma lo dico solo perché nella domanda c’è il condizionale. Perché riuscirci, be’, è un’impresa titanica. In “Come una famiglia” mette il lettore di fronte a una domanda centrale: quanto siamo disposti ad accettare dalle persone che amiamo? Quando si parla di un figlio, non si parla solo di amore. Si parla di una persona verso cui si ha un vincolo di responsabilità indissolubile e molto complicato. Ci sentiamo responsabili di quello che è, di quello che può fare agli altri e di quello che gli può accadere, nel bene e nel male. Da che parte si comincia, quando questi aspetti collidono? Cosa prevale? Ecco il dilemma che Dario Corbo si trova ad affrontare. Così il suo personaggio d’elezione, Dario Corbo, torna protagonista… Sì, ma non sarà una servilità di vecchio stampo, potenzialmente replicabile all’infinito. Sarà un piccolo arcipelago di romanzi nati dal mondo de “La Ragazza Sbagliata”. Ci si interroga anche sul ruolo di un padre e di una madre nella società attuale. Qual è secondo lei? Da una parte si chiede ai genitori di essere sempre presenti, come non mai. Mia madre mi lasciava da solo con Topolino e i soldatini. Che guai potevo combinare, al di là di dare fuoco a entrambi? Ben diverso è lasciare un figlio da solo alla tv o al pc. Dall’altro lato, però, i genitori debbono spesso lavorare entrambi e li si è esautorati del potere assoluto che avevano i miei genitori. Ecco, ogni volta che puntiamo l’indice contro dei genitori, pensiamo a come sia più difficile esserlo, oggi. Scusi, ma lei cosa sarebbe disposto a fare per le persone che ama? Quello che fa il protagonista di Goodbye Lenin per la madre: salvarla da una delusione mortale anche a costo di mentire. Mentire, forse non lo sa, ma può essere una grande e paradossale forma d’amore.